È il 1999 e dalle menti delle sorelle (all’epoca fratelli) Wachowski nasce “The Matrix”, film di fantascienza vincitore di 4 premi Oscar. La pellicola è ambientata in un futuro distopico in cui le macchine hanno preso il controllo del mondo e utilizzano gli umani come vere e proprie batterie, facendoli vivere inconsapevolmente in una simulazione digitale riproducente il mondo reale.
Questa, a primo impatto, folle teoria non è poi così assurda: lavorando alla teoria delle stringhe, il fisico statunitense James Gates e i suoi collaboratori hanno scoperto un codice informatico all’interno di un’equazione riguardante la Super Simmetria.[1]
La cosa più affascinante è che non si tratta di una serie casuale di 0 e 1, ma di un vero e proprio codice (il Self Dual Linear Binary Error Correcting Block) utilizzato dai browser per correggere eventuali errori nella comunicazione tra dispositivi. Data la complessità del codice, questa scoperta potrebbe suggerire che la base stessa della realtà sia fatta da codici informatici, e come un normale network, abbia bisogno di un sistema di correzione degli errori. Se questo fosse il caso, allora tutto ciò che viene percepito dalla mente umana non sarebbe altro che il prodotto di una realtà simulata, e di conseguenza quello che più di 15 anni fa era soltanto una fantastica idea per un film sarebbe invece la visione più verosimile del mondo.
Per adesso nulla, però se negli anni a venire verranno scoperti altri codici informatici si potrebbe cominciare a dare più credito a questa teoria, supportata tra l’altro dal fatto che darebbe risposta ad alcuni problemi irrisolti: per esempio, a livello sub-atomico le leggi della fisica cambiano; invece di trovare qualcosa di solido troviamo particelle che riescono a esistere in due luoghi diversi allo stesso tempo[2] e le cosiddette particelle “virtuali”, che appaiono e scompaiono continuamente dalla realtà.[3]
Questo avvalorerebbe la tesi secondo la quale il mondo non sarebbe solido, ma che la sua solidità (che noi percepiamo) sia solamente simulata. Oltre a questo sta nascendo una vera e propria branca della fisica, detta Digitale; essa ha appunto lo scopo di dimostrare, tramite la scoperta di altri codici, che il nostro mondo è simulato digitalmente, ed eventualmente di capire se tale struttura sia una forma naturale dell’universo oppure l’opera di menti intelligenti.
Naturalmente non c’è modo di saperlo con certezza. Come aveva a suo tempo affermato René Descartes (Cartesio per noi Italici), possiamo soltanto essere sicuri che esistiamo come “cosa che pensa“; se questo mondo sia fittizio, creato da un demone, da una simulazione, o sia realmente così come ci appare, va oltre le nostre possibilità di comprensione. Restando però in ambito filosofico, possiamo sempre fare affidamento all’affilatissimo rasoio del buon Guglielmo d’Ockham (od Occam): « A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire ». Certo, pensare di vivere nell’hard disk di un adolescente di Proxima Centauri sarà pure affascinante (o inquietante), ma per il momento limitiamoci a dare al mondo la giusta dose di realtà, senza aspettare che da un momento all’altro arrivi il Morpheus di turno a somministrarci delle invitanti pillole colorate.
(Però, quanto sarebbe figo se gli scienziati studiando gli eventuali codici riuscissero a ricreare un mondo digitale, e se poi gli scienziati di quel mondo facessero lo stesso e così via in un loop infinito che arriverebbe alla creazione del nostro mondo?)
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Fonti:
1. http://arxiv.org/abs/0806.0051
2. http://m.phys.org/news/2015-01-atoms.html
3. http://www.scientificamerican.com/article/are-virtual-particles-rea/
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