È il 3 novembre 1996 e nel campionato di Serie B si gioca uno dei derby più caldi d’Italia, Lecce – Bari. Dire che le due città si odino è riduttivo, e, si sa, il calcio è un naturale amplificatore di rancore. Il Lecce di Giampiero Ventura passa in vantaggio al 9’ minuto della ripresa di una gara molto equilibrata: il Bari attacca ma non trova la via della rete. Poi, all’84’, a seguito di una meravigliosa azione corale, il pallone arriva sul destro di un giovanissimo Nicola Ventola: è gol. Il Bari pareggia a pochi minuti dalla fine ed il diciottenne Ventola scatena tutta l’adrenalina che ha in corpo in un’esultanza giudicata “poco rispettosa” dai tifosi leccesi. Sfortuna vuole che a Grumo Appula, piccolo paese a 16 km da Bari, sull’elenco telefonico l’unica famiglia Ventola sia proprio quella di Nicola, ed i tifosi giallorossi non stentarono ad esprimere il loro risentimento per via telefonica, più o meno a tutte le ore del giorno.
È proprio durante quella stagione che compare sui radar delle grandi squadre il suo nome. Ventola è ancora acerbo, ma comincia a farsi notare per le sue doti fisiche: forza, rapidità in progressione, elasticità muscolare. In serie B segna 10 reti in 28 presenze con la maglia del Bari, trascinando la compagine pugliese nel campionato maggiore. Passa un altro anno in maglia biancorossa, e nonostante un brutto infortunio che lo tiene fermo 6 mesi il telefono torna a squillare a casa, solo che ora dall’altra parte della cornetta non ci sono più i tifosi leccesi, bensì Inter e Roma. Nicola come ogni vero barese è innamorato del Bari e prega il presidente Matarrese di restare un altro anno; la dirigenza e il suo agente gli fanno però intendere che il momento propizio per la sua dipartita è quello. Sceglie allora l’Inter di Ronaldo e Baggio, convinto di aver molto da imparare da due dei giocatori più forti al mondo nel suo ruolo.
A Milano però la concorrenza non si limita alla presenza di questi due campioni, perché il parco attaccanti neroazzurro conta giocatori come Zamorano, Kanu e Recoba. Nicola sente di avere le carte in regola per fare bene e non si fa intimidire: parte col botto segnando 5 gol nelle prime 5 presenze in campionato, lasciando tutti di stucco e passando da ruota di scorta a uomo del momento. Nonostante l’Inter di Simoni non convinca, il barese inanella una serie di belle prestazioni togliendo più di una volta le castagne dal fuoco ai nerazzurri, che cercano di farsi trascinare dall’energia di questo giovane dalle belle speranze.
Qui però comincia un altro capitolo della sua vita, decisamente meno entusiasmante ed avvincente, un calvario che lo accompagnerà fino agli ultimi giorni della carriera. Dopo poche giornate di campionato Ventola comincia ad accusare continui infortuni muscolari, e quello che nel suo ultimo anno a Bari era sembrato uno sfortunato incidente col passare del tempo diventa sempre più una costante. Purtroppo le sue migliori doti non risiedono nell’estro e nella tecnica, ma nella potenza, e se i muscoli cedono continuamente recuperare la forma migliore diventa una vera e propria impresa. Nicola riesce comunque a mettere a segno una manciata di gol, ma non convince completamente la dirigenza, che lo gira in prestito prima al Bologna e poi all’Atalanta dove gioca e segna con discreta costanza. Torna allora all’Inter nel 2001-2002, trovando spazio assieme al compagno di reparto Kallon grazie agli infortuni di Vieri e Ronaldo; questa volta però a metterlo in secondo piano nella sfortunatissima stagione neroazzurra del 5 maggio sono le scelte gerarchiche di Cuper, che lo relega al ruolo di comprimario una volta tornati disponibili i due attaccanti titolari.
La stagione 2002-2003 è costretto a seguirla dall’infermeria, complice ancora un grave infortunio che lo tiene fuori per l’intero anno; stesso destino nel 2004-2005 in Inghilterra, dopo aver giocato appena 3 partite con il Crystal Palace. Seguono stagioni all’Atalanta, al Torino e al Novara, ma Ventola non è più il giocatore esplosivo di un tempo: i continui stop hanno visibilmente limitato l’enorme talento di un giocatore che sognava la Nazionale maggiore dopo gli anni passati nell’Under-21 degli Azzurri assieme a Gattuso, Pirlo e Perrotta, tre dei 23 Campioni del Mondo del 2006. Il rammarico di non aver mai potuto dare quanto sperava lo sente ancora addosso quando decide di abbandonare il calcio giocato nel 2011, a 33 anni, dopo l’ennesimo infortunio, l’undicesimo della sua carriera.
Ventola appende gli scarpini al chiodo ma non smette di vivere di calcio: oggi è infatti un commentatore per Abu-Dhabi Media, dove analizza le partite dei campionati internazionali e delle Nazionali. Chissà se dalla sua postazione di commento si chiede ancora dove sarebbe potuto arrivare con l’Italia senza quella tremenda, maledettissima sfortuna.
Articolo di Tommaso Basso.
18 anni, appassionato di motori e tifoso della Fiorentina, aspirante giornalista sportivo, una volta ho preso 8 a Latino.
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