Sono passati più di quindici giorni da quando la sezione della “Gendarmerie Nationale” contro il cyber-crime ha effettuato un blitz nel nord della Francia, intervento che ha portato alla chiusura dei server di WhatCD, sito di torrent musicali. A lanciare la notizia di questa operazione di polizia è stato ZATAZ, giornale d’informazione francese riguardante principalmente il cyber-crime: solo un tweet che citava “Guida intergalattica per autostoppisti” da parte dell’account di WhatCD ha reso noto che i server chiusi fossero del famosissimo tracker di contenuti musicali.
All site and user data has been destroyed. So long, and thanks for all the fish. <3 2/2
— What.CD (@whatcd) November 17, 2016
Il tweet spiega come i dati personali e del sito sono stati distrutti, probabilmente per proteggere l’anonimato di utenti e staff, salutando e ringraziando tutti con la stessa frase del capolavoro di Douglas Adams.
Dalla sua fondazione nel 2007, fino a novembre 2016, WhatCD contava oltre centomila iscritti e più di un milione di dischi tra album, singoli e bootlegs. Inoltre, what.cd era un sito di torrent accessibile solo se invitati da un membro già registrato, oppure facendo richiesta si veniva interrogati sulla conoscenza tecnica di formati audio digitali. La regola principale di WhatCD era il rispetto del concetto di “file-sharing“, ovvero bisognava “restituire” la stessa quantità di materiale scaricato – in termini di byte – sotto forma di upload, pena essere cacciati dalla comunità. Questo meccanismo di “contabilità digitale” ha portato indirettamente alla creazione di un database vastissimo: infatti una tecnica efficace e molto usata dagli utenti era inserire i propri dischi in questo catalogo, affinché gli altri membri potessero scaricarli.
Sicuramente il metodo per cui un utente acquisiva materiale protetto da copyright era – e continua ad essere – sbagliato, quindi la chiusura di WhatCD è più che sacrosanta. Però questo non vuol dire che la pirateria sia stata sconfitta: esistevano metodi alternativi prima e ci sono anche ora. La chiusura di questo sito ha già fatto partire una “caccia al trono” lasciato vacante. D’altronde lo stesso WhatCD è nato dalle ceneri di OiNK, famoso sito di torrent musicali che a sua volta prese il “testimone della pirateria” nel 2004 dopo la chiusura di Napster.
La notizia della chiusura di WhatCD però non risulta banale, infatti molte testate giornalistiche nazionali e internazionali hanno approfondito l’argomento. Il motivo è che insieme a WhatCD scompare un catalogo musicale come non s’era mai visto prima: gli utenti stessi erano portati a seguire meticolosamente delle regole, fornendo dati che permettevano di trovare dischi anche là dove iTunes non era in grado di fornire alcun risultato. Oltre tutto ciò, lo stesso WhatCD dava possibilità di trovare più versioni dello stesso album, sia in formato CD che vinile, o in alcuni casi anche multicanale. Ad esempio, in questo spezzone d’immagine si nota la profondità del catalogo.
Un album famosissimo come “The Dark Side of The Moon” dei Pink Floyd era disponibile in oltre 30 versioni: dalla prima versione di Alan Parson del 1973, a quella del Blu-ray del 2011, tutte scaricabili in diversi formati, dal .mp3 al .flac. Questo può solo dare la misura di ciò che cercava l’utente di WhatCD, spesso più interessato ad una registrazione quasi introvabile che non all’ultimo singolo di Justin Bieber o di Rihanna. La capacità di ricercare – e di trovare – pezzi senza alcun valore commerciale, ma colmi di valore artistico, hanno attirato palati musicalmente sopraffini e professionisti del settore.
In passato aveva destato scalpore la notizia che a far parte di queste community ci fosse anche Trent Reznor, frontman dei Nine Inch Nails e premio Oscar come miglior colonna sonora nel 2011 per “The Social Network”. Proprio lo stesso Reznor ha ammesso in passato di aver fatto parte di OiNK – ed è facile pensare che facesse parte anche di WhatCD – durante un’intervista al New York Magazine: «Ammetto che ho avuto un account e che frequentavo il sito molto spesso. Alla fine quello che rendeva OiNK un posto fantastico era che sembrava il negozio di musica più grande del mondo. Tutto quello che potevi immaginare, lì dentro c’era e lo trovavi in nel formato che volevi.» aggiungendo «Se OiNK fosse costato qualcosa, l’avrei certamente pagato, ma non esiste un equivalente nel mercato di oggi.». Sempre il cantante dei Nine Inch Nails ha parlato anche del servizio di iTunes definendo il loro prodotto “not great” e rimarcando la sua preferenza a siti come OiNK – ma anche WhatCD, sempre di quello si parla – rispetto a siti di streaming musicale a pagamento.
Nei social network, il “commiato” da parte degli utenti ha più volte sottolineato proprio questo aspetto: le offerte legali non sopperiscono alla richiesta di qualità da parte di alcuni appassionati di musica. Lo streaming e il download a pagamento tendono infatti a preferire certi artisti e certi generi musicali, lasciando insoddisfatti quegli ascoltatori più esigenti che sarebbero disposti a pagare se avessero disponibilità di contenuti più di nicchia. Come ha spiegato Trent Reznor, non è voler scaricare qualcosa senza pagare, ma avere un prodotto di qualità superiore. Sebbene agli occhi della legge scaricare l’ultimo singolo o il vinile più raro siano entrambi lo stesso reato, sarebbe semplicistico ignorare questa differenza e le case discografiche farebbero bene a tenerne conto, se vogliono combattere efficacemente il fenomeno pirateria.
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