Normalmente non mi occupo di attualità.
E questo accade per un motivo molto semplice: il 90% delle prese di posizione che avvengono in rete mi fa incazzare come una belva, perché nel migliore dei casi sono “solo” faziose, il resto è “solo” una massa di vari livelli di conformismo.
Veniamo ai fatti.
Nel 2012 la campagna Stop Kony diventa virale. Tutti coloro che ne condividono i contenuti si sentono ardere dal sacro fuoco dell’indignazione, magari senza aver mai saputo dove fosse l’Uganda fino a quel momento e inneggiando all’intervento armato degli USA in un paese straniero (magari dopo aver ammorbato le principali città italiane con orribili bandiere arcobaleno nel corso della guerra in Iraq nel 2003, ma, hey, certi interventi USA contro dittatori in stati stranieri sono più popolari di altri, baby).
Nel 2013 Enrico Barilla ha un’uscita indelicata ma piuttosto schietta sul posizionamento della propria azienda (sottolineo “propria” nel senso di “sua”, “privata”, magari ci arrivate). Seguono boicottaggi, vesti strappate, gente che si infila gli spaghetti in luoghi non meglio specificati ma facilmente intuibili e già che c’è spreca pure un po’ di cibo.
In soli due mesi il 2014 ci ha regalato autentiche perle: ci si lamenta dell'”elezione” di Renzi perché antidemocratica (no, capre, NO), ci si strappa le vesti per la morte di una giraffa in uno zoo danese, ed infine ci si lamenta perché Putin, il nemico tanto comodo da tirar fuori della libertà di espressione (la stessa libertà espressione che ti permette di andartele a cercare nel nome di ideali condivisibili, ma senza poi volerne pagare le conseguenze, vero care Pussy Riot?) diventa di nuovo il simbolo di tutto ciò che benpensanti e radical chic odiano e l’oggetto per nuovi appelli di facile presa.
Tutto questo viene sottolineato da stati su FB ironici e/o link sottilmente divertenti, impregnati di quel tipo di satira che ti fa sentire più intelligente e progressista quando la scrivi e ancora più intelligente e progressista quando la leggi. Altre volte invece, partono le solite catene di link strappalacrime che in teoria vorrebbero farci riflettere, e invece si limitano a stomacarci. In altri casi ancora invece si condividono contenuti carichi di “RABBIA!!!111!undici!”
E fin qui, io me ne sbatterei anche le palle: ci sono abituato. Non è la prima volta che vedo cause giuste e condivisibili venire trattate alla stregua di status symbol o oggetti di moda (“Hey, anch’io faccio parte del trend impegnato, GUARDATEMI!!!”), il meccanismo sociale/tribale che c’è dietro è vecchio tanto quanto internet e la comunicazione stessa.
Però chi condivide quanto appena descritto non parla degli scontri in Venezuela (forse perché brucia un po’ il culo dover ammettere che il governo filo-chavista non è l’immacolato baluardo di libertà e democrazia contro i porci capitalisti statunitensi kattivissimi che tutti credevano che fosse, ma evidentemente questa non è un’opinione altrettanto popolare o abbastanza qualificante se espressa sui social network) e non parla delle leggi contro gli omosessuali promosse (nel senso di “approvate” e “firmate”) in Uganda. Quest’ultimo discorso era iniziato a dicembre ed è stato portato a compimento pochissimi giorni fa, il 24 febbraio.
Ora che VERAMENTE c’è un motivo per cui preoccuparsi per l’Uganda, ora che VERAMENTE c’è da preoccuparsi per una posizione omofoba presa da personaggi di rilievo (e dico “VERAMENTE” in caps lock perché non sto parlando di dichiarazioni, ma di una legge approvata e firmata)…
Ora che VERAMENTE da qualche parte nel mondo un governo sta mettendo in atto qualcosa di antidemocratico e lo fa in maniera crudele e violenta (anche se si parla del Sudamerica e magari ce ne sbattiamo poco, stiamo comunque parlando di truppe paramilitari che organizzano raid contro studenti – forse non fa figo parlarne quanto fa figo pontificare sulla Diaz)…
Ne parlano giusto due o tre poveri stronzi.
La notizia della giraffa dello zoo di Copenhagen ci ha impiegato di meno a diventare virale.
Io tifo per chiunque abbia i mezzi e la volontà di potersi mettere contro questa legge del governo ugandese e tifo per l’opposizione anti-chavista in Venezuela (per quanto spaccata, ma essendo mooooooolto Italiano, il concetto di “opposizione spaccata” mi suona molto familiare).
A tutti i paladini della giustizia online sopracitati invece dedico dei versi di John Lennon:
“Pensate di essere liberi, emancipati e onesti,
ma per me siete rimasti soltanto un gruppo di paesani del cazzo.”
(sì, lo so, è una cover)
Non molto tempo fa uno studente specializzando operante a Milano venne ingiustamente condannato da un tribunale militare. Evaso da un carcere di massima sicurezza iniziò a spacciarsi per studente Erasmus. E' tuttora ricercato, ma se Spina, Frullo e Weber hanno un argomento di nicchia che interessa a quattro gatti, forse, ogni tanto, ingaggiano il famigerato... COLIN FARTH.
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