“Ho vinto il Gran Premio di Montecarlo due volte e una delle mie ambizioni è vincere la Triple Crown”. Sono queste le parole con cui Fernando Alonso lo scorso 12 Aprile ha annunciato alla McLaren la sua decisione di non prendere parte al Gp di Montecarlo per partecipare alla 101esima 500 miglia di Indianapolis.
La Triple Crown, per coloro che non sono appassionati di motori, equivale al Triplete del calcio, con la differenza che quello calcistico si basa sulla singola stagione mentre la Triple Crown sull’intera carriera.
Tra le molte leggende dei motori che hanno provato a conquistare le tre corone solo Graham Hill c’è riuscito, mentre altri grandissimi come Tazio Nuvolari, A.J. Foyt, Jochen Rindt o Juan Pablo Montoya (che poco tempo fa ha sostenuto alcuni test con la Porsche LMP1) si sono fermati soltanto a un passo dalla tripla.
Le Mans, 24 ore per la gloria.
La 24 ore di Le Mans è senza dubbio la più lunga delle tre gare e forse anche la più impegnativa. Nata nel 1923 viene disputata ogni anno a Giugno sul circuito dell’omonima cittadina.
La partenza è prevista per le 16 di Sabato e la fine della gara è alle 16 della Domenica, l’orario è stato variato nel corso degli anni solo in caso di eventi eccezionali (come ad esempio nel 1998 a causa della concomitanza con il mondiale di calcio o nel 1984 con le elezioni francesi). Il tracciato è semi-permanente (ovvero è composto da una parte permanente e una temporanea che viene allestita solo in caso di eventi di grand importanza) ed è lungo 13 km. Inoltre è variato nel corso degli anni: ad esempio nel 1990 vennero aggiunte le due chicane nel rettilineo di Mulsanne, visto che la classe dei prototipi raggiungeva velocità altissime (circa 400km/h) e in caso di incidente sarebbe stato un rischio enorme. Inoltre nel 2001 venne abbassato il dosso in fondo al rettilineo dopo che Mark Webber nel 1999 a bordo della Mercedes-Benz CLR decollò.
Nel circuito gareggiano contemporaneamente tre categorie diverse di vetture: le LMP1, le auto più potenti e più veloci, le LMP2, molto simili alle LMP1 ma meno potenti e quindi più facili da guidare e le GT, le vetture meno potenti che sono divise in categoria PRO (dove corrono i piloti professionisti) e AM (dove corrono gli amatori).
I piloti più veloci devono essere bravi abbastanza da evitare la collisione con le auto più lente e viceversa. Come se non bastasse i 3 piloti che devono alternarsi alla guida devono fare attenzione al clima mite e piovigginoso del nord della Francia.
Il momento più difficile della gara per la maggior parte dei piloti è la notte dove il rettilineo di Mulsanne non è illuminato e il rischio di fare un’incidente diventa altissimo.
5OO Miglia di Indianapolis, pura velocità
Giunta alla sua 101esima edizione la 500 Miglia di Indianapolis è la più vecchia delle tre. Si svolge ogni anno nel fine settimana del Memorial Day (il giorno dei caduti) sull’ovale di Indianapolis.
Tra le tre gare questa è l’unica a disputarsi fuori dall’Europa e fa parte del campionato dell’IndyCar Series. Chiunque sia in grado di procurarsi un telaio Dallara DW12, un motore Chevrolet o Honda, gli pneumatici Firestone e riesca a pagare le quota di iscrizione può partecipare alle qualifiche.
Le prove libere iniziano i primi giorni di Maggio e i piloti esordienti devono superare quattro fasi da 10 giri su diverse velocità per essere pronti a disputare al meglio la gara.
Alla fine vengono ammesse un totale di 33 macchine che prendono parte alle qualifiche. Sono necessari quattro giri consecutivi e colui che ha stabilito il migliore tempo nei due giri di mezzo ottiene la pole.
Il giorno della gara le macchine cominciano la corsa con una partenza lanciata che avviene su 3 file diverse composte da 11 macchine, la gara dura 200 giri e assume validità al termine del 101esimo giro.
Nel corso della storia tanti piloti europei (soprattutto nei primi anni) hanno vinto la Indy 500 e tra questi spicca anche l’Italiano Raffaele “Ralph” De Palma (che vinse nel 1915), che viene citato da Enzo Ferrari nella sua biografia come “colui che gli impresse quella voglia di sognare” che lo avrebbe fatto diventare, molti anni dopo, un bravo pilota e, soprattutto un grande imprenditore.
Oltre a De Palma anche un altro nostro connazionale, Mario Andretti, riuscì a vincere la 500 miglia di Indianapolis. Dopo la seconda guerra mondiale gli Europei si riaffacciarono all’ovale e dal 1950 al 1960 la 500 Miglia fu inclusa nel campionato di Formula 1 ma ci fu uno scarso interesse da parte delle scuderie europee e solo la Ferrari si cimentò nella sfida con una 375 modificata e con Alberto Ascari alla guida. Negli anni ‘60 la Lotus si cimentò nell’impresa delle 500 miglia e ottenne un netto dominio: visto il successo della scuderia di Chapman giunsero negli anni successivi anche Lola e March che diedero vita alla cosiddetta “scuola inglese”, la quale regnò fino agli anni ‘90. A ridosso della fine di quegli anni i piloti americani persero la loro egemonia, infatti dal 1995 al 2016 solo sei piloti statunitensi hanno vinto la 500 miglia. L’ultimo è stato il rookie italoamericano Alexander Rossi che lo scorso anno ha vinto una gara rocambolesca.
Montecarlo, il teatro del talento
Il Gran Premio di Monaco è la gara più recente tra le tre, infatti la prima edizione risale “soltanto” al 1929, quando i reali di casa Grimaldi acconsentirono alle richieste di Anthony Noghes (fondatore dell’Automobile Clube de Monaco). La corsa spesso si disputa lo stesso giorno della 500 Miglia di Indianapolis. Il tracciato è lungo 3,33 km e i piloti devono compiere 78 giri: è noto per la sua tortuosità, tant’è che Nelson Piquet disse che guidare a Montecarlo “è come andare in bicicletta nel salotto di casa”. Infatti nonostante sia il circuito più corto del circus della Formula 1 è anche tra i più stretti e i sorpassare spesso diventa difficile e c’è il rischio che un sorpasso troppo azzardato si trasformi in un’incidente dalle conseguenze catastrofiche.
Il pilota che più ha saputo interpretare al meglio il circuito monegasco è Ayrton Senna che qui ha ottenuto sei vittorie e che, sempre a Montecarlo, si mise in luce la prima volta quando giunse secondo al volante della Toleman nel 1984 e solo l’interruzione della gara a causa della pioggia non gli permise di ottenere la vittoria su Alain Prost (rivale di una carriera). A Montecarlo, infatti, il talento dei piloti si vede più che in ogni altro tracciato, non a caso il secondo pilota con più vittorie risulta essere Michael Schumacher.
Le gare spesso sono rocambolesche: ad esempio nel 1996 sotto a una pioggia torrenziale giunsero al traguardo solo quattro vetture e vinse a sorpresa il francese Olivier Panis alla guida della Ligier. Anche gli incidenti sono all’ordine del giorno a Montecarlo e fu proprio in occasione del Gran Premio monegasco che Lorenzo Bandini perse la vita. Anche Alberto Ascari fu vittima di un terribile incidente durante la gara nel 1955 quando volò nelle acque del porto dopo che l’auto sbandò nell’impostazione della chicane all’uscita del tunnel: a causa di una macchia d’olio prese il volo e finì in acqua.
Tornando al 2017, la sfida di Alonso alla Triple Crown potrebbe essere immaginata come un omaggio ai tempi d’oro dei motori, quando i piloti si alternavano tra una serie e l’altra come faceva Michel Vaillant nei fumetti di Jean Graton.
18 anni, appassionato di motori e tifoso della Fiorentina, aspirante giornalista sportivo, una volta ho preso 8 a Latino.
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