A partire dal Rinascimento il tema mitologico viene affrontato centinaia e centinaia di volte nella storia dell’arte Occidentale. Non tutti gli artisti però riescono ad avere un approccio originale col mondo classico, ma non ci occuperemo infatti. Oggi vi porterò tre esempi, a mio giudizio, supremi di variazione sul tema.
1. Caduta di Icaro, Bruegel, 1558
Quasi tutti conoscono la storia di Icaro. È colui che scappò insieme al padre Dedalo dal Labirinto del Minotauro costruendosi delle ali legate al corpo con la cera. Egli volle avvicinarsi al sole, solo che così facendo la cera si sciolse e lui cadde morto nel mare.
Tolto il fatto che la storia è simile a quella di Lucifero (l’angelo che osa voler essere allo stesso livello di Dio e che viene spedito nelle profondità della Terra) questo dipinto è più che rappresentativo del dramma dell’Individuo. Forse è meglio precisare innanzitutto che per “Individuo” intendo quel soggetto contrapposto alla massa (e non ogni singolo soggetto della massa).
Icaro. Colui che osò e fallì. Meglio la saggezza di Dedalo o il sangue di Icaro? Poco importa. Quello che importa è la forza con la quale Icaro sfidò la sorte dell’uomo. Un personaggio enorme, un vulcano in eruzione. Eppure la maggior parte delle persone dimostra di non avere la sensibilità per comprendere ciò. È la storia dell’umanità. Il quotidiano (rappresentato divinamente dal Bruegel) infatti relega Icaro agli angoli del dipinto e della pateticità. I contadini se ne fregano, solo uno sembra notare le gambe che emergono dall’acqua. Non bisogna osare. Non bisogna ardere. Non bisogna vivere. Ma solo sopravvivere entro mille limiti. Il peggiore di questo? La moralità.
2. George Federic Watts, Il Minotauro, 1877/1866
Il Minotauro come eroe romantico? Perché no? Un essere relegato a una vita di solitudine e bestialità. Come non comprendere dunque l’uccisione (o l’imprigionamento) del volatile con la sua possente mano? È quello che ci si aspetta dal Minotauro poi, no? Quel maledetto è nato e cresciuto in libertà, deve capire come ci si sente a stare sotto la mano di un destino oppressivo e senza senso.
Lui aspetta. Spera. Ma quello che vedrà oggi sono dei turisti obesi che gli scattano la foto, d’altronde chi porterebbe oggi le offerte al Minotauro? Nessuno. Il Minotauro è rimasto solo in un mondo di materialismo impennante. Vaga perduto in una labirintica metropoli insieme a Dioniso, Pan, Zeus, Apollo, Platone, Euripide e tutto il Bello e il Bene che la civiltà greca tentò di lasciarci.
3. Ernst Klimt (attribuito però anche al fratello Gustav), Pan che consola Psiche, 1892
Afrodite è invidiosa della bellezza di Psiche. Invia quindi Eros a colpirla con uno dei suoi dardi affinché si innamori dell’uomo più brutto al mondo in modo da vergognarsene poi. Quel genio di Eros si colpisce da solo per sbaglio e si innamora perdutamente di lei. Cosa fa dunque? Fa portare Psiche su una montagna dove, al buio (in modo da non far scoprire la sua identità né ad Afrodite né a Psiche), passa alcune notti di passione con lei. Subentrano dunque le sorelle di lei che, essendo delle post-femministe invidiose della sua bellezza (“convenzionale e a servizio del maschilismo”), le consigliano di andare con una candela e un pugnale a scoprire l’identità dell’amante. Una goccia d’olio dalla candela cade sulle gambe di Eros il quale, incazzato, se ne va via. Psiche cade quindi in depressione e tenta il suicidio. Va dunque a gettarsi in un fiume, ma questo (essendo devoto agli dei, i quali non volevano la morte della fanciulla) la solleva sulla punta delle onde e la depone sulle rive. Là, a trovarla, c’è Pan il quale, consapevole delle sue sventure, la convince a non commettere suicidio e a continuare la ricerca del suo amato.
È in questa scena che il dipinto dei fratelli Klimt viene ambientato. Vidi questo capolavoro qualche anno fa a una mostra sulla Secessione a Venezia e ne rimasi parecchio colpito. In genere non sono uno che si fa impressionare dai virtuosismi tecnici, però in questo caso la dimensione realistica è incredibile proprio perché il tema è mitologico. Sembra che Pan e Psiche siano là vicino a noi, in carne e ossa. Ci si aspetta quasi di sentire il loro dialogo e vedere il muoversi delle labbra.
Tra l’altro, nello stesso anno della creazione del dipinto, Freud pubblica “Sulla teoria dell’attacco isterico”. Qualche critico non s’è fatto sfuggire questa cosa e ha osato un paragone tra la figura di Pan e quella di Freud. D’altronde in altri dipinti sul tema, Pan viene rappresentato in compagnia di Eco e altre ninfe (anche nel testo di Apuleio, dal quale viene tratta la storia, non è da solo), mentre in questo caso troviamo un dio solo e anziano più simile ai sapienti centauri che a un selvatico mezzo caprone. Il paragone diventa ancora più azzeccato se pensiamo che Pan è anche il dio della masturbazione, dello stupro e del ritorno allo stato selvaggio: non è infatti il tema della sessualità centrale nella psicologia freudiana? A conferma di tutto sembra esserci la raffigurazione cristiana di Satana: in una religione sessuofoba chi poteva essere preso come esempio del Male assoluto se non lo stesso Pan?
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