Sigla!
Sono cresciuto guardando i cartoni dell’Uomo Ragno quando li passavano sulla Rai durante Solletico e non molti anni più tardi iniziai a leggere fumetti proprio grazie ad un numero dell’Arrampicamuri.
Potrei quindi mettermi a fare una lunga ed elaborata descrizione di come e perché io sia affezionato al personaggio, perché sia storicamente importante… Ma non credo vi interessi. Oggi si parla di un film, non di un fumetto. Ecco, a questo proposito, una premessa importante: quando giudico un film, dell’opera da cui è tratto mi importa davvero poco. Ci sono troppe differenze tra un medium e l’altro e di conseguenza preferisco giudicare il film per quello che è, senza paragoni stupidi (paragonare un film ad un fumetto solo perché hanno lo stesso soggetto è come paragonare una batteria ad una moto solo perché entrambe sono Yamaha). Ci sono cose che in un fumetto funzionano alla grande, ma che in un film farebbero cagare a spruzzo, narrativamente e/o visivamente, di conseguenza i cambiamenti sono fisiologici. Poi ci sono i nerd che si mettono a frignare presunti atti di lesa maestà nei loro confronti dicendo che certi adattamenti snaturano personaggi/opere, che tizio dovrebbe essere biondo invece che bruno, ma non potrebbe fregarmene di meno.
Non mi va nemmeno di imbastire un discorso di “divulgazione culturale” come quello accennato dai colleghi di Orgoglio Nerd: io ritengo che un film (se proprio dobbiamo a tutti i costi metterlo vicino all’opera originale) al massimo debba fare da veicolo pubblicitario al fumetto da cui è tratto, ma mettersi a dire che dovrebbe divulgarne i contenuti da un punto di vista culturale ritengo sia l’ennesima prova della sudditanza psicologica che noi amanti dei fumetti abbiamo nei confronti di altre forme d’arte. Il fumetto dovrebbe essere perfettamente in grado di divulgarsi da solo, senza dover essere trainato da niente e da nessuno.
Fatte queste due premesse, possiamo finalmente parlare di “The amazing Spider-Man 2” per quello che è: un film.
Un film che però si ostina a voler imitare un fumetto, sia esteticamente (bene, come vedremo) che narrativamente (male, come vedremo), un film di intrattenimento che è anche un sequel e parte di qualcosa di più grande.
Dividendo quest’ultima frase posso spiegarvi cosa mi è piaciuto e cosa non mi è piaciuto.
“Un film di intrattenimento…”
Grazie a persone come i regaz de I400Calci e Roberto Recchioni, ho imparato che il cinema di intrattenimento (quindi l’action, l’horror, la fantascienza, i supereroi, i blockbuster estivi, etc.) deve essere giudicato per quello che è, cioè intrattenimento. Il che non significa “guardare a cervello spento, tanto è per divertirsi”, anzi: bisogna essere molto selettivi. Una delle regole principali è che ci deve essere una coerenza interna in un film (cfr. queste recensioni di “Mercenari 2” e di “Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno“), anche il più esagerato e fantascientifico di tutti. Non si parla di rigore scientifico, logico o narrativo assoluti, bensì relativi all’economia della storia raccontata dal film stesso e ai suoi rapporti di causa-effetto: se un film vuole passare per realistico e serissimo, allora non tollero cazzate (motivo per cui i Batman di Nolan li ho sempre trovati ben confezionati ma mooooolto paraculi), se invece un film mi mette in chiaro dall’inizio che punta tutto sulle baracconate e mi propone rapporti di causa-effetto labili, ma presenti e funzionali, sono di manica molto più larga.
“The amazing Spider-Man 2” si propone sin dall’inizio come un enorme fumettone su celluloide e si mantiene coerente con questa premessa: punta alla stigmatizzazione di ogni caratteristica propria dei fumetti da cui è tratto. Non lo giudico per l’aderenza al materiale originale, mi limito a constatare che ci sono richiami fortissimi: le origini dei supercattivi, le battaglie aeree e le movenze dell’Uomo Ragno, le esplosioni di colore che avvengono puntualmente quando l’eroe lotta con Electro, Rhino e Goblin… “The amazing Spider-Man 2” è un film che vuole essere un albo a fumetti in live action ed è coerente con questa impostazione, con tutti i pro e i contro del caso. Molte cose proprio non mi sono piaciute a livello narrativo, ma se guardiamo solo l’estetica devo essere onesto: era da tanto che non vedevo un film così… Coraggiosamente colorato. Nell’epoca del realistico a tutti i costi, del “grim and gritty” che è riuscito a rendere Superman un tristone con il depresso e involontariamente comico “Man of Steel“, fare un film come “The amazing Spider-Man 2 è anarchia pura. E’ esplosivo ed esagerato, ogni inquadratura, ogni scena, anche quelle in contesti umani e non supereroistici, è satura, colorata con tinte vivaci e contrasti violenti. La cosa mi ha portato a rivalutare il look di Electro proposto per il film: visto su fotografia fa veramente cagare, visto in movimento è tanto pacchiano quanto efficace (vorrei poter dire lo stesso di Goblin, raccapricciante via di mezzo tra Billy Idol e Montgomery Burns, e Rhino, animato con una CGI talmente pezzente da farlo sembrare in stop motion, manco fosse l’ED 209 dell’insuperato “Robocop” del 1987).
Dov’è la fregatura allora?
“…che è anche un sequel…”
La fregatura sta nel fatto che “The amazing Spider-Man 2” cade negli stessi errori narrativi di quella chiavica del suo predecessore.
Visivamente sono stati compiuti dei passi da gigante: il grigiore notturno e assolutamente anonimo della precedente pellicola di Mark Webb è stato soppiantato dall’esplosione di colori sopracitata. Vorrei poter dire lo stesso di
1) Scene prive di collegamenti: si passa di palo in frasca come se nulla fosse. Ora, capisco voler strutturare il film “a vignette” (immaginatevi il film come un fotoromanzo con didascalie tipo “Nel frattempo…” o “Intanto alla sede della Oscorp…”: ho avuto quest’impressione ad ogni nuova sequenza) per motivi estetici, ma come detto in precedenza siamo in uno stracazzo di film e quindi CERTE COSE NON FUNZIONANO.
2) Personaggi che si sviluppano troppo velocemente o che vengono ridotti ad autentiche macchiette.
Nel primo caso, lo sviluppo accelerato, ci sono Max Dillon/Electro e Harry Osborn/Goblin: se da un punto di vista estetico sono volutamente caricaturali, la cosa può farmi molto piacere, soprattutto se le interpretazioni sono buone (come in questo caso: né Foxx né DeHaan fanno un brutto lavoro, anzi). Il problema è che non puoi gestirmi lo sviluppo di un personaggio cinematografico con le stesse tempistiche di un fumetto: Goblin entra in scena a dieci minuti dalla fine e il personaggio di Harry sarà anche stato presentato come “amico d’infanzia di Peter perso di vista”, ma le sue motivazioni e il suo percorso sono compresse in così poco tempo da rendere il presunto colpo di scena qualcosa di completamente prevedibile ed emotivamente trascurabile. Idem il percorso di Electro: da “buono” a supercattivo in praticamente cinque minuti. Farmi vedere che è disturbato in due sequenze stiracchiate non basta a farmi pensare “Cacchio, è uno sviluppo coerente”, mi fa solo pensare che ci sono sceneggiatori che creano personaggi che hanno l’allineamento “on/off” (stesso difetto di cui soffriva il Duefacce/Harvey Dent de “Il Cavaliere Oscuro”).
Nel secondo caso, le macchiette, ci sono invece Zia May e Rhino: ma cazzarola, avete due attori come Paul Giamatti e Sally Field e li usate per dieci minuti stitici a testa? Tanto vale metterci due sagome di cartone, tanto la caratterizzazione che gli è stata data è quella.
3) Un finale dove avviene tutto e il contrario di tutto nel giro di dieci, quindici minuti. L’anticlimax più deprimente possibile: quel poco di tensione narrativa che il ritmo schizofrenico e accelerato del film è riuscito a creare viene completamente sprecato con soluzioni che sulla carta (del fumetto) farebbero faville, ma che su pellicola sanno tanto di “usti, dopo due ore qua bisogna chiudere”. Vorrei dire di più ma spoilererei l’impossibile, magari se ne riparla nei commenti.
Qual è la conseguenza? E’ un enorme giocattolone: due ore che sono un’autentica gioia per gli occhi, ma assolutamente zero coinvolgimento emotivo: il ritmo troppo veloce e il finale ultra-condensato creano una storia che cerca troppo di rifarsi ad un fumetto dimenticandosi di essere un film. “The amazing Spider-Man 2” mi è scivolato addosso lasciandomi in testa tanti bellissimi disegni colorati, ma nient’altro. Se penso al coinvolgimento emotivo che ho avuto con “Captain America: the Winter Soldier” (colpi di scena che spiazzano e distribuiti bene lungo la pellicola, personaggi che sfruttano la caratterizzazione dei film precedenti per costruire qualcosa di interessante), non c’è veramente partita.
“…e parte di qualcosa di più grande.”
Il franchise dell’Uomo Ragno al cinema sta andando bene, il reboot con nuovo regista e nuovo cast sta funzionando da un punto di vista economico: la Sony vuole cercare di creare un remunerativo universo narrativo che possa fare concorrenza nei cinema internazionali all‘allegra compagnia degli Avengers dei Marvel Studios. Non sarà la mia recensione a fermarli e l’idea di vedere i Sinistri Sei o Venom resi su pellicola con la stessa estetica di questo “The amazing Spider-Man 2” non mi dispiace, ma serve davvero una decisa inversione di tendenza a livello narrativo: non si può rendere un film di intrattenimento memorabile solo per le sue immagini, ci vuole anche una storia decente, per coerenza, ritmo e sviluppo.
In estrema sintesi: questo sequel si rivela un lavoro con molta più personalità del precedente film del Tessiragnatele e lo dimostra con un’estetica tanto esagerata quanto efficace. Dove fallisce miseramente e manda a puttane qualsiasi giudizio è nella trama e nello sviluppo: un vero peccato.
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