Iniziamo subito questa analisi con un simpatico atto della vita di chi scrive, per poi spostarci successivamente sui noiosi ed oggettivi dati: C’era una volta il lontano e fosco 11 novembre 2011. In una lontana e straniera terra (ndr. San Marino), un giovinotto si accingeva a stringere in mano un agognato oggetto. Rapito dai suoi trailer, segregato dall’epico durello della colonna sonora, finalmente era suo. Tanto aveva atteso di sfiorare quella custodia da non voler quasi attendere il viaggio di ritorno per la terra natia. Nei mesi e negli anni successivi, The Elder Scrolls V: Skyrim venne esplorato in lungo ed in largo. Vennero quindi le mod, vennero quindi altre ore buttate nel vento, ma il giovine ragazzino ormai divenuto uomo fu sempre soddisfatto. Allora perché nel nome di Talos sto scemo si accinge a scrivere sto pezzo? Per questo motivo.
Pubblicato ovunque tranne che in Giappone l’11 novembre 2011 per l’appunto, Skyrim è il seguito di Oblivion nella ben nota saga The Elder Scrolls. Come magari potremmo comprendere dal suo titolo sarebbe pure il quinto capitolo. Pubblicato e sviluppato rispettivamente da Bethesda Softwork e da Bethesda Game Studios, Skyrim ebbe una risposta da parte di pubblico e critica eccelsa, quasi ineccepibile. E come dargli torto. Durante il suo ciclo vitale Skyrim arriva a vendere più di 30 milioni di copie. Entra quindi di fatto tra i giochi più venduti di sempre. Tuttavia questi successi non bastano, molto rapidamente TES:V incomincia a farsi strada, grazie alla sua popolarità quasi imbattuta, tra le masse. Chiunque lo conosce, chiunque lo ha giocato, chiunque non ha ancora capito che sta maledetta battuta sul ginocchio avrebbe anche… Insomma è popolare. Con la popolarità arrivano invariabilmente anche le critiche, si sa, ma quanto sono realmente fondate?
E già senza troppi preamboli arriviamo al punto in cui casca l’asino. Skyrim appartiene ad un sottogenere degli RPG, precisamente Action RPG. Posso sentire i puristi agitarsi. Per questa volta eviteremo un gigantesco detour su come ormai qualsiasi cosa abbia classi, statistiche, livelli, o qualsiasi simile comune denominatore del genere venga definito RPG. Anche se soffermarci per un istante su XCOM:2 potrebbe essere educativo. Ha le classi. Skyrim tuttavia decide di fottersene del suo genere, fottersene delle etichette e come i suoi predecessori va avanti. Chissenefrega se le mie meccaniche di combattimento sono più confuse di un John Travolta in Pulp Fiction. Chissenefrega se il giocatore può essere tutto ciò che vuole quando vuole, chissenefrega dei concetti base di ogni RPG, tanto mica sono uno puro io. Ed ecco che ci troviamo di fronte ad uno dei motivi della popolarità estrema di questo gioco. Oh l’ironia.
Ultimamente vanno molto di moda giochi punitivi. Roguelike, ARPG, RPG stessi. Prendiamo ad esempio uno dei concorrenti diretti della stessa categoria di Skyrim, Demon/Dark Souls. Devi affrontare le conseguenze delle tue azioni. Vuoi ricaricare un save precedente? Prova. Hai scelto di prendere la magia con le lucine che non serve a nulla? Sberle ripetute. Troviamo qualcosa di simile su Skyrim? Nemmeno l’ombra. Diamo al generale Tullius ciò che è del generale Tullius, Skyrim ai livelli di difficoltà più alti è assolutamente ottimo intrattenimento, persino quasi difficile. Le meccaniche di gioco stesse tuttavia non riescono ad esprimersi veramente. Non esiste specializzazione, tutti hanno accesso a tutto con un po’ di pazienza. L’eliminazione stessa del sistema di levelling di Oblivion, capitolo precedente, accentua questo concetto. Senza nemmeno considerare le situazioni ridicole che possiamo incontrare tentando di specializzarci.
Ed ecco che ci troviamo però ad un altra impasse sul nostro percorso da gran giurì di puristi. Il mondo di Skyrim, a tutti gli effetti un open world, risulta ben realizzato. Non eccelso, badiamo bene di non esagerare, tuttavia essere attaccato da due draghi a Riverwood durante il primo gameplay fa il suo effetto. L’ambientazione cerca di essere viva, vibrante, piena di cose da fare, da vedere, da esplorare, da uccidere. Solo i dungeon fossero un pochino differenti tra loro e non fossero sempre pieni dei soliti due nemici che cambiano ogni 10-20 livelli. Se solo gli incontri random non diventassero una triste parodia di sé stessi la novantesima volta che accadono nella stessa identica maniera, magari nello stesso identico posto. Se solo tutta questa gran scelta ed ampiezza avesse un qualsivoglia tipo di riflesso all’interno del gioco, a parte l’ennesima battutina da parte delle guardie.
Un sacco di persone intelligenti hanno da dire un sacco di cose sulle decisioni. Skyrim ha deciso di ignorarle. Letteralmente qualsiasi decisione voi prendiate all’interno del gioco, è scriptata in maniera tale da essere generalmente irrilevante. Persino storyline come la guerra civile si riducono in genere all’eliminazione di un paio di nomi qui, cambio di status sociale di quelli là. Tutt’al più cambiano gli stendardi fuori dalla città. Sembra quasi di stare giocando ad un gioco Telltale. Non che non si possano apprezzare eh. L’intero gioco, ogni suo supporto, la console integrata, sembrano strillare “fai come vuoi”, “sentiti a casa”, “sei un dio qui”. Mentre in realtà di per sé troppo spesso il gioco si riduce ad un dungeon crawler intervallato da delle blande parti di Roleplaying. Per quanto molti critichino anche questo, quanto meno Skyrim riesce a rendere caratteristiche le parti civilizzate della propria ambientazione.
Ed ora che abbiamo sviscerato Skyrim il gioco, svisceriamo ciò che c’è dietro. Può un gioco che ha dei presupposti simili a vivere tanto a lungo? Possibile che un singleplayer venda più di MMORPG ben stabiliti? Cattive decisioni possono rendere un ottimo gioco un pessimo prodotto? Bethesda esiste davvero? Purtroppo sì.
Trenta milioni di copie. Visualizzate bene questo numero. Ogni singolo abitante di Roma ha comprato questo gioco circa sette volte. Non sembra poi così assurdo, considerando che parliamo di uno tra i giochi più popolari di sempre. Cosa accadrebbe però se qualcuno acquistasse Skyrim più volte? E se invece questo fenomeno fosse molto ben stabilito ed anzi quasi qualcosa di comune? Skyrim conta tre diverse edizioni speciali. La collector preorder statuetta edition, la giocobase più dlc edition, e la modnelleconsole (o special) edition. Ora, tra spendere 40 euro per prendere tutti i dlc singolarmente o spenderne invece dieci per riacquistare un’edizione del gioco che li contiene, cosa vi sembra più furbo? Anche in questo caso purtroppo si tratta di una prassi non relegata solo al singolo Skyrim, ma che sicuramente fa apparire questo traguardo eccezionale meno impressionante.
Quando come gli anziani ci si guarda indietro e si osserva la storia di Skyrim, così come di Oblivion prima di lui, risulta innegabile l’importanza delle mod e degli utenti che vi stanno dietro. Bethesda dal canto suo ha sempre avuto un rapporto importante, quasi sinergico con la comunità di modder. Tanto da rilasciare tranquillamente i kit di modifica dei propri giochi, spesso inclusi nelle versioni base del gioco. In cambio questa comunità riforniva questi giochi di linfa vitale, permettendo a dei singleplayer, limitati per quanto ampi, di superare la prova nel tempo. Questo fino al contenuto a pagamento nel Workshop di Steam.
Parliamo di controverso, e questa situazione ne diventa quasi definizione. La situazione per un neofita appare chiara, se X butta tot ore per creare del contenuto, sarebbe giusto che X riceva quanto meno qualcosa, per compensare il suo investimento di tempo ed energie. Cosa succede se però X crea qualcosa utilizzando l’officina di Y? E se facesse anche uso dell’azienda di trasporti di Z per venderlo? Quanto spetta a chi? Chi decide e regola poi questa decisione? Cosa succede se Y è una software house/publisher e Z un’importantissima piattaforma di distribuzione digitale? E se fossero questi due entità ad avere la decisione in mano in maniera univoca? Ci troviamo già in mano una splendida ricetta per il disastro, ed ecco che improvvisamente si aprono altre falle nel colabrodo dell’iniziativa.
Una mossa del genere, avviata all’inizio del ciclo vitale di un gioco può sembrare un’idea ghiotta. Quando questo invece è già quasi a metà rasenta l’idiozia. Guadagnare su modifiche di gioco già uscite diventa impossibile, rubare contenuto altrui impunemente e ricaricarlo come proprio molto semplice invece. Questi comportamenti diventano assai comuni quando si parla di soldi. Cosa dire poi di tutte le modifiche che dovessero basarsi invece su framework creati da terzi? Ricordiamoci che per quasi ogni modifica non grafica la presenza di uno o più framework di dipendenza rappresenti la normalità su Skyrim, nei casi peggiori possiamo arrivare a decine di dipendenze per una singola mod. E se invece, terrore di ogni utente, due mod acquistate dovessero andare in conflitto? Ecco che un’idea apparentemente geniale va a minare ciò che mantiene vivo il gioco stesso, inimicandosi contemporaneamente le persone su cui grava questo compito.
Questa pergamena è finita, la sua storia esaurita. Tra classificazioni errate, generalizzazioni, errori di calcolo e marketing ed il bisogno di patch non ufficiali, una cosa appare molto ben chiara: Skyrim è un ottimo gioco, ma un RPG mediocre.
Classe 1995. Videogiocatore dai 5 anni ma appassionato persino da prima. Nel tempo libero non disdegna la lettura, pratica con armi ed il reenacting.
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Classe 1995. Videogiocatore dai 5 anni ma appassionato persino da prima. Nel tempo libero non disdegna la lettura, pratica con armi ed il reenacting.
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