di Gabriele Gelmini
Una spietata e lucidissima analisi del secondo Dopoguerra in Italia, dall’omicidio Montesi del 1953 alla discesa in campo di Berlusconi del 1994. Una trilogia di romanzi noir, che utilizza la Storia come ingrediente fondamentale. Una congerie di personaggi interessati solo al potere e al denaro, che intrecciano le loro esistenze e spesso soccombono in nome di una Idea, o di una Causa. Questi gli ingredienti fondamentali della Trilogia sporca dell’Italia di Simone Sarasso, composta dai volumi Confine di Stato, Settanta, Il Paese che amo. Un’operazione letteraria avvincente, che attraversa il periodo più buio del nostro Paese per restituire al lettore una formidabile commistione tra Storia e invenzione.
Come lo stesso autore dichiara, i personaggi non sono né vogliono rappresentare le figure che di fatto hanno inciso nella vita politica e sociale del secondo Novecento; tuttavia ognuno di essi può essere ricollegato a un nome realmente esistito o esistente, e nonostante l’escamotage letterario anche le storie che li riguardano si rifanno a episodi realmente accaduti.
Il primo volume, Confine di Stato, narra in parallelo le vicende dell’omicidio di Ester Conti, giovane romana, e dell’internato Andrea Sterling, scelto da un gruppo di psichiatri per dimostrare l’inefficienza del lavoro dei manicomi come luoghi di cura e reinserimento sociale. Il romanzo ruota, nella sua prima parte, attorno alla figura del fotografo Lorenzo Trama, ingaggiato suo malgrado nelle indagini per la scomparsa della ragazza. Tra coinvolgimenti politici e vita dei salotti degli anni Cinquanta, Trama si ritroverà prigioniero di un complotto di cui sarà vittima, proprio a causa di quell’Andrea Sterling che nella seconda parte assurge al ruolo di protagonista. Dopo essere stato assunto nelle fila dell’Arma, infatti, Sterling verrà notato per le sue spiccati doti violente e ingaggiato in Ultor, associazione paramilitare gestita dalla CIA (impossibile non vedere l’influenza di Gladio e delle vicende connesse ad essa). Con l’appoggio di militari doppiogiochisti, pronti a cedere il Paese al fascismo in caso di vittoria del PCI, Sterling si guadagna il ruolo di dirigente di Ultor e diventa colpevole di alcuni omicidi, prima di organizzare personalmente la strage di Piazza Fontana con l’aiuto anche di alcune personalità politiche, pronte ad iniziare la strategia della tensione.
Il secondo volume, Settanta, si concentra invece su quattro personaggi provenienti da mondi diversi: Nando Gatti, in fuga dalla povertà e futura stella di Cinecittà; Domenico Incatenato, giudice di ferro; Ettore Brivido, elemento di spicco della mala milanese; e il nostro Andrea Sterling, che ormai all’apice della carriera diventa complice di un tentato colpo di Stato, che viene fatto fallire. L’Omino, politico di spicco della Democrazia Cristiana, accusa il presidente del Consiglio Argento di esserne il responsabile, e con l’aiuto di Sterling e di Brivido fa in modo che le Brigate Rosse lo rapiscano e lo uccidano. Nel frattempo Gatti, totalmente identificatosi con il suo personaggio di Commissario, subisce un ricovero in un ospedale psichiatrico da cui fugge per inseguire Brivido, mentre Incatenato brancola nel buio e non riesce a comprendere che cosa accada e chi si celi dietro gli attentati degli anni di piombo.
Il romanzo conclusivo, Il Paese che amo, ambientato negli anni della caduta del comunismo, narra la vita di Ljuba Marekovna, giovane polacca che scappa dal suo Paese per tentare la fortuna in Italia. Inseguita dalla spia dei servizi segreti Makarov, che la mette in contatto con Sterling per commissionare un attentato al Papa, diviene poi personaggio televisivo e parlamentare. Allo stesso tempo, emergono la storia della guerra di mafia e del trionfo del PSI, che subirà poi un collasso per via delle indagini di Incatenato, a cui sfuggiranno però i legami tra mafia e mondo politico. E proprio questo crollo permetterà a un imprenditore televisivo di scendere in politica e approfittare della crescente confusione per imporsi come uomo del momento.
Una trilogia imperdibile, ricca di colpi di scena inaspettati, soprattutto per via dell’identificazione facile tra finzione e Storia reale; abbondano le teorie del complotto, il mistero del giallo, la corruzione della classe politica, il tema della spettacolarizzazione della società e della sete di potere. Il postmodernismo, insomma, nella sua forza più devastante: in grado di cancellare certezze e di crearne altre su basi effimere, pronte a cambiare continuamente e a provocare crolli, smarrimenti, crisi delle coscienze. Un noir che è una commistione tra vero storico e vero poetico, per dirla à la Manzoni, ma che serve a rileggere la Storia come storytelling, come narrazione dei vincitori e dei potenti, continuamente interpretabile. Non conta più la sostanza, ma la forma, la capacità persuasiva, l’allusione al successo: lo specchio dei nostri giorni.
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