Da qualche anno a questa parte abbiamo assistito all’avvento, all’invasione quasi, dei videogiochi sandbox. Il mercato ne è stato travolto e saturato in men che non si dica. Ad oggi il genere viene accostato ad altre categorie, ma il succo non cambia e il legame tra sandbox e giochi indie è sempre più stretto. Perchè?
All’inizio era la varietà, poi venne Minecraft
Era il 2009 e un tal Markus Persson rilasciava Minecraft, la quintessenza del sandbox, per certi versi fu l’inizio. Ma facciamo i bravi scolari e spendiamo qualche minuto giusto per toglierci dalla testa i paroloni: Cosa significa “sandbox”?
Un videogioco di questo genere è, in qualche modo, più un ambiente che un vero e proprio gioco; un ambiente, delle regole e degli strumenti, questo è il senso base della parola sandbox, non ci sono obbiettivi, non c’è sviluppo, non esiste una meta, un termine, una conclusione, si tratta solo di mettere a frutto tutti gli strumenti che l’ambiente di gioco concede.
Con il tempo il mondo del sandbox si è guadagnato nuove etichette, rinfrescando l’esperienza: Survival, simulazione, post-apocalittico, zombie, esplorazione spaziale (occhiolino occhiolino) ecc. ecc.
La nascita di case di produzione indipendenti è del tutto contingente e parallela alla nascita del sandbox, solo che i due hanno trovato nell’altro un compagno ideale per crescere.
Orgoglio, economia e pregiudizio
Solitamente un videogioco nasce da un’idea attuabile, “Grazie di niente” direte voi, ma provate a pensare ad un gioco, un concept, metterlo in pratica significa avere capacità informatiche non basilari, per questo un videogioco nasce quasi sempre nella mente di un programmatore (Si parla sempre di produzioni indipendenti). Si sveglia una mattina con un’idea e la sera hai due pixel che corrono dietro ad altri due pixel, davanti allo schermo un Nerd sorridente che già pensa al logo della sua software house. Essendo il videogioco un oggetto multimediale per definizione, all’informatica si accosta la grafica, ed in teoria con questi due elementi avete già un gioco bello e finito. Forse bello no, ma finito si. Dove voglio andare a parare? La “storia” è di solito la parte ignorata in un videogioco sviluppato da poche persone con pochi mezzi e tanta passione, e quando è sviluppata non viene fatto da “professionisti”; storia, trama, descrizioni, vengono scritte dal programmatore, dal grafico, dal concept artist, come secondo compito. Con i già citati pochi mezzi a disposizione come si fa a procurarsi uno scrittore? “Lo faccio fare a mio cugino” o non lo si fa proprio.
E’ possibile che la mancanza di una figura professionale atta a muoversi nel comparto-trama dia, già dall’inizio, l’impulso a cimentarsi nella creazione di un gioco che non abbia bisogno di una storia, e questo è un passo in più verso il sandbox.
…Come una mappa di Minecraft
E’ possibile che la sola mancanza di uno scrittore all’interno di un team sia il motore che spinge verso il sandbox? Ovviamente no, il sandbox ha una caratteristica intrinseca che fa molto comodo al mondo indipendente: E’ espandibile e frammentabile.
C’è un fenomeno particolare cresciuto insieme all’espansione delle case indie ed è il Crowdfunding: La “raccolta fondi” fatta in base ad una promessa. Lo strumento economico forse più democratico sul pianeta, una delle grande conquiste nascoste del WWW. Ma non tutti si fidano del Crowdfunding, di certo alcuni sviluppatori non hanno fatto un gran lavoro nel rassicurare i consumatori, così è nata una forma leggermente diversa dalla raccolta fondi, la vendita del videogioco in Early Access (Accesso anticipato), ovvero un gioco non terminato, a volte un crudo prototipo, a volte qualcosa meno informe e più godibile, venduto con la promessa che verrà terminato poco alla volta, patch dopo patch, espanso, raffinato, limato, stabilizzato.
I consumatori hanno un prodotto e una promessa, lo studio di produzione i soldi. Sono tutti felici. Questa formula di vendita è perfetta per il sandbox.
All’inizio in Minecraft si poteva sì e no distruggere un blocco e piazzarlo da un’altra parte, ad oggi si posson far magie, forgiare armi, commerciare, addomesticare cavalli, viaggiare all’inferno.
E’ proprio questo: Partendo da un ambiente completo per quanto spoglio, si può evolvere e migliorare nel tempo ad intervalli, a pacchetti e venendo pagati in anticipo. Questa formula è del tutto inefficace per un videogioco story-based. Telltale ci ha provato e ha dovuto virare su una formula più conosciuta: Quella della serie Tv, che poco ha a che fare con il mondo dell’accesso anticipato.
Un qualsiasi altro gioco che abbia una storia, una trama e uno sviluppo di questa, non può permettersi di uscire ad intervalli, spesso indefiniti. La storia deve essere presentata fatta e finita e deve esser fruibile tutta insieme alla velocità scelta dal suo fruitore, non può esser cambiata in corso d’opera, non si può modificare un avvenimento passato e continuare da lì a svilupparla, come invece può succedere per una meccanica.
Come detto, sì, esiste un sistema di frammentazione, ma anche quello è una scelta che viene fatta in funzione della trama che comunque è già stata scritta: Il già citato sistema a “Serie Tv” usato da Telltale serve per creare tensione e attesa tra un episodio e l’altro.
Mr. Sand(box)man e i sogni realizzati
Tra i tanti giochi usciti, pochi, a dire il vero, sono arrivati a mantenere le promesse, alcuni sono ancora sogni, altri sono naufragati impietosamente. Minecraft, di cui si è profusamente parlato fino ad ora, è l’esempio perfetto di sandbox terminato in 2 anni, accessibile fin dalla sua forma in Alpha (lo stato di prototipo in cui versa il gioco prima di esser chiamato tale). Altro esempio lampante e rassicurante è Kerbal Space Program: Se lanciare missili nello spazio, con intenti puramente scientifici, è il vostro pallino, questo è il gioco perfetto; prodotto da Squad, ha mosso i suoi primi passi come puro sandbox: Poche parti di astronavi, pochi pianeti visitabili e voilà, è servito a lanciare in orbita il prodotto, che ad oggi vede una modalità “Carriera” con missioni e obbiettivi. Ancora una volta il lato sandbox è servito a mantenere vivo l’embrione.
Mr. Sadman e i sogni naufragati
Siete mai andati, annoiati, nella sezione Early Access di Steam, mentre vi pompa nella testa una strana vena masochista? Se sì, di sicuro conoscerete The Stomping Land (Pagina del sito tristemente bianca), il caso che ha messo in discussione la politica di Steam sui giochi ad accesso anticipato. Sandbox con componenti survival ambientato in un ipotetico scenario primitivo dove uomini e dinosauri condividono la terra, prometteva la possibilità di costruire clan, villaggi e di combattere contro i dinosauri, ma soprattutto addomesticarli. L’ultimo messaggio dello sviluppatore è “Stiamo lavorando per cambiare motore grafico”, poi il gioco è sparito dallo store di Steam, e nessuno ne ha saputo più nulla.
Questo è il caso più eclatante, molti altri sono gli scenari finiti molto male: Spacebase DF-9 (Sandbox gestionale di costruzione di una stazione spaziale), Towns (Fotocopia senza ASCII di Dwarf Fortress), non parliamo nemmeno delle varie copie più o meno fedeli di Minecraft.
Insomma: Il sandbox è il mondo perfetto per uno sviluppatore indipendente, stringe bene con Crowdfunding e Early access che stringono bene con Indie Dev e allungamento dei tempi di maturazione di un prodotto. Di solito è il modo più semplice per iniziare, o comunque, per migliorare i mezzi prima di metterli al lavoro.
Forse tutti i giochi sandbox che abbiamo comprato in questi anni daranno da mangiare a nuove generazioni di “Blizzard”, oppure ci ritroveremo su server vuoti di giochi incompiuti di software house indie scappate con la cassa.
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