Nuovo capitolo settimanale: come già anticipato nella presentazione del primo articolo di questa serie, questa volta si parla dei platform “artistici“. Spesso si abusa dell’espressione “arte videoludica”, tirata fuori erroneamente ad ogni titolo lanciato sul mercato che non presenta la grafica fotorealistica di oggi. Ma la scena indie non permette solo a validi programmatori di poter sviluppare le proprie idee in termini di gameplay e level design, ma anche ad altrettanti validi grafici e musicisti di poter dare sfoggio della loro creatività attraverso una ricercatezza dello stile grafico e della colonna sonora. Se la commistione del tutto riesce bene, il prodotto finale regala all’esperienza di gioco un’atmosfera notevole ed al giocatore una forte carica emotiva, come una piccola sindrome di Stendhal, nonostante in questa tipologia di platform il gameplay è in genere molto semplice, basandosi principalmente su brevi esplorazioni del mondo di gioco ed enigmi non complessi, e la durata complessiva del titolo è in media abbastanza breve, nell’ordine di qualche ora.
LIMBO e INSIDE, usciti rispettivamente nel 2010 (prima eslcusiva Xbox Arcade, poi l’anno seguente anche su Steam e PSN) e nel 2016, sono i due puzzle-platform che hanno reso noti al pubblico i danesi della Playdead. Entrambi sono accomunati da un gameplay basati sulla meccanica del “trial and error“, ossia della risoluzione degli enigmi per induzione a partire dagli errori commessi in precedenza e senza suggerimenti “caduti dall’alto” o da carpire nell’ambiente di gioco, dallo stile grafico minimalistico (quello d’ispirazione dei film noir di LIMBO è diventato iconico), dalla quasi totale assenza di colonna sonora se non si contano gli effetti, e da una trama completamente indecifrabile a priori e che lascia libera interpretazione di se stessa al giocatore. Tutti questi fattori creano nel giocatore un vero e proprio stato d’angoscia ed hanno permesso ai due titoli di ricevere un incredibile successo di critica e di pubblico.
Sviluppato dai tedeschi dello Zeppelin Studio e distribuito dalla Meridian4 nel tardo 2014, Schein è stato uno dei titoli più premiati degli ultimi anni per quanto concerne i giochi di sviluppo indipendente. Schein è un puzzle-platform i cui enigmi sono basati sul modello di colore RGB: l’anonimo protagonista è chiamato a trovare una via di fuga dalla spettrale palude in cui si è cacciato attraverso il potere di tre luci guida, una verde, una rossa e una blu, presenti sia nella mano del protagonista sia nell’ambiente di gioco come sciami di lucciole o lampade prensili. Ognuna di queste luci acquisibili lungo andare nel gioco permette di mostrare l’ambiente di gioco secondo il loro filtro, svelando elementi della mappa come piattaforme o meccanismi necessari per la risoluzione degli enigmi, ma anche degli ostacoli mortali, ragion per cui il tempismo nel cambio della luce utilizzata nonché dell’utilizzo combinato delle stesse sono fondamentali per proseguire. Lo stile grafico crudo e cupo che ricorda l’arte del Die Brücke e dell’espressionismo del XX secolo in genere e la OST orchestrale inoltre donano al gioco un’atmosfera estremamente suggestiva.
Sviluppato dagli spagnoli della BeautiFun Games e rilasciato nel 2012 inizialmente solo per dispositivi iOS e poi rilasciato in versione rimasterizzata l’anno seguente per PC, Nihilumbra è un puzzle-platform relativamente breve ma molto particolare. Gli ostacoli ambientali affinché si possa proseguire devono essere superati tramite “spennellate” (da effettuare tramite il touchpad nei dispositivi mobile o col mouse per la versione PC) di un colore, ognuno con un potere intrinseco: ad esempio il blu permette di rendere le superfici più scivolose, permettendo quindi di poter far andare più velocemente lo spettrale protagonista oppure favorirlo nel trasporto di oggetti per la risoluzione degli enigmi. La versione per dispositivi mobile è molto scarna ed essenziale, ma la versione per PC rimasterizzata presenta notevoli migliorie, in particolare una grafica notevolmente abbellita con uno stile che ricorda i quadri impressionistici. Inoltre la versione per PC presenta un livello di difficoltà di molto superiore alla versione mobile, che invece viene incontro al pubblico casual.
Sviluppato nel 2015 dalla piccola Upper One Games in collaborazione con il Cook Inlet Tribal Council, un’organizzazione non-profit che si occupa della tutela delle popolazioni indigene dell’Alaska, Never Alone è un breve puzzle-platform la cui trama è basata su una fiaba del folklore degli Iñupiaq, raccontata attraverso il loro idioma (ovviamente sottotitolato in inglese). Gli enigmi (per niente difficili in verità) sono da risolvere con la classica meccanica da co-op locale switchando tra la piccola protagonista Nuna e il suo companion pet, una volpe artica. Il gameplay tuttavia non è eccezionale ed i controlli di gioco risultano essere a volte imprecisi. Nonostante ciò però Never Alone resta un’esperienza tutta da provare grazie allo stile grafico che lo rendono davvero una gioia per gli occhi: uno sfumato cel shading “cartoonesco” riempito di colori freddi ed un generale effetto blur, nonché sprite disegnati secondo lo stile degli scrimshaw degli indigeni alaskani. Inoltre nel gioco sono sbloccabili dei piccoli documentari filmati sugli usi e sulle tradizioni degli Iñupiaq, con lo scopo di far conoscere e preservare i loro lasciti culturali minacciati dal riscaldamento globale e dall’assottigliamento del permafrost.
Sviluppato e pubblicato l’anno scorso dal polacco Toucan Studio, Selma and the Wisp è una vera e propria hidden gem, dalla breve durata (si assesta sulle 3 massimo 4 ore di gameplay), ma molto emozionale e godibile. Anche Selma and the Wisp è un puzzle-platform: Selma è una ragazzina terrorizzata dai continui incubi che vive ogni notte, e scopo del gioco è evitare di farle venire un crepacuore e farla svegliare sana e salva il mattino seguente comandando Wisp, una salvifica sfera di luce fluttuante che, oltre ad illuminare le aree di gioco altrimenti completamente tetre, ha il potere di allontanare (ed a volte addomesticare) le varie creature presenti in questi incubi. Tuttavia Wisp ha bisogno di alimentarsi con dei piccoli orbs di luce sparsi nella mappa, in caso contrario esso si spegnerà portando al game over, constringendoci a tornare all’ultimo checkpoint; ciò introduce anche un’ulteriore difficoltà, un limite di tempo variabile entro cui bisogna risolvere gli enigmi, comunque in media non cervellotici. Il level design di uno stile che ricorda molto l’arte surrealista, insieme ad una colonna sonora da vero e proprio film horror, rende l’esperienza di gioco più simile ad un viaggio introspettivo dentro le paure della piccola Selma, e per metonimia in quelle di ognuno di noi.
Altra piccola hidden gem del 2015 del misterioso Asteristic Game Studio, Dreaming Sarah è un brevissimo (letteralmente lo si finisce in due ore) platform esplorativo nel quale impersoneremo Sarah, una ragazza caduta in un coma profondo. L’obiettivo è raccogliere una serie di oggetti in un’esperienza onirica piena di luoghi e creature bizzarri, ricordando molto il concept di fondo di Yume Nikki e le ambientazioni irrealistiche e nonsense dei romanzi di Alice di Lewis Carroll (non manca difatti qualche palese citazione in merito). La grafica in pixel-art con una palette molto confusa e la OST ambientale ma ossessiva a cura di Anthony Septim rendono le pochissime ore di gioco un vero trip mentale.
Prima creatura della genialità di Mike Bithell, oggi celebre grazie a Volume, Thomas was alone vide la luce nel 2010 quasi per scherzo: sviluppato come banale browser game in Flash ed hostato su Kongregat, il suo concept ricevette un talmente incredibile apprezzamento che Bithell fu ingaggiato dai Bossas Studios (sì, proprio quelli di quelle puttanate di Surgeon Simulator e I am Bread) con l’obiettivo di poter espandere concept e gameplay e portare il tutto in principio su mercato mobile. Thomas was alone oggi è disponibile per varie piattaforme, tutte caratterizzate da uno stile grafico minimalista ed estremamente pulito. La sinossi è molto particolare: all’interno di un non specificato mainframe, a causa di un malfunzionamento alcune IA al suo interno sfuggono al controllo generale della macchina ed acquisiscono una propria personalità. La prima IA è appunto Thomas, rappresentato nel gioco da un semplice rettangolino rosso, spinto da un forte senso di curiosità decide di esplorare l’interno del mainframe alla ricerca di altre IA senzienti come lui per poi tutte insieme cercare di evadere dal mainframe stesso ed emergere nel mondo fisico. Ogni IA che Thomas incotra è anch’essa rappresentata come un rettangolo, di diversi colori, forme e soprattutto peculiarità e personalità. Vien da sè il fatto che il gameplay è basato sul co-op locale, in cui per la risoluzione degli enigmi è necessario combinare le peculiarità di ognuna delle IA che Thomas incontrerà via via nel gioco. Come detto, lo stile grafico è fortemente minimalista, ma non per questo banale: il level design è semplicemente perfetto e la fisica dei rettangolini così come degli altri elementi ambientali è di una precisione massima. Non è trascurato nemmeno il lato narrativo grazie alla voce narrante di Danny Wallace, noto al pubblico per aver prestato la voce a Shaun Hastings, lo storico di Assassin’s Creed.
Terrone, quasi ingegnere informatico, moderatamente misantropo, razionalista e liberalista convinto, ex weeaboo ora pentito, videogiocatore incallito da oltre 25 anni: mi piacciono le sfide, per questo sono su IMDI. Posso parlarvi di IT, letteratura moderna, musica elettronica, vidya e sport americani, basta che mi offriate una trappista. La mia waifu è Selphie Tilmitt.
30 Maggio 2017
18 Maggio 2017
18 Aprile 2017
11 Aprile 2017
25 Marzo 2017
Terrone, quasi ingegnere informatico, moderatamente misantropo, razionalista e liberalista convinto, ex weeaboo ora pentito, videogiocatore incallito da oltre 25 anni: mi piacciono le sfide, per questo sono su IMDI. Posso parlarvi di IT, letteratura moderna, musica elettronica, vidya e sport americani, basta che mi offriate una trappista. La mia waifu è Selphie Tilmitt.
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