Cara Signorina Lago,
Spero che riceverai serenamente questa mia risposta, in quanto neanche questa è una lettera di protesta, ma un invito. Ti invito ad analizzare una situazione anche con altri occhi.
Ti invito, per un attimo, a pensare di non chiudere la tua vita in una valigia ma in tante piccole scatole pesanti. Dove devi metterci tutto, e tenerlo con cura, perché sai che se qualcosa andrà perso o distrutto potrebbe non esserci un modo di sostituirlo nell’immediato, che sia un bene affettivo o qualcosa che semplicemente è utile nella vita di tutti i giorni.
Non è il caso di scordare neanche qui le scarpe da ginnastica anche se io, personalmente, consiglio un paio di buoni stivali.
Mentre fai questo, non scordare di continuare la tua vita quotidiana, di accumulare competenze, di fare progetti e di tenere tutto quello che puoi sotto controllo. Anche uno scopo non guasta; immediato o meno, c’è sempre spazio nelle scatole.
Solo fai attenzione: quelli a lungo termine e importanti pesano di più quindi fai scatole piccole, come per i libri, divisi in maniera ragionata pesano meno.
Fatto questo, la parte facile si conclude (e sono certo che da ora troverai delle assonanze): resta da trovare un posto dove vivere che costi poco e ti permetta di avere un esistenza tua, cosa impossibile da realizzare se devi dividere 70 metri quadri con i genitori (o con degli sconosciuti).
All’effettivo, sai di non avere scelta pratica perché dovrai accontentarti di quel che trovi, e poi ti viene tolta quella morale in quanto devi farlo se non vuoi essere un “bamboccione” o un “inutile mantenuto” o un “mammone”.
L’Italia è più calorosa, non c’è dubbio alcuno, ma il comitato di quartier che ti salda le bollette esiste solo nella visione “bella vita” dei film americani. I costi salgono e bisogna trovare un modo di sostenerli. La soluzione appare ovvia: lavorare produce denaro, quindi hai bisogno di un lavoro.
Peccato non ce ne sia, o ce ne sia poco, o sia precario.
Ma ti ci metti lo stesso, magari riducendo i consumi (e la vita) al minimo per avere qualcosa da parte nei tempi di magra sempre più imprevedibili e frequenti. Nonostante ciò capita ogni tanto che ti trovi al buio un paio di giorni all’anno, o che ti trovi a dover chiedere ad amici e parenti 50 euro vergognandoti di doverlo fare alla tua età, ma tiri avanti. C’è un progetto nelle scatole, non dimentichiamolo.
Così mentre la tua auto del Paleolitico consuma il PIL dell’Uganda per trasportare te e il tuo progetto (che ovviamente non accenna ad avviarsi) e il continuare a mettere un passo davanti all’altro continua a generare debiti ti sentirai dire “È normale che sia così, perché dovrebbe funzionare? Siamo in Italia, mica all’estero!” oppure “Ecco il ragazzo di cui ti parlavo, che se fosse nato in America ora sarebbe ricco, anziché a chiedere lavoro a te”.
E ogni tanto ci sono dei giorni, bui, dove ci credi.
Hai scelto di non partire quando lo hanno fatto i tuoi amici e allora ti fai forza continuando a pensare “Ci riuscirò, ho un progetto e un idea mia, sono bravo, ho le competenze e ci sto lavorando: me lo merito” e mandi via le voci, anche dei cari che ti cercano lavoro in Belgio senza dirtelo, e aspetti un altra alba con la sua dose di problemi.
E provi un altro bando di finanziamento, a trovare dei fondi, a fare qualcosa che non solo ti dia da vivere, ma ti renda contento di averlo realizzato. Giorno dopo giorno prosegui mentre ti senti dire che devi mollare, che tanto non funzionerà “perché se qui e non all’estero” dai giornali, dai tuoi amici, da tuo padre. Ma non sali sull’aereo, e la valigia resta nell’armadio.
E sai perché?
Perché nemmeno noi ci accontentiamo, e anche tra noi ci sono quelli che erano troppo bravi a scuola, o che si annoiavano a sentir spiegare cose che avevano capito ore prima.
Tra noi ci sono persone che leggevano Manifesti Web in inglese quando la maggior parte delle persone si chiedeva cosa fosse quel rumore di mola che proveniva da quella buffa scatola sotto quella specie di televisore con le lettere verdi e basta, anche se quel coso verde aveva solo pochi anni meno di noi.
Anche tra di noi ci sono persone con un inglese perfetto che tu e molti altri date per scontato, che hanno lavorato in aziende dove si telefonava tra New York e Mosca, per farci dare quattro spiccioli per portare avanti qualcosa.
E abbiamo scelto un’altra strada.
Stiamo continuando a provare, a sudare, e a combattere perché se nel futuro di qualcun altro un giorno la nebbia di cui parli sarà andata via, non accadrà certo per caso.
QUANDO accadrà (non SE) sarà perché qualcuno qui non si è arreso, e avrà fatto qualcosa per diradarla.
Nemmeno noi sappiamo per certo a chi è in mano il nostro futuro, anche se ci piace pensare di potercelo ancora prendere, ma a differenza vostra abbiamo una certezza in più: noi sappiamo a chi NON è in mano.
Sicuramente, non è in mano vostra.
Voi ora non ci siete, e se ci sarete, un giorno, sarà per merito nostro.
Per questo volevo ringraziare il Ministro Poletti, almeno per una parte del suo discorso (e questo non vuole giudicare o supportare né lo stato della situazione, né l’operato del governo o del ministro, che sono materia che andrebbe analizzata in altre sedi) la parte dove diceva che “non tutti quelli rimasti a casa sono dei Pistola”.
Grazie per essere forse l’unica figura pubblica di questo periodo che non ha spalato altro fango su chi è rimasto a casa.
Almeno su un punto aveva ragione: sicuramente ne sono rimasti a casa tanti, di pistola, e sicuramente ne sono partiti tanti.
La differenza è che nessuno per ora si era osato dire che non siamo tutti inutili.
Mi spiace che Lei sia stato attaccato per questo.
Purtroppo nell’epoca dell’analfabetismo funzionale, delle persone che leggono titoli e non articoli, era un bersaglio facile.
Nonostante il rispetto per l’essere umano, non ringrazio invece la Sig. Lago che si è sentita in dovere di dare una risposta dicendo a tutti quanto sia ingiusto fare questo, ribadendo quanto sia giusto mitizzare un gruppo non per il merito personale, ma per l’appartenenza a una categoria (essere italiani all’estero).
Nonostante non la ringrazi, la invito a mia volta, a tornare a casa.
Non tuffarti, Lara, qui non è morbido. Qui è duro come le montagne che ci separano da voi. Ma se vuoi fai come noi, e scala anziché sorvolarle.
Firmato: uno dei 60 milioni che sono rimasti indietro, uno di quelli che sa che i pistola sono ovunque, un altro che ci mette la faccia, le idee e il nome.
Tudisco Matteo, classe 1983
13 Novembre 2013
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