Il 5 Maggio usciva Prey, l’ultimo titolo videoludico pubblicato da Bethesda e prodotto da Arkane Studios (Qui il sito ufficiale). Il progetto iniziale ha un percorso piuttosto travagliato alle spalle: nato come seguito di Prey (Qui la pagina Wikipedia), videogioco del 2006, viene poi congelato e messo in cantina fino a quando passa, appunto, nelle mani di Arkane nel 2016. Da lì viene abbandonata l’idea di creare un seguito vero e proprio; il gioco infatti, tra rimandi vaghi ed idee in comune, è più una rivisitazione con un’anima tutta sua.
La storia narra le vicende degli Yu, due fratelli, Alex e Morgan, scienziati in seno alla TranStar Corporation, enorme corporazione leader nei settori della medicina, della robotica e dell’ingegneria, ma la vera punta di diamante è quella dei Neuromod, oggetti che riscrivono la mappa neurale ed impiantano abilità uniche a chi ne fa uso; la cosa ovviamente ha un prezzo: l’espianto di un Neuromod comporta la perdita di memoria fino al giorno in cui è stato impiantato. Sfruttando questa caratteristica Alex Yu, il fratello più grande, sottopone il protagonista, giorno dopo giorno, senza che ne abbia memoria, a test su Neuromod “potenziati” e derivati dai Typhon. Ecco il secondo grande elemento che irrompe nella trama. I Typhon sono una razza aliena misteriosa e impescrutabile scoperta dall’umanità molti anni prima; non hanno una particolare intelligenza né volontà, sono come metastasi di plasma nero e incancrenito il cui unico scopo è uccidere. Durante uno dei test i Typhon evadono, rendendo la stazione spaziale sede della TranStar, Talos I, un campo di battaglia.
Prey si presenta con un gameplay quasi ibrido. Le scene di azione posso risultare anche lente, a volte, questo per la dose di strategia che viene richiesta. Anche il più piccolo nemico, come il Mimic, un Typhon in grado di prendere le sembianze di oggetti di medie/piccole dimensioni, potrebbe essere un problema se non preso nella maniera giusta. Il tutto si amplifica quando i nemici aumentano di dimensione e forza, lì l’ambiente giocherà da padrone: riuscire a portare un Typhon Anthrophantasmus, un alieno creato dai cadaveri umani, vicino ad un bombola esplosiva, un tubo del gas o un giunto elettrico, e riuscire a sfruttarne il potenziale, potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Certo, i combattimenti si faranno progressivamente più semplici finché non spunta un nuovo tipo di Typhon, di solito più grande o con poteri particolari, grazie al sistema di skill, acquisibili attraverso i Neuromod, e ad una buona dose del caro vecchio piombo, acquisibile attraverso un ottimo e ben bilanciato sistema di crafting.
Il crafting in particolare è un elemento molto importante: ogni oggetto richiede un certo tipo e numero di materiali base, organico, minerale, esotico e sintetico, e ogni cosa nello scenario può essere riciclata e scomposta in uno di questi materiali. Ecco allora che entra in campo l’altro elemento, quello open, dell’esplorazione. Infatti, a patto di avere password, codici di accesso o badge del personale, l’intera stazione spaziale è esplorabile fin da subito, presentando un alto numero di “sentieri” per arrivare in questo o quel posto, cosa molto utile nello svolgimento delle missioni principali: trovare la strada e l’approccio più adatto è vitale anche senza che ci sia un alieno a minacciare la nostra esistenza. Senza contare che potrebbe portare a risorse rare, ricette per oggetti molti utili o più semplicemente a sottotrame che rendono più vivo e complesso il mondo di Prey.
Le skill sono l’altro sistema che viene in nostro soccorso durante i combattimenti, l’esplorazione e la ricerca. Dalle più semplici abilità che aumentano il danno o diminuiscono il rumore dei nostri passi, a quelle più circoscritte come il sapere hackerare un computer o una cassaforte, per acquisire, ancora, informazioni sulla missione o materiali utili, o riparare le torrette per aiutarvi nei combattimenti più ardui. Nel momento in cui pensavate di sapere a memoria l’albero delle abilità ecco che il gioco vi presenta una nuova fiammante meccanica: dopo aver scannerizzato vari tipi di Typhon potrete acquisirne i poteri, potendo quindi trasformarvi in oggetti molto piccoli per non attirare l’attenzione o passare in fessure e aperture, lanciare scariche di fulmini o una ventata di forza in pieno stile Jedi.
Il look di Prey è al passo con i tempi, non c’è che dire. La scena principe che chiude il tutorial è la scoperta di essere su una stazione spaziale in orbita intorno alla Luna, un scena di grande effetto resa bene dalla grafica e dall’illuminazione. Lo stile, pur essendo unico, della stazione Talos I sembra un palazzo decadente nel suo essere nobile e preziosa, ha un vago retrogusto steampunk, che ricorda le bellezze dei Bioshock. Il design dei personaggi è in egual modo lontanamente cartoonesco seppur rimanga su un imprinting propriamente realistico. Il design degli alieni invece, seppur nella sua semplicità, è d’effetto e a volte orrorifico: un Typhon fantasma, colmo dei ricordi del cadavere da cui è stato creato, vagherà nei corridoio parlando in modo dissennato e folle, e unito all’aspetto, sarà un momento horror vero e proprio. Gli effetti dei poteri, invece, sono a volte un po’ troppo semplificati, altre troppo invadenti, rendendo alcuni combattimenti piuttosto caotici. Da segnalare un problema con le texture in alta definizione, che appaiono sfocate fino a pochi passi vicino, un problema su cui il team di sviluppo è già al lavoro.
Il comparto sonoro è assolutamente impeccabile, sempre preciso nel suo veicolare esattamente quello che la situazione comporta. Da tracce quasi vaporwave per l’introduzione a snervanti e incalzanti sonorità dark per sottolineare la situazione di Talos I e la solitudine del protagonista in mezzo a migliaia di mostri assetati di sangue.
Prey è un titolo che sa di Bethesda dall’inizio alla fine. È ibrido nel suo essere sparatutto, di ruolo, horror, avventura, stealth. Racconta una storia e mille storie e lascia al giocatore una grande libertà, una libertà che cresce all’interno dei suoi stessi limiti: una porta chiusa significa una stanza irraggiungibile ma anche un badge da trovare per poterla aprire, un badge da trovare significa cercare chi lo possedeva, e così via. Come detto, ci sono parti veloci e parti lente e i combattimenti sono quasi sempre abbastanza difficili ma comunque soddisfacenti. Un titolo che merita molta attenzione.
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