Visto che il Costituzione Coast to Coast Tour di Alessandro Di Battista ha fatto tappa nella mia città, ho deciso di andare ad assistere per curiosità e per provare a farmi un’opinione politica sull’evento, cosa impossibile: non si tratta di analisi sul tema per stabilire il valore del No, ma di uno spettacolo meta-teatrale, e così lo voglio trattare.
Incipit, presentazione del protagonista e visione distopica
L’opera inizia con un ritardo di circa 45 minuti rispetto alla tabella di marcia, l’ingresso sotto al parco del protagonista in moto e la repentina presentazione da parte di un esponente pentastellato locale. Alessandro Di Battista, Dibba per gli onesti (come il personaggio usa chiamare il pubblico), inizia con un ritmo calmo raccontato il viaggio che lo ha portato a noi, con l’entusiasmo e la gaiezza tipica di un giovane sognatore, ma questo dura poco: il suo monologo è incentrato sulla spiegazione dell’universo narrativo, una distopia dominata da deboli con l’unico intento di mantenere il controllo de La Finanza, una figura malefica generatasi autonomamente e suddivisa in più frammenti (Banche, Unione Europea, Euro, ecc). Dibba non è unicamente il narratore, ma è anche una figura messianica: raccontando il mondo, trasmette la verità e la salvezza alla gente, guidandola verso la redenzione e la dismissione del male intrinseco nella distopia.
Il monologo
La voce accesa, scandita da un forte accento, elenca le versioni distorte dei politici passati e presenti, associando a ogni uno colpe funzionali per considerarli promotori del sistema; la riforma costituzionale viene identificata come l’ennesima arma che La Finanza intende usare per indebolire La Gente, per questo è superfluo parlarne. Il monologo prosegue costante su questa linea, terminando con la speranza rappresentata dal No, espressione della negazione verso Il Potere.
La rottura della quarta parete
Il monologo viene tagliato dalla chiamata sul palco di una maestra, col compito di leggere un passaggio della riforma. Lei non capisce ciò che è scritto, e Dibba la rassicura assolvendo l’intera platea da quella che il Potere vuole far passare per ignoranza; il Salvatore fatto carne capisce il sentimento di esclusione del popolo e vuole annientarlo, affinché l’io negativo degli individui possa sparire per far spazio a una visione di collettività illuminata, consapevole e capace di sgominare senza la violenza il demone che attanaglia le loro vite.
Spiegazione del significato intrinseco
La potenza di questo spettacolo è nel caos, il continuo rimescolarsi di ciò che è reale e ciò che invece è finzione, arrivando a convincere anche il pubblico che la realtà non è altro che ciò che viene raccontato: chi ascolta si mescola con chi parla e viceversa, il protagonista si fonde nel pensiero comune togliendo ogni barriera fra lui e la massa adorante.
(Per spiegare il delicatissimo passaggio che segue, è fondamentale separare Alessandro, l’artista, da Dibba, il personaggio-messia)
Dibba vuole raccontare una riforma che ha il solo scopo di favorire il potere, eppure non è capace di spiegare come, infrangendo la sua figura divina; Alessandro vede Dibba come un uomo qualunque colmo di paure, figlio di certezze dovute all’ignoranza e ai limiti che si è costruito nel tempo, terrorizzato da immagini che lui stesso ha costruito. Dibba non è solo un uomo, ma è l’uomo, che terrorizzato da ciò che lui stesso ha creato sogna di poterlo distruggere, ed è così che Alessandro vede la società: un insieme di persone limitate che nei secoli hanno costruito un mondo oltre la concezione media, elevando chi è capace di capirle a incarnazione del male.
Alessandro Di Battista, con questa opera mastodontica e profonda, si eleva ad essere uno degli artisti più importanti di sempre, e forse nemmeno lo sa.
28 Novembre 2016
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