Nella foto potete ammirare nella sua bellezza orientale, il vice-ministro cinese dell’Industria e delle tecnologie dell’informazione, Su Bo, che presenta il “Libro Bianco” cui vero titolo è “Situazione e politiche dell’industria cinese delle terre rare”, in una conferenza stampa a Pechino, con l’intento di offrire alla comunità internazionale una miglior comprensione dell’industria cinese delle terre rare e della scelta di diminuirne l’esportazione. Ma per arrivare fin qui però bisogna prendere il TARDIS e iniziare la storia dal principio.[Qui puoi costruire un tardis tutto tuo.]
Molti di noi avrebbero qualche difficoltà a individuare su una mappa la Mongolia Interna, lo Jiangxi o il Guangdong. Eppure sono zone di rilevanza strategica perchè buona parte dei dispositivi high-tech da cui dipendiamo – cellulari, laptop e centinaia di altri che mo’ vi dico, state calmi – non esisterebbero senza alcuni elementi chimici che provengono, a volte illegalmente, da quelle e altre regioni della Cina. L’elenco di oggetti che contengono terre rare è quasi infinito.
Vi siete mai domandati perchè molti strumenti elettronici (card SD, chiavette USB, etc) siano diventati tanto piccoli? Una delle ragioni è che i magneti con cui vengono fabbricati contengono questi minerali, che sono molto più potenti di quelli convenzionali e hanno il vantaggio di pesare meno.
Inoltre gli stessi tipi di magneti sono fondamentali anche per una serie di macchine “verdi”, dalle auto ibride alle turbine eoliche. Nella batteria di una Toyota Prius ad esempio ci sono circa 10 chili di lantanio;
il magnete di una grande turbina eolica invece, può contenere 260 chili o più di neodimio, alla faccia della “Green economy”, poi vi spiegherò perchè. Pensiamo, in più, ai fosfori degli schermi televisivi: il colore rosso viene da un elemento chiamato europio. La marmitta catalitica di un’auto contiene cerio e lantanio.
At last but not at least, le forze armate degli Stati Uniti hanno bisogno delle terre rare per i dispositivi che consentono la visione notturna e per armi come i missili Cruise, occupando quindi un’importanza geostrategica di primordine.
Ma quali sono queste “terre rare”?
Con R.E.M, acronimo di Rare Earth Metals, in italiano “Terre Rare” si intendono i 17 elementi chimici –che secondo la IUPAC sono scandio, ittrio e i lantanoidi– estratti ed isolati dai minerali che li contengono per la prima volta alla fine del Settecento in una miniera nel villaggio di Ytterby, in Svezia.
Il termine “terre rare” è però inesatto, dal momento che sono piuttosto distribuiti sulla crosta terrestre (una manciata di terriccio raccolta nel vostro cortile probabilmente ne contiene un po’, magari poche parti per milione). Sono invece rari i giacimenti abbastanza grandi e concentrati da consentirne un’attività estrattiva.
Karl Gschneidner, esperto di metallurgia che le studia da 30 anni, dice: “Le terre rare sono nascoste a chi non ne conosce l’esistenza; non hanno mai suscitato interessi o preoccupazioni particolari, almeno fino a quando si è riusciti a comprarle facilmente”.
Si è iniziato a parlarne qualche anno fa infatti, quando il mercato di questi metalli si è inserito nella contorta guerra di valute tra le prime due economie del mondo, Cina e USA.
Un po’ di storia.
Fino agli anni ’50 la maggioranza delle terre rare veniva da Brasile ed India, poi è stato il momento del Sudafrica. Fino agli anni ’80, quando gli Usa presero per un breve periodo il controllo di questo mercato, grazie soprattutto alla miniera di Mountain Pass. «Producevamo 20 mila tonnellate l’anno quando tutta la domanda mondiale era di 30 mila», ricorda Smith.
Ad oggi sono la Baotou Steel o la Xiangu Copper le maggiori compagnie minerarie, e sono cinesi. Infatti la svolta è avvenuta negli anni 2000, quando la Cina ha fatto calare i prezzi ed è diventata il monopolista delle terre rare, con il 90% della produzione mondiale.
In seguito alla chiusura di Mountain Pass nel 2002, il ruolo di nuova capitale mondiale delle terre rare passò a Baotou, una città della Mongolia Interna (che è regione autonoma della Cina) grazie ai finanziamenti statali, alla manodopera a basso costo e a normative ambientali permissive, quando non inesistenti, che permisero di sbaragliare la concorrenza.
Nelle miniere di Baotou si trova circa l’80 per cento delle terre rare della Cina, -tanto per farvi un’idea nel 2008 sono state contrabbandate fuori dal paese 20 mila tonnellate di terre rare, che sono solo un terzo del totale delle esportazioni di quell’anno- ma la città ha pagato a caro prezzo il suo primato. Spesso le miniere di terre rare contengono elementi radioattivi come l’uranio e il torio. Tutti gli abitanti della zona sono stati da tempo costretti ad andarsene e le acque che scorrono al fianco della miniera sono state gravemente contaminate. Ad oggi, però, non esiste un piano di recupero di questa area.
Storia recente
Dopo uno screzio diplomatico, pochi mesi fa, che ha visto la Cina interrompere per un mese la distribuzione estera di questa risorsa e conseguentemente l’aumentare dei prezzi di tutti i prodotti correlati a questa, sono stati avviati nuovi progetti minerari in tutto il mondo. La Molycorp, la più grande azienda del settore dopo la Cina, ha quindi riaperto la miniera di Mountain Pass, in California, con un balzo della produzione da 3.500 a 20.000 tonnellate. L’australiana Lynas lancia invece un grande progetto in Malesia, ultimamente sotto l’occhio dell’opinione pubblica per le politiche anti-ecologiche e anti-sociali usate nel processo di estrazione e lavorazione, permesse da uno strato politico debole che deficita di vere leggi per la tutela ambientale che ignora le conseguenze delle sue mancanze (e di cui parlerò nel prossimo articolo).
Infatti come per tutti i materiali oggetto di raccolta differenziata nelle nostre case, il loro processo estrattivo oltre ad essere molto oneroso è anche piuttosto “energivoro ed inquinante”, pertanto è sempre preferibile recuperarle per poterle riutilizzare, oltre che economicamente conveniente.
La situazione in Italia
In Italia i dati riferiti alla raccolta di rifiuti elettrici fanno sperare: su 25 kg di rifiuti prodotti a persona all’anno, ne vengono recuperati circa 4 a persona. Ma nonostante in Italia ci siano ben 150 impianti che si occupano di riciclo dei materiali elettrici ed elettronici, purtroppo però solo 4 sono in grado di estrarre le terre rare.
Gli studi in questo ambito proseguono con il progetto “E-waste Lab” che è sato presentato l’8 giugno presso il Politecnico di Milano.
Alexandre Latsa, un giornalista francese che vive in Russia, afferma giustamente che “dopo il carbone nel XIX secolo, il petrolio e il gas diventati nel XX secolo obiettivi strategici fondamentali per i Paesi industriali che importano le risorse per le loro industrie, adesso sono le terre rare, col commercio internazionale dell’energia, ad aver assunto un importanza tale da poter essere usato un pretesto per delle operazioni militari.
La guerra per le risorse, a cominciare da quelle più rare, sembra appena cominciata e potrebbe cambiare il mondo, terremotando l’instabile equilibrio geo-politico dei combustibili fossili con un ancora più cangiante futuro dei materiali rari che saranno necessari per cambiare e sostenere l’economia del futuro.”
Vi ho messo la cacarella quanto un Creepypasta? Non riuscite più a guardare il vostro smartphone allo stesso modo, eh? Aspettate la seconda parte per lanciarlo nel fiume e recuperare il 3310, allora.
A presto,
Derpina.
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