L’immunità parlamentare è una garanzia presente fin dalla nascita della Repubblica, ed è regolata dall’art. 68 della Costituzione. Quando una Procura vuole applicare una misura di restrizione della libertà personale di un parlamentare – intercettazioni, perquisizioni e arresti – fa una richiesta all’Aula del Parlamento a cui appartiene, che poi legge gli atti e vota se la richiesta è legittima. Tutto questo, molto semplicemente, è per evitare che la magistratura venga usata come un’arma contro politici indesiderati, o addirittura li attacchi essa stessa.
Il tema ritorna costantemente nel dibattito politico italiano per i più vari motivi. In questi giorni se ne parla in particolare per il senatore Azzollini, salvato dalla richiesta d’arresto della Procura di Trani grazie al voto contrario del Senato, che a suo tempo già aveva negato l’autorizzazione a effettuare intercettazioni e ha adesso ribaltato il voto della Giunta per le elezioni e le autorizzazioni a procedere che aveva votato a maggioranza dei due terzi per l’arresto (13 favorevoli e 7 contrari). Rimane comunque il dubbio di sapere a cosa serva intercettare una persona se questa sa di essere intercettata; detto questo, lo scopo della Giunta è valutare solo se sia ravvisabile un possibile intento persecutorio da parte di chi richiede l’arresto, null’altro. In tal senso, le esternazioni di Renzi, “non siamo i passacarte della procura di Trani“, sono estremamente fuori luogo, come anche “chi ha votato contro evidentemente si assume le proprie responsabilità”. Nessuno si assume nessuna responsabilità perché il voto è a scrutinio segreto (e, anche non lo fosse, da Costituzione nessun parlamentare è tenuto a rispondere di come vota), e la Procura è un’istituzione della Repubblica, quindi spero sinceramente che la Giunta avesse ottime ragioni per stabilire che quello potrebbe essere un atto persecutorio. Si tratterebbe di un’accusa molto grave, almeno quanto il reato contestato ad Azzollini (associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta).
A. & R.
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