Il problema più grande di internet è la “teoria della montagna di merda“; enunciata dal blog Kein Pfusch, ora offline (ma risorto qui), afferma in breve che “gli idioti sono tantissimi e producono più stupidaggini di quante una persona volenterosa possa smentire“.
Questa legge ha un corollario; più idioti saranno connessi, più il peggio di internet verrà fuori; immediata conseguenza è che gli avvenimenti che attirano più gente sul web sono anche quelli dove si vede il peggio del peggio.
E un terremoto in cui muoiono un sacco di persone è senz’altro il tipo di evento ideale per vedere gli abissi in cui può precipitare l’utenza del web. Persone comuni, esponenti di spicco della società, persino quanti fanno dell’informazione il proprio mestiere decidono di mettersi in gioco nella gara di chi gratta con più forza il fondo del barile della decenza.
L’Italia sta vivendo oggi uno dei suoi momenti più tragici, riportandoci alla memoria l’evento analogo del 2009; la differenza non è tanto nel feeling generale, bensì nel modo di comunicarlo. Il primo posto nella classifica del peggio di internet lo vince a mani basse la deputata 5S Giulia Di Vita su Twitter che invita a donare sangue sul blog di Beppe Grillo
#Terremoto. È emergenza sangue, ecco dove donare https://t.co/WBhNIZ4bDP
— Giulia Di Vita (@GiuliaDiVita) 24 agosto 2016
Non sul sito dell’AVIS. Non su un qualsiasi ente certificato.
No. Si rimanda al blog di Grillo. Commenti pure chi ha le parole per parlarne che non siano turpiloquio…
Il secondo posto nella classifica del lordo è occupato dagli utenti medi di Facebook. Già in generale aprire la sezione dei commenti di un qualsiasi post a sfondo politico è una tortura, ma oggi è tutto decuplicato:
Abbiamo gente che fino alla settimana scorsa girava nei siti porno più sudici del web e cliccava ogni schifezza che prometteva loro di vincere soldi senza fare nulla; gente che oggi si reinventa a parlare di ingegneria edile e sistemi di prevenzione dei terremoti. Abbiamo gente che fa notare come i migranti (negri o clandestini, in base al livello di istruzione) ottengano centinaia di euro, alloggi da sogno, wi-fi e piscina, mentre i terremotati no. La faccenda è già di per sé abbastanza complicata perché, chiaramente, in una zona dove il rischio sismico è ancora elevato mettere le persone dentro un edificio in mattoni è una mossa da non fare; probabilmente le tendopoli e i container, per scomodi che siano, davvero sono l’unica soluzione percorribile in queste situazioni. Di simili personaggi non vogliamo riportare neanche gli screen perché purtroppo alcuni sono famosi e rilevanti sulla politica nazionale e questo è già abbastanza grave.
Abbiamo poi il giornalismo. Un tempo il famigerato Quarto Potere, oggi una rincorsa sfrenata alle breaking news, tramite la diffusione massiva di articoli usa e getta, più per sfruttare l’avvenimento del giorno che per raccontarlo. Una forma di sciacallaggio che passa dalla disinformazione al freebooting di contenuti virali, giusto per far su due spicci pure da quello. Ci si frega gli articoli a vicenda, li si ricarica sui social network per elemosinare qualche visualizzazione e forse una condivisione, e per giustificare il fatto che si pubblica un articolo non prodotto da sé si aggiunge la comoda dicitura “trovato su internet“. Trova l’articolo, o ricevilo per segnalazione, copincollalo sul sito, condividi. Copiare di pari passo il lavoro altrui, magari nella falsa convinzione che “Internet è di tutti”, non dà nulla. Anzi, può dare soddisfazione momentanea (ed in certi casi economica) in termini di visualizzazioni, di like, ma in sostanza non è un piacere personale, e soprattutto non dà valore alla testata. È il piacere di qualcun’altro che abbiamo deciso di fare nostro, un valore che ci siamo presi e non ci appartiene. È cucire insieme della plastica cinese e dire di avere una Louis Vuitton…
Intendiamoci: è normale prendere spunto, documentarsi, prima di esprimere un opinione, ma il plagio è una roba diversa. Il copia-incolla feroce, l’attribuirsi la creazione di un pensiero soltanto perché lo si condivide ferisce il pensiero vero. E lo uccide se ciò è perpetrato dai media che, in teoria, dovrebbero insegnarci a pensare; i modi per controllare la paternità di un testo sono tantissimi (questo, per esempio): l’ignoranza non può essere una scusa.
E comportarsi in questo modo è reato poiché sono le parole stesse, la scelta linguistica, l’elaborazione alla base del testo che ne fanno materia tutelabile dalla legge. L’opera in sé, data da questi elementi, è interamente tutelata dal diritto d’autore italiano; non è vero che ciò che si trova su internet è di tutti. E appropriarsi del lavoro altrui è immorale, perché chi informa ha il dovere di farlo con un’etica che non è quella da social network.
Dietro a un testo come quello che state leggendo ci sono ore di lavoro, diverse persone che ne controllano ogni aspetto e anche una discreta quantità di soldi per fare in modo che tutto funzioni a dovere. Appropriarsi di tutto questo e copincollarlo sotto al proprio logo è immorale. Fra la ricerca e il plagio passa una distanza immensa, e fra questo e la pigrizia ancora di più, e un articolo non è un meme.
Ma non finisce certamente qui. Altri loschi figuri ancora hanno partorito due bufale; una è quella secondo cui Renzi abbia falsificato la magnitudo del terremoto per evitare di inviare gli aiuti alle zone colpite dal sisma (del debunking si è presa cura La Stampa in questo articolo). L’altra invece è probabilmente la proposta del mese, ovvero requisire il montepremi del SuperEnalotto a scopi sociali. Pecca negativa è che è sostenuta da parlamentari della Repubblica Italiana, persone (teoricamente) preparate chiamate a decidere delle nostre vite, e che ci si aspetterebbe sappiano riconoscere un’idea fattibile da una che è palesemente una baggianata. Pecca ancora più grave di questa perla sono tutte le persone che vanno dietro all’idea di fare beneficenza con i soldi degli altri; attualmente su Change.org ci sono oltre 300.000 firme a sostegno di questa petizione, e vogliamo sperare siano tutte false. Anche se sappiamo benissimo che non è così.
Avremmo potuto ancora alzare il livello e parlare dei vegani contenti del fatto che il comune Amatrice (paese originario degli spaghetti con l’omonima ricetta) sia stato colpito dal terremoto per una sorta di legge di compensazione cosmica, e religiosi convinti che questo cataclisma sia dovuto all’approvazione della Legge Cirinnà. Per rispettare quel minimo di decenza che ci piace pensare di avere, non ne parleremo, lasciando soltanto un accenno, e voi resterete a chiedervi se stiamo scherzando oppure no. E questo da solo è un indice di quanto in basso siamo caduti.
Oggi abbiamo visto una carrellata del peggio di internet; quello sotto cui non si può scendere.
In un momento come questo, dove non si sa nulla di quali siano i danni effettivi e si spera che il conto delle morti si fermi, la comunicazione deve essere ponderata alla virgola, e non gettata come cibo agli affamati.
Mattia Conselvan, Michele Corato e Rodolfo Bevione
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