Buongiorno piccoli attentatori cinematografici!
Non è curioso che il tizio che ha fatto secchi gli spettatori di Denver fosse uno studente di Neuroscienze fallito? A me la cosa ha fatto molto riflettere: già, perché nel mio mondo di gente spostata se ne vede parecchia, ma di solito la loro eccentricità è incanalata nella creatività scientifica e nell’originalità dell’argomento che vanno a studiare. Abbiamo già parlato in passato di colleghi che scelgono di fare ricerca, in modo più o meno rigoroso, su argomenti complicati come la spiritualità. Oggi vorrei riprendere questo argomento, prendendo spunto da un famoso articolo scritto da due grandi neuroscienziati italiani che si sono interrogati sul fenomeno della Neuromania: ovvero, la tendenza a voler cercare a tutti i costi le spiegazioni neurali di qualsiasi fenomeno umano, dalla predilezione per i cibi, al senso della morale, ai correlati cerebrali del dolore viscerale causato dalle pompette in culo (vi giuro che questo studio esiste).
A che pro tutto ciò?? Ci frega veramente qualcosa di sapere quale area del cervello è coinvolta nella scelta della marca di patatine? (E pensate, nel caso di Rocco Siffredi poi non è nemmeno il cervello a scegliere!). E poi suvvia, bene o male siamo tutti diversi, quello che viene fuori dagli studi che usano tecniche di neuroimmagine è solo una media delle attivazioni dei cervelli dei partecipanti all’esperimento. Per cui, secondo il buon vecchio Carlo Arrigo, studiare il cervello ha un senso solo fino a quando si scelgono processi mentali di base, ben delineati a livello operazionale e del cui funzionamento siamo certi nella maggior parte della popolazione, mentre perde di valore se andiamo alla ricerca spasmodica delle aree responsabili dell’amore, del senso di Dio, della morale e via dicendo. Insomma, si rischia di fare la fine di Gall, il padre della frenologia, che aveva inventato delle funzioni mentali a cazzo di cane piazzandole qua e là in giro per il cervello. Hanno ragione i due provocatori scienziati? Io certamente non sono nessuno per rispondere, ma dico la mia: tutto può essere studiato se non si fanno esperimenti alla pene di segugio e se si sceglie oculatamente la variabile da misurare insieme alla sua condizione di controllo.
Il problema ulteriore (come direste voi, il kanker delle Neuroscienze), ciò che mi manda letteralmente in bestia, è l’uso scriteriato che fanno invece coloro che di neuroscienze non capiscono una minchia, per trovare spiegazione a fenomeni più complessi in base a ritrovamenti scientifici altrui. Faccio un esempio: gli stramaledetti Neuroni Specchio. Anni fa, in un laboratorio che registrava le attività elettriche dei neuroni delle scimmie, si scoprì PER PURO CULO che alcuni neuroni nella corteccia visiva della scimmia “sparavano” sia quando la scimmia afferrava i pezzetti di cibo a lei destinati, sia quando la bestiola vedeva lo sperimentatore fare lo stesso gesto. Da qui nacquero tutta una serie di lavori alla ricerca spasmodica di questi neuroni anche nell’uomo, che secondo alcuni avrebbero provato rivoluzionariamente l’esistenza di un sistema per la comprensione delle azioni (e fin qui ancora ancora) ma anche per la comprensione delle intenzioni altrui (e già qui partiamo coi voli pindarici), fino al linguaggio e perfino l’empatia (wtf???). L’onda dei Neuroni Specchio è stata cavalcata ampiamente da gente che ha pubblicato su fior fior di riviste come Nature e Science. Ma la cosa che mi ha fatto rageare più prepotentemente è stato il sentir affermare da più di uno psicoanalista che finalmente è stata scoperta, grazie ai Neuroni Specchio, la base cerebrale del transfert, ovvero il rapporto che lega paziente e analista! E lì giuro bestemmio. Come si fa a ridurre una cosa complessa come un legame affettivo ad una rete di neuroni che sparano quando i soggetti compiono azioni semplici? Gli esperimenti di neuroimmagine vanno a indagare piccolissime componenti di quello che può essere un processo mentale così complesso, pertanto è totalmente idiota affrettarsi ad affascinanti conclusioni “neuro” quando siamo ancora lontanissimi dal farci un quadro generale.
Peraltro, è provato sperimentalmente come la gente neuro-nabba come voi -e come gli psicanalisti- abbocchi più facilmente a pseudoteorie scientifiche farlocche quando queste sono corredate da sedicenti ritrovati cerebrali.
D’altronde i giornalisti stessi adorano riempirsi la bocca di spiegazioni “neuro”, l’ultimo mio facepalm in merito risale a un articolo della serie HUR DUR ANO TROVATTO LE BASI NEHURALI DI FECEBOOK! HIHIHI. Cosa??? Avrete letto anche voi qualche cosa in merito (esempio a caso). Titoloni sensazionali che rivelavano che il numero di amici su facebook correla con l’avere un cervello più grande. WUT. In realtà poi vai a leggere l’esperimento e scopri che sì, chi ha più amici su faccialibro ha anche alcune aree cerebrali più sviluppate, ma sono anche le stesse che sono coinvolte nella ricerca del piacere sessuale, del cibo, delle droghe. E allora mi spieghi cosa cacchio significa? Quali altre variabili hai controllato, o mio caro sperimentatore? Non può essere il contrario, e cioè che chi è più propenso ai “piaceri della vita” sia anche più socievole e quindi ha più amici? O magari il dato è trascinato da individui più propensi alle dipendenze, come quella da facebook? Insomma miei piccoli topini albini state attenti, non fatevi infinocchiare anche voi dalla neuro-mania: usatelo, quel cazzo di cervello!
Parola di Dottor Sucks: il cervello è bello, ma con moderazione.
Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
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Il Dr Oliver Sucks nasce numerosissimi anni fa in un paesino imprecisato del Uaiòming. Dopo un’infanzia e un’adolescenza assolutamente mediocri, si iscrive al corso di Psicologia e Neuroscienze della scuola Radioelettra di Torino e si laurea col massimo dei voti. Consegue poi un dottorato in Neurotuttologia alla CEPU e infine corona il suo sogno scientifico diventando emerito professore di Cognitive Neuroscience alla Fave University. Da qualche tempo, nei momenti liberi tra un simposio, una conferenza e una frustata ai suoi dottorandi, si dedica alla divulgazione di argomenti neuroscientifici per voi giovani topini da laboratorio di IMDI. E’ anche un accanito fan degli Elio e le Storie Tese, nel caso non ve ne foste già accorti. http://www.facebook.com/ilDottorSax
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