Il 9 settembre l’attesa in vista del rilascio del nuovo album dei Devin Townsend Project, intitolato “Transcendence”, terminerà. Dalle tracce che hanno fatto la loro comparsa sulla rete, si sente già odore di una gran bella release per gli amanti del musicista canadese. A quasi due anni dall’uscita del doppio album “Sky Blue/Z2”, Devin sembra godere di ottima forma.
Fino ad ora sono uscite 3 tracce del nuovo album: Failure, molto “djenteggiante”; Secret Sciences, che ricorda le atmosfere di “Terria” (2001) ed “Epicloud” (2012) e Stormbending, con tonalità che rimandano ad “Accelerated Evolution” (2003).
Ripercorrere la carriera di HevyDevy porta a capire l’evoluzione che ha subito il suo sound, dagli inizi con gli Strapping Young lad, fino ai progetti solisti.
Tutto inizia nel 1993: con il nome Noisescapes, viene messo sotto contratto dalla Relativity Records e poco tempo dopo viene contattato da Steve Vai che rimane impressionato dall’estensione vocale del canadese. Con Townsend alla voce, il chitarrista americano pubblica l’album “Sex & Religion”, di cui poco dopo partirà un tour mondiale. A Devin, però, questa collaborazione va stretta, vuole sentirsi libero di creare e di dare sfogo a tutti i suoi sentimenti.
Nel 1994 fonda gli Strapping Young Lad (SYL) e l’anno successivo pubblica l’album di debutto “Heavy as a Really Heavy Thing”. Non avendo ancora una formazione stabile, Devin suona quasi tutti gli strumenti da solo, ed il risultato è questo: quasi 40 minuti di riffoni, batteria infaticabile e odio verso il mondo. La formula funziona: è un misto di industrial metal, extreme e death; il tutto condito dalla voce di Townsend, un perfetto collante che tiene insieme in maniera magistrale questo pesantissimo misto di generi.
Dopo aver trovato una formazione stabile (Devin voce e chitarra, Jed Simon seconda chitarra, Byron Stroud basso e Gene “Atomic Clock” Hoglan alla batteria), nel 1997 gli Strapping Young Lad pubblicano il loro secondo album, “City“.
Cos’è City? Per farla breve, è la cosa migliore capitata al metal negli ultimi vent’anni. City è disagio urlato nel microfono e accompagnato da riff di chitarra al fulmicotone e una batteria che martella il cervello. Per. Quaranta. Minuti. Il tema trattato dall’album è palese, lo si capisce subito dall’urlo iniziale di All Hail The New Flesh: il mondo fa schifo, Devin si sente estraniato e solo e quale modo migliore per esprimerlo se non prendendo a pugni in faccia l’ascoltatore per tutta la durata dell’album. I riff di chitarra si legano perfettamente ai suoni elettronici, il tutto accompagnato dalla precisione della batteria di Hoglan. A cosa è paragonabile questo lavoro? Ad un tir lanciato a velocità mach 2, ad un diretto di Tyson, allo scoppio di un ordigno termonucleare, è un bombardamento sonoro che difficilmente potrà essere replicato. City è il disturbo bipolare di cui soffre il cantante messo in musica.
Nello stesso anno, il musicista canadese fa uscire, sotto propria etichetta, la HevyDevy Records, “Ocean Machine: Biomech“. Biomech ha un sound completamente diverso da quello degli Strapping: un album più tranquillo, più easy listening, ma non per questo meno complesso, che spazia dall’ambient al prog. Pezzi come Life o Regulator sono diventati fissi durante i concerti.
È proprio con la pubblicazione di Ocean Machine che emerge la versatilità stilistica e vocale di Devin: City era un colosso industriale, cupo e ansiogeno; Biomech ricorda un vasto oceano del blu più profondo nel quale perdersi.
Il periodo Biomech corrisponde anche ad uno di pausa dagli SYL, dove Townsend si concentra maggiormente sulla produzione solista: nel 2000 rilascia “Physicist“, reputato da lui stesso il punto più basso della sua carriera.
Gli Strapping Young Lad tornano in studio nel 2002 dopo cinque anni di stop, per registrare l’album omonimo.
“Strapping Young Lad” viene pubblicato nel 2003: la batteria è ben presente, i riffoni ricordano più il death che l’industrial del precedente disco, ma l’album rimane inferiore rispetto al suo predecessore: non ha la sua stessa carica emotiva, non “spinge”, sembra quasi svogliata se paragonata al lavoro di cinque anni prima. Laddove il precedente disco metteva subito in chiaro quanto odio Devin provasse per ciò da cui era circondato, SYL risulta più fiacco e privo di quel mordente che aveva caratterizzato lo scorso lavoro della band.
Contemporaneamente, Devin trova la formazione definitiva per la Devin Townsend Band, il suo progetto solista. Il primo album della DTB, “Accelerated Evolution“, vede la luce nello stesso anno di SYL. Questo si pone agli antipodi dell’album della band canadese: è sì pesante, ma è anche più melodico, più “allegro” e lo si sente fin dal primo ascolto. Le tracce sono più mature di quelle di Physicist ed è, insieme a Terria, un album che andrà ad inquadrare lo stile solista di Townsend, staccandolo nettamente da quello del progetto principale.
Gli SYL rientrano in studio per incidere il loro quarto album, “Alien“, che viene registrato e mixato nel 2004 e rilasciato l’anno successivo. Per inciderlo il musicista canadese smette di prendere i medicinali prescritti a causa del suo disturbo bipolare, che frenavano la sua vena creativa. Come da lui affermato durante un intervista: «Smettere di prendere i medicinali mi ha insegnato che mi servivano. Il disco parla della ricerca dei propri limiti e l’ultima traccia è quello che scopri, e scopri di non riuscire a sopportarlo». Alien è il vero successore spirituale di City: pesante, megalitico, come una cupa arcologia cyberpunk; è lì, sai che c’è, che ti sovrasta con la sua mole e che ti fa sentire insignificante. Basta ascoltare Skeksis, il secondo pezzo, per capirlo: la voce; la batteria di Hoglan, le chitarre a motosega; è tutto fatto per prendere l’ascoltatore, farlo a pezzi, masticarlo e sputarlo e ricominciare da capo, per tutta la durata dell’album. Alien è allo stesso livello di City, sempre quel mix industrial/death che piace tanto, sempre quel pugno che spacca i denti; è tecnico ma non stufa anzi, fa venire voglia di ascoltarlo a ripetizione. I riff reminescenti della release del ’97 sparati a mille, le urla di Dev, tutto si fonde alla perfezione per far sì che City e Alien siano due lavori complementari tra loro. Le recensioni parlano chiaro: “City è di poco migliore di questo che rimane comunque un must have“; “così intenso da spaccare i denti“; “gli SYL hanno di nuovo alzato il livello dell’asticella, provando che non importa quanto le nuove band si impegnino; nessuno batte i maestri“.
Devin ha sempre voluto creare una netta divisione tra gli album composti con il gruppo principale e quelli da solista o con la Devin Townsend Band. Ogni disco è atto a rappresentare una parte della sua personalità: quelli più duri, scritti con gli SYL, erano l’espressione della rabbia e del disagio di un ragazzo bipolare che odiava la società; i suoi progetti solisti o con la DTB, come “Synchestra“, scritto come “antagonista” di Alien, è un album rilassato e più influenzato da altri generi (come la polka in Vampolka, musica mediorientale in Pixillate e folk tradizionale in Sunset). Il suono delle chitarre in City è in parte reminescente di quello sentito in “Demanufacture” dei Fear Factory, la differenza sta nella velocità dell’esecuzione che è tirata a mille nel primo disco e non da tregua all’ascoltatore, mentre nel secondo è lenta e martellante. Ogni release è quindi atta a manifestare una parte della personalità del polistrumentista canadese.
Nel 2006 decide di ritirarsi a vita privata, si rende conto che tra tour e registrazioni non passa abbastanza tempo con la sua famiglia. In questo periodo di “relax” completa il suo secondo album ambient,” The Hummer“. È possibile intuire come la produzione musicale di Townsend sia anche influenzata dal suo stato d’animo: senza l’oppressione di stare in tour per mesi si dedica alla produzione di un sound più leggero, con un album ambient e con “Ziltoid“, una space rock opera umoristica che ha come protagonista l’alieno Ziltoid che giunge sulla Terra per trovare «the ultimate cup of coffee».
Dopo aver smesso di bere e fumare e dopo essersi tagliato i suoi caratteristici capelli, Dev raggiunge la consapevolezza che senza la droga comporre musica gli riesce difficile. Passa un anno solamente a produrre album per poi tornare a scrivere una volta capito come farlo senza l’aiuto di droghe. Nel corso di due anni, dal 2009 al 2011, decide di incidere su cd il materiale scritto in quel periodo di presa consapevolezza del proprio io. il suo obiettivo è di pubblicare 4 album sotto il nome di Devin Townsend Project per definire la sua identità musicale. “Ki“, il primo, è stato definito dal canadese stesso come “melodico e tranquillo”, il suono è il manifesto del cambiamento di Dev: basta fumo, alcool e droghe, Ki è la nascita di una persona nuova. La seconda entrata del progetto è “Addicted“, che vede il ritorno delle chitarre distorte, nel pieno stile townsendiano da post scioglimento SYL. È facile da ascoltare, con pezzi molto catchy e che riprendono lo stile di “Terria” e “Accelerated Evolution”. Gli ultimi due album del progetto, “Deconstruction” e “Ghost“, vengono rilasciati contemporaneamente nel 2011. Deconstruction evolve ancora il suono di Townsend verso un più tipico prog metal ed è uno dei suoi album più complessi, è la somma di tutta la sua carriera e il risultato è un album strabiliante ed eccentrico. Ghost è l’opposto di Deconstruction, dal metal all’ambient e new age. È diverso da Synchestra, è diverso da The Hummer, è diverso da qualsiasi cosa abbia mai composto. È un viaggio in quella sezione di personalità più tranquilla e in pace con il suo essere, il completamento del processo di trasformazione del ragazzo disfunzionale in uomo nuovo che ha abbandonato le tendenze autodistruttive.
È facile intuire perchè Townsend sia uno degli artisti più geniali e con più sfumature nel panorama metal e non solo, non ci sono due album che suonino allo stesso modo: c’è qualche rimando a lavori precedenti, ma non sono mai così incisivi (sempre prendendo d’esempio i Fear Factory, Demanufacture e il suo successore Obsolete hanno il medesimo suono).
Dopo una carriera di più di 23 anni e 23 album pubblicati (tra poco 24 con l’arrivo di “Transcendence”) Devin non è intenzionato a fermarsi, e di ciò gli si può solo essere grati.
Classe 1992. Sin dalla tenera età di 6 anni affamato videogiocatore. Cresciuto a pane e pc games, solo negli ultimi anni si è dotato di qualche console, rimanendo comunque fedele al suo credo originale.
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