Il nuovo governo presieduto da Paolo Gentiloni ha ottenuto la fiducia sia alla Camera dei Deputati che al Senato, ed è quindi entrato in pieno possesso delle sue funzioni. È il sessantaquattresimo governo della Repubblica Italiana e il terzo di questa legislatura, dopo quelli Letta e Renzi. Il nuovo esecutivo si è formato in seguito alla crisi di governo seguita alle dimissioni di Matteo Renzi da presidente del consiglio, presentate il 7 dicembre alla luce della netta bocciatura della riforma costituzionale nel referendum costituzionale del 4 dicembre. La formazione del governo Gentiloni è stata molto rapida: l’11 dicembre il Presidente della Repubblica Mattarella, dopo essersi consultato con tutti i gruppi parlamentari, ha incaricato Gentiloni, ministro degli Esteri del governo Renzi, di formare un nuovo esecutivo, che è stato presentato ed ha prestato giuramento già il giorno successivo. La maggior parte dei ministri è stata riconfermata nell’incarico che ricopriva in precedenza, oppure faceva già parte dell’esecutivo seppure in altri ruoli: anche per questo la formazione della squadra di governo è stata così rapida.
Paolo Gentiloni: Di Roma, discendente della famiglia nobile dei Gentiloni Silveri, è laureato in scienze politiche e giornalista professionista. Entrato in politica in gioventù in movimenti di sinistra extraparlamentare, si interessa poi alle cause ambientaliste legandosi a Francesco Rutelli. Quando Rutelli viene eletto sindaco di Roma, Gentiloni è il suo portavoce; nella giunta comunale ricopre la carica di assessore al turismo, occupandosi della difficile gestione del Giubileo del 2000. La sua carriera politica nazionale è iniziata con l’elezione in Parlamento nel 2001 nelle file de La Margherita, in seguito è stato ministro delle comunicazioni nel governo Prodi II. Avvicinatosi a Matteo Renzi, diviene ministro degli esteri del suo governo il 31 ottobre 2014, sostituendo Federica Mogherini (divenuta Alto Rappresentante dell’Unione Europea). Ha indicato come priorità del suo governo la ricostruzione post-terremoto, il rafforzamento della ripresa economica e dell’occupazione, lo sviluppo del Sud e il continuare con le riforme. È stato preferito ad altri possibili candidati principalmente per due motivi: la sua conoscenza della politica estera e degli ambienti diplomatici (nel 2017 infatti spetteranno all’Italia la presidenza del G7, la presidenza dell’OCSE e un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU) e il suo essere una figura moderata, di mediazione tra le varie aree del PD.
Maria Elena Boschi: Forse l’esponente più noto della corrente renziana del PD, nel governo precedente ricopriva le cariche di ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il parlamento. Ora diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio (ruolo che era di Minniti, divenuto ministro dell’Interno) ed è la prima donna a ricoprire questa funzione. Promotrice della riforma costituzionale respinta dal referendum popolare del 4 dicembre, l’opportunità della sua presenza nel nuovo governo è stata fortemente criticata dalle opposizioni, sia per via di alcune dichiarazioni fatte in campagna elettorale – interpretate come una promessa di ritirarsi dalla politica in caso di vittoria del no al referendum – sia per il suo coinvolgimento nello scandalo Banca Etruria: Pierluigi Boschi, padre del ministro, era vicepresidente della Banca ma, sebbene sia stato sottoposto ad indagini, è stato scagionato.
Angelino Alfano: È stato ministro della Giustizia nell’ultimo governo di Berlusconi e ministro dell’Interno nei governi Letta e Renzi; ora passa dal Viminale alla Farnesina, sostituendo Gentiloni. Alfano era considerato l’erede politico di Silvio Berlusconi, ma si è distaccato dal leader di Forza Italia nel 2013, in dissenso con la linea del partito di non dare più fiducia al governo Letta, per formare una propria formazione: Nuovo Centrodestra (NCD). NCD sostiene il governo ed il suo apporto è fondamentale per il raggiungimento della maggioranza al Senato.
Marco Minniti: Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti sia nel governo Letta che in quello Renzi, ruolo che aveva già ricoperto in passato durante i governi di D’Alema, ha 60 anni e una lunga esperienza politica alle spalle. Considerato un esperto di intelligence e sicurezza, prende il posto di Alfano come ministro dell’Interno.
Andrea Orlando: Confermato ministro della giustizia, Orlando è uno dei membri principali dell’importante corrente del PD dei Giovani Turchi, tanto che era stato indicato da alcuni come possibile successore di Renzi a Palazzo Chigi. Fa parte della commissione parlamentare antimafia e della commissione bilancio; è stato ministro dell’ambiente nel governo Letta.
Roberta Pinotti: È rimasta ministro della difesa, prima donna a ricoprire l’incarico. Insegnante alle superiori, parlamentare dal 2001, prima di diventare ministro è stata presidente della commissione difesa; fa parte della corrente del PD che fa capo a Franceschini.
Pier Carlo Padoan: Confermato ministro dell’economia, è un tecnico, sebbene vicino ad ambienti di centrosinistra (è stato presidente della fondazione Italianieuropei, fondata da Massimo d’Alema). È stato capo economista dell’OCSE e ha ricoperto numerosi ruoli di consulenza, durante la crisi di governo indiscrezioni di stampa lo davano molto vicino a diventare il nuovo presidente del consiglio in quanto figura rassicurante per i mercati finanziari. Rimasto in via XX settembre, dovrà far fronte all’urgenza di risanamento del sistema bancario italiano e, in particolare, all’eventualità di una partecipazione pubblica all’aumento di capitale di Monte dei Paschi di Siena.
Carlo Calenda: Resta in carica come ministro allo sviluppo economico. Prima di entrare in politica, inizialmente con Scelta Civica poi confluendo nel PD, era dirigente d’azienda, con esperienze in Ferrari e Sky.
Maurizio Martina: Mantiene il ruolo di ministro delle politiche agricole, incarico che gli ha permesso di avere un ruolo di primo piano nella gestione dell’EXPO di Milano del 2015. Fa parte della minoranza PD.
Gianluca Galletti: Unico ministro in quota UDC, rimane ministro dell’ambiente.
Graziano Delrio: Confermato nell’incarico di ministro di infrastrutture e trasporti, dovrà confrontarsi con temi come la fusione tra FS e Anas e la crisi di Alitalia. Medico, è stato sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013 e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, durante il governo Letta era ministro alle autonomie locali e regionali. È considerato molto vicino a Matteo Renzi.
Giuliano Poletti: Mantiene il ministero del lavoro, ma potrebbe dover rimettere mano al Jobs Act, uno degli atti più importanti del Governo Renzi, per evitare un referendum volto a modificarne una parte. Presidente di LegaCoop dal 2002 al 2014, seppure dichiaratamente di sinistra Poletti è un indipendente, non essendo iscritto a partiti politici.
Valeria Fedeli: Sindacalista, vice-presidente del Senato, sostituisce al Miur Stefania Giannini, unico membro del governo Renzi a non ricoprire un altro incarico con Gentiloni. Gli analisti commentano la sua presenza nel nuovo governo come tentativo di ricucire il rapporto con gli insegnanti dopo le numerose critiche subite dalla riforma della buona scuola, tuttavia è già finita al centro delle polemiche per l’aver inserito nel curriculum una laurea in Scienze Sociali in realtà mai conseguita. Fedeli si è difesa spiegando che si è trattato di un “errore lessicale” nella compilazione della sua biografia.
Dario Franceschini: Resta in carica al Mibact. Franceschini è a capo della corrente cattolico-democratica del PD (AreaDem), la più numerosa in Parlamento, motivo per cui durante la crisi di governo sono circolate voci su suoi presunti accordi interni al partito per gestire la formazione del nuovo governo. Avvocato e scrittore, ha alle spalle una lunga militanza politica, è stato anche segretario nazionale del PD e ministro per i rapporti col Parlamento del governo Letta.
Beatrice Lorenzin: Rimane ministro della salute, carica che ricopre fin dal governo Letta, nonostante i recenti imbarazzi per campagne di comunicazione molto discusse come quella sulla fertilità. Lorenzin è deputata di NCD alla seconda legislatura, in passato è stata coordinatrice nazionale dei giovani di Forza Italia.
Anna Finocchiaro: Va a ricoprire il ruolo di ministro dei rapporti col Parlamento che era di Maria Elena Boschi, avrà il difficile ruolo di mediare con le varie forze dell’opposizione per varare una legge elettorale condivisa dal più ampio spettro politico possibile. Parlamentare dal 1987, magistrato, già ministro per le pari opportunità durante il governo Prodi I, dal 2013 è presidente della commissione affari costituzionali, organo che ha stilato il testo della riforma costituzionale poi respinta dal referendum.
Maria Anna Madia: È stata confermata ministro per la funzione pubblica, tuttavia parte della riforma della Pubblica Amministrazione che prende il suo nome è stata giudicata incostituzionale e pertanto l’impegno immediato del ministro dovrà essere apportare i correttivi necessari ad evitare che la riforma fallisca.
Enrico Costa: Deputato di NCD e parlamentare dal 2006, resta ministro per gli affari regionali con delega alla famiglia.
Claudio De Vincenti: Già sottosegretario allo sviluppo economico nei governi Monti e Letta, nel governo Renzi era sottosegretario con delega alla coesione territoriale, mentre nel nuovo esecutivo è ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. Professore di economia politica, ha 68 anni e una lunga carriera di consulente alle spalle, il suo compito come ministro sarà gestire l’utilizzo dei fondi garantiti dai Patti per il Sud (115 miliardi fino al 2023).
Luca Lotti: Passa da sottosegretario alla presidenza del Consiglio a ministro senza portafoglio allo sport con deleghe all’editoria. Lotti è ritenuto essere il braccio destro di Renzi, con cui collabora dal 2006 e di cui fu capo di gabinetto nelle amministrazioni prima della provincia e poi del comune di Firenze.
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