Quando lessi il saggio di Jonathan Swift, analizzato qua sotto, era l’inizio del 2011 e Benedetto XVI sciabattava ancora con le sue Prada per il Vaticano. Oddio, lo fa ancora adesso, ma allora parlava anche dalle finestre e proponeva i suoi celebri menù di Pasta all’Odio e Pasta con la Violenza. In quei giorni i giornali pubblicavano in prima pagina il motu proprio del pontefice che intendeva riformare lo IOR, l’istituto bancario della Chiesa Cattolica la cui trasparenza ricordava e ricorda il catarro di un tabagista affetto da tisi. La tanto paventata “rivoluzione” di Ratzinger si prefissava di migliorare la governance della banca, al fine di permetterle di uscire dalla black list fiscale-finanziaria. Ebbene, gli scandali di questa settimana – sono stati arrestati un monsignore, un ex funzionario dei servizi segreti e un broker finanziario – fan pensare che quella riforma non fu implementata, come dire, da Dio. Per questo motivo, riproponiamo quanto scrissi riguardo alla vera rivoluzione in campo bancario-religioso: la banca della bestemmia.
Il buon Johnny Swift, nel Saggio sulle bolle inglesi del Sig. Thomas Hope, parlava di un progetto riguardante la creazione in Irlanda di un istituto finanziario mezzo statale mezzo privato veramente alternativo e profittevole: la banca della bestemmia. Pensando alla recente crisi nel paese della Guinness, quanta lungimiranza in poche righe: “Sottoscrivere azioni bancarie senza conoscerne il progetto, è come se dei gentiluomini approvassero dei discorsi senza conoscerne il contenuto” affermava l’autore irlandese, aggiungendo che senza la tutela di una legge statale le banche, pur possedendo garanzie come i possedimenti terrieri, non reggerebbero ad una corsa agli sportelli e di conseguenza ai fallimenti: Basilea III ‘sto paio di VaR.
Il progetto era così composto: i sottoscrittori privati versavano (tanto) capitale che veniva inizialmente utilizzato per pagare i dipendenti della banca. Questi, grazie ad una legge parlamentare, avevano il diritto di girare per le strade e multare ogni persona che bestemmiava con un’ammenda di uno scellino. Swift faceva velocemente due conti, ottenendo risultati straordinari. L’Irlanda dell’epoca contava due milioni di abitanti: stimando che una buona metà era adusa a far precedere o seguire il nome di una divinità con quello di un animale, e suddividendo la frequenza di blasfemie tra gentiluomini e contadini, lo scrittore assicurava un cash flow annuo minimo di 282.500 sterline (dell’epoca) che, calcolatrice alla mano, mi risultano essere qualcosa come 5 miliardi e mezzo di bestemmie all’anno (una sterlina = 20 scellini)! Cosa fare dei soldi ottenuti? Oltre che per ripagare i sottoscrittori e pagare i dipendenti, secondo l’autore andavano utilizzati per costruire e sostenere opere pubbliche come il sistema scolastico: come fare del bene sfruttando il male.
Il progetto tra l’altro vietava tassativamente di concedere licenze di imprecazione e di usare il profitto a fini di devozione: “Tale pratica scandalosa è degna solo della Santa Sede, dove i proventi scaturiti dalle licenze concesse per il meretricio sono adoperati ad propaganda fidem” (in Italia la Chiesa tassava le baldracche di Milano per costruire il Duomo). Invece, riconoscendo l’uso terapeutico dell’imprecazione nel “consentire ai polmoni di ripulirsi da umori ristagnanti”, l’autore (il quale, si noti, era anche Decano della Cattedrale di St. Patrick a Dublino) sottolineava come, esibendo una ricetta firmata dal medico, fosse possibile pagare soltanto mezzo scellino (cioè il 50% dell’ammenda); trattamento di assoluta impunibilità spettava inoltre ai militari affinché essi, in periodi bellici dove secondo le stime si registravano 300 imprecazioni all’ora, non dovessero cedere le armi al Monte dei Pegni: “Giacché i papisti e le persone a noi ostili trarrebbero grande gioia dallo spettacolo delle nostre truppe ridotte senza armi da fuoco né spade per eccesso di espressioni blasfeme.”
Un progetto così profittevole dal punto di vista economico potrebbe incorrere in obiezioni da quello morale: si potrebbe infatti affermare che il progetto sia possibile solo in uno Stato che incoraggia la bestemmia per fini economici. Eppure i benefici non vanno a favore dei bestemmiatori, i quali anzi vengono multati per ogni santone tirato giù dal cielo, mentre a goderne è la comunità totale.
Concludendo: questa sì che è una riforma bancaria, altro che il motu proprio di Benedetto, e gli accorati appelli di Francesco. In questo modo, con una tassa piuttosto simbolica, si riescono comunque a raccogliere i fondi per far ripartire l’economia attraverso quel mastodontico piano di opere pubbliche che ricorda il modello Roosveltiano, il quale, come sappiamo, bestemmiava più di un toscano quando si tira una martellata sul dito.
Infine, vi lascio riflettere su una questione di tipo fiscale. Data l’imposta sulle smadonnate, il federalismo fiscale potrebbe amplificare o meno la disparità di raccolta fondi nelle regioni italiane, a favore di Lombardia, Veneto, e Toscana? Lascio a voi la risposta.
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
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