Ciccioni in parrucca che urlano: questa è la prima cosa che viene in mente quando si pensa all’opera lirica. Fortunatamente, questo stereotipo, ancora vivo, appartiene alle opere del passato: nell’ultimo secolo anche la musica ha avuto i suoi Pollock, i suoi Picasso, i suoi Hirst. Il mondo dell’opera è vivo e vegeto, nonostante l’età media (sessant’anni) si sia alzata vertiginosamente nell’ultimo secolo, complice la complessità del linguaggio musicale e l’abbassamento della soglia dell’attenzione. E accanto a opere più tradizionali (nell’aspetto esteriore almeno, non tanto in quella musicale) come “Alice in Wonderland” di Unsuk Chin, nella lirica del ‘900 i compositori hanno esplorato tutti i possibili limiti dati dall’unione di musica, testo e recitazione. Ecco alcune delle opere più strane degli ultimi cento anni, una carrellata che va dagli anni trenta a oggi, per ricordarci che non si vive di soli musical.
Questo compositore italiano detiene l’attuale record del mondo per l’opera più breve della storia: otto secondi. Nell’ultimo secolo c’è stata una vera e propria corsa alla brevità, con opere come “L’enlèvement d’Europe” di Darius Milhaud (otto minuti), “Sands of Time” di Peter Reynolds (tre minuti e trentaquattro secondi) e “The Contact Lens” di Lionel Ziblat (trenta secondi). Sembra che i tempi di Wagner siano finiti…
… o forse no, visto che quest’ora dura la bellezza di cinque ore. Senza interruzioni. Il compositore, famoso oggi anche per le colonne sonore di film come “The Truman Show”, giunse alla popolarità proprio grazie a quest’opera. Se sperate in una trama avvincente, vi sbagliate: non c’è trama, non ci sono dei veri e propri personaggi, quanto più delle situazioni che si ripresentano e una simbologia che riconduce ad eventi della vita dello scienziato, tant’è che il libretto che gli spettatori si trovavano in sala era un insieme di immagini, scritte varie, più una sorta di “preparazione” a quello che si andava a vedere e sentire. La musica, ripetitiva ed ossessiva, cambia in modo estremamente graduale, uno dei tipici tratti del minimalismo. Probabilmente per evitare suicidi in sala, l’opera viene eseguita a porte aperte, con la possibilità di entrare ed uscire in qualsiasi momento, per volontà dell’autore stesso. Non è mai stata registrata integralmente, ma “solo” al massimo in una versione ridotta di tre ore.
Abbiamo visto opere dalle lunghezze assurde, ma alla fine sempre con attori, cantanti e ballerini. Perché non andare oltre, con un’opera senza attori? O meglio, con un solo attore, virtuale? Così nasce “The End”, un’opera che fa uso solo di elettronica, la cui rappresentazione è affidata a delle proiezioni e la cui protagonista è… Hatsune Miku. Chi frequenta quella parte di internet appassionata di anime e manga ben conosce la voce sintetizzata più popolare del Giappone, caratterizzata anche da una rappresentazione visiva ben specifica, insomma, con una vera e propria identità, per quanto virtuale. The End, oltre che essere stata eseguita nei più importanti festival di musica contemporanea del mondo, fa uso anche di costumi creati appositamente da Luis Vuitton. Virtuali, ovviamente.
Rimanendo in tema di strane strumentazioni, quest’opera del popolare compositore cinese vede affiancare alla tradizionale orchestra occidentale, strumenti di origine medievale, oltre che strumenti asiatici tipici dei luoghi visitati dal protagonista. Questo autore, tra i più popolari viventi, ha frequentemente fatto uso di strumenti asiatici insieme ad orchestre occidentali, oltre che ad usare tecniche tipicamente asiatiche nella scrittura. Ha composto anche musiche di celebri film come “La tigre e il dragone”, oltre che aver scritto “La internet symphony”, un brano commissionato da youtube per formare la prima orchestra virtuale al mondo.
Se avevamo strumenti inusuali nel contesto operistico, in quest’opera di convenzionale c’è solo la presenza di attori in scena: vengono trattati temi come la fine del mondo e il sesso in modo esplicito, tanto che i protagonisti si chiamavano originariamente Spermando e Clitoria. L’opera è esuberante in ogni sua forma e contenuto, tanto che i due amanti, seppur di sesso diverso, sono interpretati da due donne, e l’ophttps://www.youtube.com/watch?v=6U9Rl1hNgEwera stessa di apre con un’ouverture di… clacson.
Come abbiamo già visto con Glass, le opere moderne non hanno necessariamente un ambientazione fuori dal tempo o in un passato remoto, ma narrano anche eventi del passato recente: in questo contesto si colloca Nixon in China, opera sul viaggio diplomatico del presidente Nixon nella Repubblica Popolare Cinese. Sulla scena vediamo apparire oltre al presidente anche Mao Tse Tung, Henry Kissinger e Zhou Enlai. L’autore stesso ha scritto altre opere sul passato recente, come “La morte di Klinghoffer”, basata sul dirottamento dell’Achille Lauro. Altre opere di questo stampo possono essere le altre di Glass, come “The Perfect American”, su Walt Disney, o “Satyagraha”, su Gandhi.
La prima opera in klingon. Il celebre linguaggio inventato per l’omonima razza è stato usato per quest’opera e l’allestimento non è da meno: sul palco troviamo gli attori vestiti da klingon, in abiti tradizionali e che impugnano bat’leth (un’arma). Nella musica classica contemporanea, sono stati usati altri linguaggi inusuali, come l’esperanto (usato da Lou Harrison e Montagu C. Butler, ma mai in un’opera) o lingue morte (latino, greco antico, nahuatl classico). Anche le tematiche fantascientifiche non sono più rare: ricordiamo “Aniara”, di Karl-Birger Blomdahl, ambientata in una nave colonia o “The Handmaid’s Tale”, di Poul Ruders, ambientato in una distopia sessista e religiosa. Esiste anche un’opera su “1984” di Orwell, scritta dal grandissimo direttore Lorin Maazel, ma gli appassionati fanno tutti finta di nulla (per buonissime ragioni).
Le possibilità di internet non potevano non tornare utili anche nell’opera: e così abbiamo “Free Will”, la prima opera totalmente scritta e realizzata attraverso l’utilizzo di forum e votazioni. Musiche, libretto e scenografie sono state scritte da tantissime mani che hanno lavorato per un anno, il tutto sponsorizzato dal Savolinna Opera Festival.
Un’opera comica, una classicissima satira sociale. Ci si potrebbe chiedere la ragione della sua presenza in questo elenco: la risposta è la musica. Essa risulta complessa, inquietante, di difficile ascolto, estremamente criptica. L’autore, uno dei più importanti del 900, ha scritto questa sola opera comica, convinto che essa sia un esperimento riuscito nel dimostrare che il suo nuovo linguaggio potesse veicolare tutto lo spettro emozionale, comicità inclusa. Secondo lo stesso autore, la musica di quest’opera è “brutta, come sempre”. Ma dopotutto, Schoenberg non ha mai ricercato la bellezza o la piacevolezza.
Chiudiamo questa rassegna con l’opera più inusuale e derivativa dell’elenco, per ricordarci come Cage fosse un autore completamente folle. Quando gli si chiese del titolo, lui, americano, rispose “gli europei ci hanno mandato le loro opere per duecento anni, io ora gliele rimando indietro”. L’opera consiste in un insieme disorganico e insensato di frammenti di varie opere di tutte le epoche: questi frammenti non sono organizzati ma vengono “estratti” con un software dell’epoca basato sul Libro dei Mutamenti (I Ching) e in modo simile i ruoli, i movimenti, le scenografie e la trama vengono generate. La stravaganza non finisce qui, visto che gli attori e i musicisti non vengono diretti da nessuno, se non da un orologio digitale che dice loro quando e cosa devono cambiare. In tutto questo, viene anche usata una registrazione, un missaggio costruito dalla sovrapposizione di 101 frammenti di opere europee.
Sono nato nel 1990, divido la mia vita tra il comporre musica e il giocare ai giochi da tavolo. La mia missione è far conoscere la musica colta contemporanea alla mia generazione, che nell'ultimo secolo non c'è stato solo il rock.
11 Novembre 2016
19 Ottobre 2016
6 Febbraio 2014
Sono nato nel 1990, divido la mia vita tra il comporre musica e il giocare ai giochi da tavolo. La mia missione è far conoscere la musica colta contemporanea alla mia generazione, che nell'ultimo secolo non c'è stato solo il rock.
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