Salve, lettori di IMDI. Sono un neo-blogger e un alfiere della letteratura, e in questa mia prima serie di articoli affronterò degli autori-semidei e alcune delle loro opere principali, caratterizzati dal comune tema dell’Asia. Partirò da Kipling per una ragione ben precisa: fu il primo autore occidentale a portare alla ribalta l’Asia imperiale britannica.
Nato e cresciuto a Bombay in una famiglia di alta levatura sociale, poté godere di tutti i vantaggi di essere un ricco bianco in una colonia, senza tuttavia diventare una spocchiosa e arrogante testa di cazzo (come molti suoi contemporanei dell’età vittoriana) passa la sua infanzia a giocare con i bambini di strada, e si innamora dell’India, che resterà infatti il tema principale della sua poetica.
Fu spedito in Inghilterra a studiare, molto poco volentieri, venendo snobbato da Oxford. Appena poté si mise a viaggiare, girando l’Asia sud-orientale, Cina, America e Europa, ottenendo rapidamente il successo grazie ai suoi racconti, e diventando il più giovane scrittore (lo è tuttora) nonché primo britannico ad ottenere il Nobel per la letteratura. Kipling divenne la voce della letteratura coloniale raccontando storie provenienti da tutto l’Impero , Impero da lui girato e descritto in termini entusiasti, ma di cui denunciò anche le iniquità e la corruzione.
Kim
“There is no sin so great as ignorance. Remember this.”
Ambientato nell’India coloniale del XIX secolo, con lo stato di perenne guerra-non guerra tra Inghilterra e Russia per il dominio dell’Asia come sfondo, il più grande capolavoro di Kipling, che riassume tutti i suoi temi tipici. È un romanzo di formazione che segue la vita di Kim, ragazzino di strada, orfano di un soldato irlandese, il cui passato appare con lo scorrere della trama, che vive mendicando, rubacchiando e svolgendo lavoretti. Incontra un Lama (monaco Vajrāyana-corrente buddhista tibetana), che cerca la via di uscita dal Saṃsāra (il ciclo delle reincarnazione), e con questi gira il Nord dell’India, incontrando personaggi semi-onirici, venendo coinvolto nel gioco di potere anglo-russo come spia, e vivendo molte avventure, in un sapiente miscuglio politico e spirituale.
Lettura obbligatoria, se letto attentamente si rivelerà un libro intenso e carico di significati.
Il libro della Giungla
“Now this is the Law of the Jungle–as old and as true as the sky”
No, non è quella storiella della Disney che tutti conosciamo, ma bensì una raccolta di 14 novelle, ambientate in mondi, luoghi e epoche diverse, tutte con scopi morali ben definiti, con in comune il tema del dovere contrapposto alla volontà di libertà.
Quattro di queste novelle (Mowgli’s Brother, Kaa’s Hunting, Tiger! Tiger! e Mowgli’s Song) seguono una storia comune (abbastanza fedelmente riprodotta dalla Disney, sebbene Kipling le avesse volontariamente disposte in ordine non-cronologico). Tra le altre, troviamo una storia decisamente originale, che merita un paragrafo a sé:
Rikki-Tikki-Tavi
“The motto of all the mongoose family is, “Run and find out,” and Rikki-tikki was a true mongoose”
È la storia di una mangusta (rikki-tik.. avete capito), simbolo del coraggio e della fedeltà che, salvato da una famiglia di coloni britannici, combatte una battaglia, descritta in termini epici, contro Nag e Nagaina, due cobra reali precedenti possessori del terreno su cui sorge la casa dei britannici.
Ovvio è il tema della contrapposizione tra coloni e colonizzati: emerge un’esaltazione dell’imperialismo, rappresentato dai coloni, e della lotta tra i colonizzati ‘buoni’ (Rikki-Tikki-Tavi), che sanno accettare il benessere e il miglioramento portato dagli imperialisti, e ‘cattivi’(Nag e Nagaina), che rifiutano ciecamente le offerte dei coloni, e sono destinati alla sconfitta. Conosciuta e amata soprattutto per la descrizione psicologica della mangusta, che arriva a mettere a rischio la sua stessa esistenza per la famiglia.
Il secondo Libro della Giungla
“Words are, of course, the most powerful drug used by mankind.”
Continuazione del primo, contiene 8 poemi e 8 novelle, di cui tre continuano la storia di un Mowgli non più bambino ma non ancora adulto, e il suo conflitto tra l’affetto verso Baloo e Bagheera, e la sua volontà di essere libero, di esplorare il mondo umano, dove i suoi amici animali non potranno seguirlo.
Dai temi molto più scuri del precedente, le altre storie della raccolta analizzano la corruzione politica-morale, e al suo interno è presente una delle sue rare storie dell’orrore:
The mark of the beast
“Your Gods or my Gods-do you or I know which are the stronger?”
Con queste parole si apre una delle sue migliori (Imho) novelle (che potete trovare qui), sebbene molto poco cagata da critica e pubblico. A Capodanno, dopo una sbronza di proporzioni galattiche, un soldato inglese pensa bene di entrare in un tempio e profanarlo, insultare i monaci e addormentarsi. Invece di essere linciato, si risveglierà a casa sua di ottimo umore, e notando un’insolita fame. Verso fine giornata, passata con sette pasti a base di bistecche cruda, una misteriosa malattia inizia a manifestarsi. Giocante, per l’ennesima volta, sul conflitto tra civiltà indiana e occidentale, Kipling si limita a descrivere, tramite la voce narrante di un amico presente sulla scena, il decorso della malattia, e i mezzi estremi che questo amico è disposto a usare, pur di risolvere quello che sembra un caso misterioso e maledettamente pericoloso.
Dato che sembra vadano molto di moda le conclusioni, dirò ancora questo: le sue opere sono generalmente corte (Kim è un centinaio di pagine, ed è tra i più lunghi) e scritte in un inglese abbastanza semplice, di facile lettura per chiunque sia interessato. Sono pietre miliari della letteratura, che diedero vita a una vera e propria corrente letteraria europea, che è alla base della mia serie di articoli.
Ne consiglio fortemente la lettura.
Shalom,
Ozy
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