Nella mattinata di domenica 17 luglio, alcune decine di vietnamiti si sono riuniti sulle rive del Lago Hoen Kiem presso Hanoi per protestare contro la politica espansionistica del Celeste Impero nelle acque del Mar Cinese Meridionale. I manifestanti sono stati rapidamente sgomberati dalle massicce forze di polizia presenti in loco e alcuni di loro sono stati portati presso vari commissariati della forza pubblica. Il raduno è stato organizzato dal gruppo No-U, il cui portavoce Nguyen Chi Tuyen ha successivamente affermato che già nel primo pomeriggio tutti gli attivisti erano stati liberati.
Il via alle proteste è stato dato dalla sentenza di martedì 12 della Corte Permanente per il Diritto del Mare dell’Aja, resa pubblica in una nota nella quale si dichiarano infondate le pretese cinesi di allargare la zona economica esclusiva generata dalla Secca di Scarborough, un banco di sabbia a cui Pechino attribuiva 200 miglia marittime di sovranità marittima esclusiva. A contestare tali rivendicazioni di fronte al tribunale internazionale ci hanno pensato le Filippine, direttamente interessata dalla questione date le zone pescose e di estrazione di gas naturale che vi ricadono. Proprio per sottolineare l’importanza dello stato insulare nella vicenda, un secondo gruppo di attivisti si è raccolto verso mezzogiorno sotto l’ambasciata di Manila ad Hanoi, con striscioni che ringraziavano il governo filippino e intimavano a Pechino di rispettare il Diritto Internazionale.
La Corte, nella sentenza sopra citata, ha specificato che la Secca di Scarborough è da considerarsi come uno scoglio più che come un’isola. La differenza? Secondo la UNCLOS (United Nations Convention on the Law Of the Sea) stipulata nel 1982 durante la Conferenza di Montego Bay e di cui la Cina fu una dei primissimi firmatari, uno scoglio non è abitabile o economicamente sfruttabile, al contrario dell’isola. Ciò modifica la zona economica esclusiva che può essere generata dalla Secca di Scarborough abbassandola da 200 miglia a 12. Pechino non solo ha prontamente affermato di non voler assolutamente rispettare la sentenza, mantenendo così la “linea dei nove punti” enunciata nel 1947 da Zhou En Lai, ma giovedì ha anche fatto sorvolare la secca da un bombardiere strategico H-6K.
Concludendo, alla luce del comportamento di Pechino è possibile comprendere i timori vietnamiti: il colosso cinese è sempre stato visto con una notevole diffidenza da Hanoi sin dalla riunificazione del paese. Per il Celeste Impero al contrario, la pronuncia della Corte dell’Aja ha certamente pesanti conseguenze: in primo luogo è un colpo duro nelle rivendicazioni sulle isole Senkaku, ora appartenenti a Tokyo e che sono oggetto di continui “marcamenti di territorio” da parte delle due potenze. In secondo luogo tale sentenza toglie proiezione strategica a Pechino verso il Pacifico (che nel XXI secolo rivestirà un’importanza paragonabile a quella dell’Oceano Atlantico nel XX) e verso lo stretto di Malacca a Sud.
Quest’ultimo è uno dei due punti d’accesso dell’Oceano Indiano, luogo ove scorre la via della seta marittima lungo la quale vengono scambiate merci con l’Europa. La Cina sta sempre più dimostrando in tal senso non solo la volontà di proteggere i propri confini di terra e di mare, ma anche di proiettare la propria forza lungo le vie carovaniere e mercantili (lungo una delle quali si trova proprio la costa vietnamita) che le interessano, come dimostrato nella crisi Yemenita durante la quale un gruppo navale appositamente giunto ha estratto 279 propri cittadini. Ad ulteriore riprova di ciò, Pechino sta costruendo una base navale a Gibuti, strategicamente collocata sul confine tra Mar Rosso ed Oceano Indiano e che avrebbe il compito di proiettarne la forza militare sia in Africa Orientale (laddove la Cina sta applicando un certo neocolonialismo economico) che nell’Oceano Indiano. La protezione degli interessi economici cinesi è fondamentale nella nuova visione militare di Pechino che da 20 anni sta attraversando una profonda riforma del proprio esercito. Tali interessi economici, oltre alla protezione delle vie carovaniere e mercantili sopra citate, include anche la protezione degli investimenti cinesi in Africa, dove sono presenti attività estrattive: dal petrolio del Sudan alle terre rare del Mozambico, la Cina sfrutta le risorse africane costruendo notevoli infrastrutture in loco, quasi mai funzionali alla vita degli autoctoni ma più spesso volte alla maggior facilità di estrazione delle commodities.
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
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