Dove ho fatto l’università io, a gennaio cominciano gli Hunger Games. Meglio ancora, come sarebbero gli Hunger Games se a scrivere la saga ci fosse stato Tom Clancy. In quel periodo dell’anno ci si avvicina alle selezioni per gli Erasmus e si scatena una lotta fratricida fatta di raccolta d’intelligence varia, pugnalate alle spalle e profonde leccate di culo ai vari professori titolari delle borse. Insomma quel che è umanamente prevedibile quando nel primo corso di Relazioni Internazionali in Italia ci sono poche, pochissime borse e molti richiedenti. Da buon maestro di arti marziali, la mia filosofia impone di evitare il conflitto qualora possibile, quindi mi orientai verso il mondo della schiavitù legalizzata in una qualche organizzazione internazionale. All’ultimo anno di università uno dei dieci milioni di CV inviati riuscì a fecondare la cellula uovo, valendomi una chiamata (udite udite) dalla neonata International Anti Corruption Academy di Laxenburg (Bassa Austria), cittadina presentatami da Wikipedia come “immediate outskirts of Wien” e rivelatasi poi essere nel mezzo del nulla più assoluto, tanto che l’Accademia aveva un servizio navette per spostare quella trentina di anime che ci lavoravano ma volevano vivere nella civiltà.
Per lavorarci, dato che non ero pagato, volevo evitare di spendere la borsa di studio nella prima settimana per un appartamento a Vienna, quindi scelsi uno studentato a casaccio nei dintorni. Ne salta fuori uno a Moedling (Bassa Austria), cittadina a sei chilometri dall’obiettivo ma nota per le zone termali che la circondano, la squadra di calcio nella serie A dell’Austria E NIENTE ALTRO. Non bado troppo alla zona, tanto sono lì per lavorare e fare ricerca, meno distrazioni meglio è. All’arrivo a Moedling tre giorni prima dell’inizio del lavoro e mi accoglie il tiepido clima settembrino della Bassa Austria. Chiedo ad un tassista figlio di carovanieri persiani abituati a peregrinar sulla via della seta di portarmi all’indirizzo dell’ostello, di rimando mi vengono vomitate contro una serie di parole in tedesco di cui riesco ad afferrare solo Wald.
Al che Sinbad carica la valigia nel bagagliaio, mentre io, con suo permesso, mi accomodo davanti. Parte, rigorosamente parlando al cellulare con il volume della voce che si avvicina a quello di un Boeing 747 al decollo. Si ferma dopo quasi due chilometri, dove finisce la strada asfaltata e inizia la strada bianca che conduce nella foresta. Mentre comincio a temere seriamente per i miei organi, mi giro verso il tassista, che dopo aver riscosso l’obolo mi intima di proseguire. Lo guardo. Guardo la foresta. Lo riguardo. Guardo di nuovo la foresta. Al che decido di essere abbastanza stufo e mi inoltro nel bosco, incurante di eventuali trafficanti muniti di coltellaccio e ciclobenzaprina. Dopo 50 metri mi si apre una radura, nel mezzo della quale era sistemato un ostello di medie dimensioni, di cui non capivo dove fosse l’entrata. Vedo una porta, provo la maniglia, gira, è aperta, entro. È la cappella: mollo quattro bestemmie, mi giro ed esco. Trovato il vero ingresso mi faccio aprire, mi accoglie uno scaldabagno coi capelli biondi parlante solo tedesco che mi fa compilare un paio di moduli e mi accompagna nella mia stanza. Appoggio le valigie, mi faccio spiegare due cose in tedesco, chiedo “internet?”. Occhio bovide del boiler biondo: riprovo con ampi movimenti delle braccia, al che un barlume di vita si fa strada nei suoi occhi e mi indica la presa telefonica.
Sorvolando sull’essere sostanzialmente isolato (bella la vita senza costi di roaming, eh?) nel mezzo dei boschi e dopo aver visitato l’unica cucina dello studentato utilizzata da 420 persone, scendo al bar gestito dai ragazzi residenti e ordino da bere. Cerco di attaccare bottone con i locali, ma dal momento che il mio tedesco consiste nell’amalgamare una serie di parole in lingua relative all’argomento ma avendo cura di mettere il verbo alla fine, nel migliore dei casi ricevo solo sguardi parecchio straniti, nel peggiore vengo ignorato e insultato a mezza bocca. Dopo aver resistito all’impulso di trasformare il bar in un cratere di mortaio, decido di averne abbastanza e me ne vado.
Torno in camera, sento rumore di motosega (continua)
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
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