Ad oggi, il Medio Oriente è attraversato da notevoli tensioni dovute soprattutto a ragioni politiche ed economiche (come il controllo delle risorse petrolifere, controllo degli stretti marittimi di transito delle merci e delle vie commerciali di terra) talvolta opportunamente mascherate da motivazioni religiose. Tali tensioni hanno prodotto una serie di conflitti di cui quello in Siria è solo il più conosciuto; in parte a causa dell’elevata massa di profughi che genera, diretta in massima parte verso altri paesi del Medio Oriente e solo in minima parte verso l’Europa, in parte a causa dei picchi di violenza generati dagli scontri e dalla presenza di un attore che mette in pratica tattiche terroristiche anche in Europa e che quindi ci riguarda molto da vicino. Un tassello strategicamente importante (se non altro per la sua posizione geografica) di questo mosaico di conflitti è lo Yemen, paese che affaccia sul Mar Rosso, con notevoli risorse petrolifere ma soprattutto confinante con l’Arabia Saudita, una delle principali figure di questo conflitto allargato su diversi teatri.
A Ferragosto, un attacco aereo effettuato presso Abs (nel governatorato di Hajjah, Yemen settentrionale), ha demolito un ospedale di Medici Senza Frontiere, causando la morte di 11 persone. E’ la terza azione simile dalla settimana scorsa, preceduta da un attacco ad una scuola che ha provocato altre 10 vittime e da un altro attacco ad una struttura del ministero dell’istruzione che di morti ne ha provocati 5. Tali bombardamenti sono stati imputati alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita (unico attore in campo ad avere una forza aerea credibile), che si trova impegnata nel conflitto yemenita in funzione di difensore del governo legittimo di Mansour Hadi contro i ribelli Houthi. L’attacco è stato lanciato dopo che questi (aiutati anche dai sostenitori dell’ex presidente Saleh) hanno preso il controllo di diverse regioni nel nord del paese nel 2014, ivi inclusa la capitale Sanaa, costringendo il governo alla fuga ad Aden.
Gli Houthi prendono le mosse dagli ambienti zayditi (una corrente dello sciismo) diffusi nel nord del paese: in particolare la loro roccaforte storica è situata nel nordovest presso il governatorato di Sada. Il movimento della “gioventù credente” (al-Shabab al-Munin) nasce nel 1992; inizialmente come movimento culturale legato alla rinascita della fede zaydita attraverso l’organizzazione di campi scuola, ma è solo in un secondo momento che si caratterizza come forza antigovernativa. La svolta avviene nel 2003 in seguito alla Seconda Guerra del Golfo, quando in diverse occasioni gli appartenenti al movimento cominciarono a scandire slogan antiamericani dopo la preghiera. Le proteste subirono la reprimenda governativa, con 800 arrestati. Da quel momento gli effettivi del gruppo aumentano esponenzialmente, passando nel giro di 10 anni dai 3.000 iscritti agli oltre 120.000, come stimato recentemente dallo studioso del movimento Ahmed Badri.
L’Arabia Saudita ha immediatamente rigettato le accuse, dicendo che la propria aeronautica sta intensificando gli sforzi per non colpire civili e scaricando la colpa sugli Houthi. Questi ultimi, di fede sciita, oltre al supporto dei sostenitori di Saleh, incassano anche forniture militari dall’Iran, che il governo di Riyad continua ad accusare per il prolungamento del conflitto civile nel paese. In seguito all’intensificarsi del supporto saudita, il governo internazionalmente riconosciuto ha ripreso parte delle posizioni perse, ma al momento la capitale provvisoria rimane ad Aden perché Sanaa è ancora in mano ai ribelli.
In tutto questo nel paese si è affacciato anche l’estremismo islamico: AQAP (Al Qaeda in the Arabian Peninsula, detta anche Anshar al Sharia e diretta da Qasim al Raimi) controlla diverse roccaforti nella zona centrale del paese ed è a tutti gli effetti un attore fondamentale nel conflitto, sebbene stia perdendo terreno negli ultimi giorni avendo ceduto Zinjibar a favore dei governativi e parte del governatorato di Hadramout a favore degli Houthi. Stesso discorso si può applicare all’ISIS, che nonostante abbia ricevuto generose donazioni da confraternite religiose aventi base nel Golfo, sta perdendo terreno presso le posizioni nella parte orientale del paese. Non è esclusa la possibilità che alla fine delle ostilità, quando entrambe le formazioni avranno perso le proprie posizioni, gli affiliati superstiti si possano trasferire in Europa o in altri luoghi del Medio Oriente, similmente a quanto si teme accadrà per il conflitto in Siria e Iraq. Sia AQAP che Daesh sono oggetto di una campagna di bombardamenti con droni da parte dell’aeronautica statunitense.
L’instabilità Yemenita ha profonde ripercussioni nel momento in cui rende pericolosa una zona di transito marittimo per le merci prodotte in Cina (ma anche le materie prime del Golfo Persico) e che hanno come mercato principale l’Europa. Tale situazione si è protratta per anni sulla sponda occidentale del Mar Rosso con uno stato fallito (la Somalia) per decenni preda di una guerra civile. Mogadiscio sta tutt’ora cercando di scacciare dal proprio territorio Al-Shabaab (filiale somala di Al Qaeda) che agisce in sinergia con i pirati della costa, i quali vengono armati dai jihadisti e con i quali spartiscono il bottino delle navi depredate. L’area rimane calda, sebbene in quella zona incroci la Quinta Flotta della marina degli Stati Uniti e i cinesi stiano cercando di coprire la rotta costruendo una gigantesca base navale a Gibuti. L’instabilità delle rotte commerciali significa instabilità dei mercati e notevoli danni economici per le assicurazioni (che si trasmettono al settore bancario e finanziario) e per le aziende produttrici (sia in Cina che in Europa) con conseguente instabilità economica di determinati settori come quello energetico e quello dei beni di largo consumo.
Concludendo, la guerra civile che sta dilaniando il paese da un anno e mezzo a questa parte è prima di tutto uno degli scenari dove si decide il grande gioco dell’egemonia sul Medio Oriente: da un lato l’Arabia Saudita sunnita che dispensa fondi attraverso le sue confraternite religiose, dall’altro l’Iran sciita, che supporta anche il regime di Bashar al Assad (la cui élite è di fede sciita alauita) attraverso la presenza in loco di alcuni elementi dell’esercito e attraverso Hezbollah, il partito libanese la cui ala militare è attiva in Siria. Al momento però, specie dopo il fallito golpe di luglio, ad essere in vantaggio sembra il terzo contendente, ovvero la Turchia di Erdogan, che si sta attrezzando al dominio sulla regione attraverso l’abbandono di ogni legame con il califfato di Raqqa e il rafforzamento dei legami con Mosca. Erdogan sembrerebbe aver cominciato un percorso di allontanamento dall’Europa e dalla NATO necessario per ridurre le pressioni politiche in merito alle future manovre di Ankara in Medio Oriente; un percorso che, se portato alle estreme conseguenze, avrebbe ripercussioni molto serie sulla consistenza militare dell’Alleanza Atlantica. La Turchia è il secondo esercito più numeroso dell’Alleanza, subito dopo gli Stati Uniti, e un indebolimento della NATO potrebbe avere conseguenze molto serie sulla capacità difensiva europea di fronte ad un’eventuale minaccia, in particolare per quanto riguarda l’area del Mar Baltico.
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
24 Maggio 2017
17 Maggio 2017
12 Aprile 2017
6 Marzo 2017
4 Dicembre 2016
Studente studioso delle Relazioni Internazionali, particolarmente interessato a temi vicini alla Sicurezza (Inter)Nazionale. Orologiaio che cerca di capire il funzionamento di un sistema composto da 7 miliardi di ingranaggi.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.