Ieri è stato condannato in primo grado per concussione e prostituzione minorile Silvio Berlusconi. (Ne ha già scritto qui il nostro fidato Spina). La condanna ammonta a sette anni di carcere e interdizione a vita dai pubblici uffici. Se state per stappare lo champagne, rimettetelo in frigo. Tanto per prendere le cose alla larga, comincerò il discorso parlando di uno dei partiti che da più tempo sostiene Berlusconi, o quantomeno lo aiuta a sorreggersi. Il PD.
Lo stesso giorno della condanna del “grande statista”, e contrariamente a lui, un suo antagonista si ritira dalla vita politica: Romano Prodi. Non rinnoverà la tessera e si farà da parte, c’è chi dice solo «fino al prossimo congresso», ma lui sostiene che sia un abbandono definitivo. Definitivamente disgustato dai franchi tiratori del suo partito, che votarono contro di lui (uno dei padri fondatori!) all’elezione del Presidente della Repubblica? Probabile – e non mi sentirei di dargli torto, se così fosse.
Andandosene, Prodi ha invitato il suo “avversario” a ritirarsi anche lui dalla scena politica. Ma già sappiamo che non lo farà, sebbene le minacce di Gasparri ci avevano fatto ben sperare – d’altro canto, sappiamo bene quali siano l’intelligenza e l’affidabilità di Gasparri…
Ovviamente, come ha ben dimostrato affossandone la candidatura, il PD non è Prodi. Non a caso, già qualche mese fa un suo esponente (al momento non ricordo più) rispose a una domanda sull’ineleggibilità di Berlusconi con un cristallino “bisogna vedere le carte”, mentre un altro (anche questo nome sfugge alla mia memoria, quindi se lo sapete rendetemi erudito) si spinse a sostenere che il PD aveva già votato contro in passato, e difficilmente la cosa sarebbe cambiata.
Renzi afferma, invece – e fin dalla campagna elettorale di gennaio – che lui Berlusconi vuole batterlo politicamente, non eliminarlo con dei “giochini sottobanco”. Come se la legge italiana fosse una sorta di scappatoia, di via di fuga da applicare solo se si vuole vincere a tutti i costi, a costo di essere poco onorevoli. Quello che il giovane sosia di Fonzie non ha capito è che Berlusconi, nel momento in cui è ineleggibile, dovrebbe automaticamente essere fuori dai giochi. Anche se il Parlamento votasse contro – perché la legge deve venire prima, in ogni caso. (Di sicuro prima del Parlamento).
Ovviamente, per pareggiare subito i conti, il PD non è rimasto con le mani in mano dopo la condanna, e sono dovute scattare le dimissioni della Idem – non a caso, ministro per le Pari Opportunità -; fino ad allora accusata (e difesa) da esponenti del PDL, mentre i di lei colleghi di partito tacevano senza prendere posizione. Il problema della Idem era (ed è) un’ICI non pagata su una seconda casa, ottima motivazione, secondo alcuni peones berlusconiani, per dimettersi – altri invece (tra cui Brunetta) la difendevano, forse rendendosi conto che la condanna per frode fiscale incassata da Berlusconi nel processo Mediaset poteva costituire una ragione ben più grossa.
In sostanza: l’unico del PD che forse ci ha capito qualcosa, di questa situazione, è Civati (per ben due volte). Il resto dei pezzi grossi del PD sta pensando al congresso prossimo futuro, o futuribile, o chissà – e probabilmente al momento nasconde la testa nella sabbia, sperando che nessuno gli chieda di commentare la condanna di Berlusconi. Letta, prima della sentenza, ha detto che il governo non rischia, ma chissà.
Perché ho dedicato tutto questo spazio al PD, quando il protagonista della vicenda è Berlusconi, vi chiederete. La risposta è che trovo l’analizzare la situazione del PD più divertente che il fare un decalogo delle reazioni in quota PDL, fossilizzato sugli stessi schemi e sui soliti, noiosissimi attacchi: “persecuzione politica”, “toghe rosse”, “magistrati sovversivi” “messaggio pericoloso per la stabilità della nazione” e solite cazzate. Noia allo stato puro, insomma – non che gli affari interni del cosiddetto “centro sinistra” siano migliori, però quantomeno dimostrano più originalità.
E visto che io non posso stappare lo champagne, in quanto bisognerà aspettare la Consulta e poi la Cassazione, prima di poter essere sicuri che la storia si è conclusa – e in quanto non posso, in tutta sincerità, dirmi sicuro che l’attuale Parlamento voterebbe a favore dell’arresto – beh, penso che mi consolerò e mi distrarrò guardando il film di un regista italiano che ha dimostrato di saper prevedere il futuro.
Il Caimano, di Nanni Moretti. Con un finale che è profezia pura.
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