«Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi cercarono l’anima a forza di botte».
Processo Cucchi, assolti gli agenti e condannati i medici. Si sono rivelate decisive quelle ferite da stetoscopio.
[è un mondo difficile – Spinoza.it]
È appena trascorso l’anniversario delle proteste di Piazza Tienanmen. In questi giorni fanno notizia le rivolte in Turchia. E in Italia arriva la sentenza sul caso Cucchi.
È una sentenza scandalosa, così come scandaloso è il comportamento della polizia turca. È una sentenza che segna l’impunità per gli agenti di polizia e che riporta alla mente le lievissime pene inflitte dal processo sul caso Diaz, caso in cui le responsabilità politiche non vennero neanche sfiorate. A Terni, in queste stesse ore, gli ex-operai della Thyssen vengono caricati dalla polizia, e il sindaco della città viene ferito mentre cerca di mediare – la versione della polizia è che si è trattato di un manico d’ombrello, il sindaco invece afferma di aver visto arrivare la manganellata, in un paradossale Stato contro Stato. Nei mesi scorsi c’erano stati gli scontri per la TAV, e durante il governo Monti quelli con i manifestanti e gli studenti, per le vie di Roma. Tutte vicende che sono rimaste o rimarranno impunite, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali.
La sentenza sul caso Cucchi è un precedente spaventoso in questo senso. Un precedente che dimostra l’impunibilità dell’abuso e delle violenze da parte della polizia; o meglio, dimostra che lo Stato non ha nessuna intenzione di punire questo genere di reati. Favorendo, di conseguenza, il loro ripetersi.
In Turchia il premier Erdogan se la prende con i ribelli e con Twitter – e nella notte 24 persone sono state arrestate per aver twittato qualcosa di poco gradito al governo turco – ma la Turchia rimane un paese islamico, che non fa parte dell’Unione Europea ed è ancora arretrato sul tema dei diritti civili.
L’Italia, d’altro canto, è in una posizione ben diversa, in teoria. Eppure sancire la responsabilità di un agente di polizia che ha compiuto abusi è impossibile. Neanche se l’evento viene ripreso, ad esempio durante una manifestazione, perché i caschi antisommossa sono privi di numero identificativo. E come dimostra il caso Aldrovandi, quando vengono puniti se ne lamentano, arrivando addirittura a manifestare contro la sentenza – peraltro fin troppo leggera.
La verità è che non siamo meglio dei turchi: almeno loro lottano. L’opposizione politica di sinistra critica il governo e la repressione. Da noi, invece? Finora sulla sentenza si è espresso solo Giovanardi, esultante. «Ma Giovanardi è uno stronzo», mi direte. Con ogni probabilità Vendola si schiererà contro il verdetto, e Grillo ne approfitterà per un’altra delle sue tirate – o forse ne starà lontano, preferendo non prendere posizione, come fa sempre sulle questioni controverse, chissà.
Ma il grosso dei politici si terrà in disparte. Colpevolmente. Consapevole che la sentenza va in loro favore, perché chi sta al governo, o ambisce a starci, non può non gioire di qualcosa che agevola la repressione del dissenso.
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