Attenzione: questo articolo è la seconda parte di una serie. Per chi fosse interessato a partire dall’inizio, la prima parte si trova qui.
L’idea iniziale per questa guida era di suddividerla in tre blocchi massicci: barocco, romanticismo (pre, post e decadentismo), e modernismo (quindi più o meno mezzo novecento, per capirci). La prima parte, per chi l’ha letta, continua a sembrare piuttosto esaustiva (almeno in conformità con l’ideologia di una “guida” di questo tipo) e non appariva difficile continuare alla stessa maniera. Senonché, piccolo dettaglio, chi scrive si era dimenticato dell’esistenza di Mozart e Beethoven.
Ops.
Sì perché la seconda parte, ovvero questa, avrebbe dovuto fare una scelta insostenibile, indipendentemente dall’alternativa presa: ignorare i soprannominati (e tutto il resto del neoclassicismo) e mancare gravemente di completezza, o parlarne, e diventare eccessivamente lunga.
Con gioia di chi ha apprezzato, la scelta fatta è stata quindi di aggiungere una quarta parte, e qui, nella seconda, ci si occuperà solo di neoclassicismo e primo romanticismo.
Bene, si può cominciare.
Franz Joseph Haydn
Haydn è il Ringo Starr del neoclassicismo: ci si dimentica spesso che esiste, e anche quando lo si ricorda non è mai il preferito del gruppo.
Di fatto Haydn ha avuto un’importanza fondamentale per parecchie cose di cui non vi deve interessare: la forma sonata, soprattutto.
La forma sonata, nella visione Haydniana, si compone di quattro parti:
Annoiati abbastanza? Perfetto.
Più ci muoviamo nella storia verso la contemporaneità, maggiore diventa il prestigio sociale del musicista. Arrivati nel neoclassicismo abbiamo già qualche miglioramento, che è ripreso nella forma. La musica diventa più strutturata, pretendendo tempi più ampi. Lo spartito si diffonde, e l’improvvisazione perde di importanza tra i musicisti di corte, che cominciano ad avere un certo ruolo.
Ad Haydn, in particolare, si può attribuire la paternità del quartetto d’archi, di cui troveremo un buon numero di esempi negli autori successivi:
Fra i suoi meriti possiamo anche aggiungere quello di aver contribuito enormemente a far rivalutare la sinfonia sulla musica vocale. Che è un bene, perché la musica vocale è uno strazio.
Wolfgang Amadeus Mozart
Mozart è uno dei musicisti più sottovalutati della musica classica. Non tanto nel riconoscimento, quando nella varietà e conoscenza delle opere. C’è tutto un repertorio praticamente sconosciuto, molto diverso dall’immagine sbarazzina e spensierata con cui è noto. Come nel caso dei quasi trenta concerti per pianoforte. Che, specie gli ultimi, sono particolarmente belli:
O i quartetti:
Non c’è molto altro da aggiungere che non sia già più o meno noto al grande pubblico: una certa tendenza all’umorismo scatologico, su cui si esprime un certo luminare dell’internet.
E alcune delle composizioni più in tono con lo stile con cui è generalmente percepito:
E la capacità di aver scritto non uno ma quattro concerti per corno, dimostrando una chiara incapacità di imparare dai propri errori passati:
Ludwig Van Beethoven
E si arriva difilati alla seconda “b” delle tre celebri.
Il vantaggio di esserci trascinati fino alle porte del romanticismo, è che tutta l’esperienza accumulata durante gli anni del liceo – la conoscenza dei suoi pittori, scultori, filosofi e romanzieri, sostanzialmente – ora vi torna molto comoda. Perché, mutatis mutandis, disponete di un’impressionante repertorio di frasi fatte che posso riciclarsi dignitosamente come commenti alle opere.
“Ah, senti che passione. Si vede proprio che mostra i primi segni del romanticismo!”
“Certo, i Pink Floyd, ma vuoi mettere con lo spirito vitale di Beethoven?”
“Ah, l’ariosità del quarto concerto per pianoforte di Beethoven. Certo, certo. Si vede proprio la tensione all’infinito del romanticismo”
Ad libitum.
È interessante notare, ora che siamo in argomento di concerti per pianoforte, un differenza fra B. e Mozart. Il primo ha la fama, costruita appunto dai romantici, dell’artista maledetto, del grande virtuoso, del pianista passionale ed eroico. Eppure, quando si tratta delle parti soliste dei propri concerti, è Mozart a dare la maggiore importanza allo strumento. Nei concerti beethoveniani, infatti, il pianoforte non introduce mai temi nuovi, ma si limita a ripetere e modulare quelli già proposti dall’orchestra. Cosa che invece il pianoforte di Mozart fa, senza problemi. Questo perché il nostro vedeva lo strumento come una sorta di piccola orchestra a sua volta e bla bla bla…
(citati i concerti per pianoforte, non si può non menzionare il terzo)
E questo è quanto. No, davvero, non c’è molto da aggiungere. Il repertorio pianistico è quasi tutto uniformemente bello. Sul fronte concerti abbiamo ancora questo:
Una serie meravigliosa di sonate, come questa:
E per concludere con qualcosa di molto utile al nostro fine, che è rimasto, non dimentichiamocelo, rimorchiare, un paio di esempi del Beehoven più sperimentale, che è sicuramente quello che colpirà di più.
Il Beethoven dello studio della ripetizione:
E il Beethoven di qualunque cosa sia questa cosa:
Eravamo quasi riusciti a non citare nemmeno un pezzetto delle sinfonie, mannaggia.
Ed eccoci qua, signori e signore. Avete letto I dolori del giovane Werther, avete visto Il viandante sul Mare di Nebbia, e ora per dimostrarvi anime dolci e sensibili non può che mancarvi una debita conoscenza di
Ferencz Liszt (detto Franz dagli amici al bar)
Liszt è uno di quei musicisti di cui si conosce più la vita delle opere. E considerando che della vita mediamente non si conosce praticamente nulla, a voi le conclusioni. C’è da dire che ci sono dei buoni motivi per ignorarlo. Come questo, ad esempio:
E quel poco che si conosce, che è probabilmente questo, è una variazione su tema di Paganini (yee orgoglio nazionale):
Che è molto difficile. Molto, molto difficile. Davvero difficile. Si è già che è difficile da suonare? Perché lo è, è difficile.
Punto e avanti.
Ferruccio Busoni.
“Chi?!”, è il pensiero che state probabilmente intrattenendo in questo momento. Bella domanda. Busoni è incluso qui per tre semplici motivi: il primo è quello dell’orgoglio nazionale, nuovamente; il secondo è che è stato allievo di Liszt e veniva bene metterlo subito dopo, e il terzo, fondamentale, è che vi potrà capitare di fare gara a chi – si perdonerà il francesismo – piscia più lontano. E il concerto per pianoforte di Busoni, con i suoi cinque tempi e l’ora e dieci minuti di durata, è un buon contendente per vincere la sfida.
Ah giusto, e perché Busoni ha fatto una delle trascrizioni di Bach più celebri della storia (fra cui quella della versione per pianoforte della ciaccona della puntata precedente).
Felix Mendelssohn
Quando si parla di musicisti sottovalutati, non bisogna guardare oltre Mendelssohn. Non rientra quasi mai nel pensiero, quando si immaginano in assoluto i più grandi, eppure è difficile trovare un musicista che sia stato più consistentemente ottimo. È veramente raro incappare, nella produzione di Mendelssohn, in qualcosa di realmente noioso. Che siano i quartetti:
O il famosissimo concerto per violino (n.b: questo è da sapere, ed è opportuno scegliersene anche una versione preferita, per non sfigurare durante l’approccio):
È poi curioso notare come Mozart abbia su di sé un famoso aneddoto, quello dell’aver riprodotto il Miserere di Allegri (no, non lo stesso Allegri) a memoria dopo averlo ascoltato la seconda volta, che non è mai stato confermato. Quello che invece è stato confermato, è che il Nostro, trovandosi in viaggio in Italia, decise di riproporre la sfida Mozart. E riuscì a sua volta a riscrivere perfettamente il pezzo, dopo averlo ascoltato una volta in meno. Mendelssohn 1 – Mozart 0.
Fryderyk Chopin
E arriviamo all’ultimo autore di oggi, perché è impossibile trovare qualcosa di interessante da dire su Schumann e Schubert.
Chopin è l’incarnazione di tutti i quindicenni che scrivono poesie sulla Moleskine. Emaciato, malaticcio, sentimentale, compone quasi esclusivamente per pianoforte. Al punto che l’idea iniziale era quella di fare esageratamente l’alternativo e usare solo la musica non per pianoforte che ha composto, ma non ci sarebbe stato abbastanza materiale da vomitarvi addosso.
Uno degli esecutori più famosi di Chopin è il nostro Arturo Benedetto Michelangeli, che con un nome del genere o faceva il pianista, o il romanziere o il capo-mafia. Ma che in ogni caso è un altro orgoglio nazionale, yee.
Chopin occupa da sempre il 60% del programma di ogni pianista che giri facendo concerti. È quel riempitivo piacevole ma che nessuno è eccitato di vedere, con cui si giustifica l’alzarsi dal divano e andare a teatro per i due pezzi che vogliamo veramente sentire della serata.
Quando non fa da riempitivo, con innumerevoli e identici valzer, mazurka e polacche, tira fuori uno fra i concerti più celebri del repertorio pianistico:
E una delle sonate più celebri dello stesso repertorio:
E questo è quanto, per oggi. Abbiamo imparato che Haydn e Busoni esistono; che Mozart amava gli escrementi; che Schubert e Schumann non piacevano nemmeno alle loro madri; che Mendelsshon è un figo, e che Beehtoven se la tira tanto ma poi fa meno il virtuoso di Mozart. E direi che è abbastanza per farvi riflettere fino alla prossima uscita.
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