Cerimonia degli Oscar 1979. Sul palco del Dorothy Chandler Pavillion di Los Angeles, Giovanni Giorgio Moroder sale a ritirare il premio per la miglior colonna sonora. Il film in questione è Fuga di Mezzanotte e il suo main theme, assieme al bellissimo film, è rimasto uno dei simboli artistici degli anni ‘70. Moroder è nato in Italia, in territorio ladino, ma agli inizi della sua carriera musicale si è trasferito a Berlino, una delle città protagoniste della storia della musica elettronica. Il suo volto, con baffi e occhiali da sole di ordinanza, non è molto noto ai presenti. In compenso il suo nome è già molto famoso negli ambienti danzerecci e non solo, in quanto ha già scritto e prodotto per Donna Summer un paio di singoli che hanno scalato in fretta le vette delle classifiche dance statunitensi e hanno cambiato per sempre il volto della musica disco: Love to Love You Baby e I Feel Love. Se fino a quel momento la disco music era ancora una musica suonata da band e principalmente di matrice funk, i tappeti sintetici infarciti di suoni di Moog di Moroder fanno virare il timone della musica dance verso l’elettronica pura e consolidano la figura del produttore, inaugurando la stagione della cosiddetta eurodisco e gettando le basi per generi quali house e techno che nasceranno negli anni a venire.
Davanti al pubblico degli Awards e ad un incredulo Dean Martin, Moroder pronuncia un’emblematica frase, col suo fare un po’ serio e un po’ autoironico che lo contraddistingue: “This is my first score”. Seppur pronunciata in modo scherzoso, questa frase suona come una dichiarazione d’intenti, una dimostrazione della chiarezza con cui Moroder guarda avanti, con l’intento di entrare per sempre nella storia della musica. Le parole pronunciate su quel palco sono profetiche: qualche anno dopo l’artista conquisterà altre due ambite statuette per due brani destinati a entrare nella storia del cinema: Flashdance… What a Feeling dal film Flashdance e Take my Breath Away dal film Top Gun.
Nel 1977 Moroder ha dato alle stampe quello che è considerato il suo capolavoro, la sintesi della sua monumentale opera di rivoluzione del suono electro: From Here to Eternity, accompagnato dall’omonimo singolo, che ha scalato insieme ad altri brani dell’album le classifiche dance di Billboard. Il disco rappresenta la summa dell’opera e della poetica musicali dell’artista, definendone i canoni sonori ed estetici, a partire dall’emblematica copertina. Moroder decide di seguire una virtuale linea di continuità con i precedenti singoli prodotti per Donna Summer, ma non per questo rinunciando all’innovazione: ispirato dalla kosmische musik tedesca (Tangerine Dream e Kraftwerk in particolare), spinge sull’acceleratore e porta la musica dance verso lidi cosmici, paesaggi futuristici tessuti da trame di synth dinamici e bordate di Moog, strumento che è diventato ben presto il simbolo musicale dell’artista. L’album finisce con la festaiola Too Hot to Handle, che suona quasi come un richiamo a terra dopo un viaggio fra mete lontane. Il disco, come già anticipato, verrà ben presto considerato uno dei capisaldi della musica dance di sempre e porterà al musicista la meritata fama di ‘Godfather of Disco’.
Gli anni ‘80 hanno visto la realizzazione di altre colonne sonore, oltre a quelle già citate: in particolare, le musiche del monumentale Scarface e della discussa riedizione di Metropolis. Negli ultimi anni Moroder si è dedicato a numerose collaborazioni con artisti contemporanei, tra le quali la famosa Giorgio by Moroder assieme ai Daft Punk (che annoverano l’artista fra le principali influenze) e alcuni featurings con artisti pop, tra cui addirittura Britney Spears, segnali di una notevole capacità di adattarsi alle nuove scene musicali e, soprattutto, di non prendersi troppo sul serio.
Le produzioni di Moroder hanno influenzato anche la nascita di un filone di musica dance chiamato italo-disco, nato alla fine degli anni ‘70 e letteralmente esploso negli anni ‘80, fino a estinguersi completamente all’alba del decennio successivo: un genere caratterizzato da un elevato utilizzo di sintetizzatori e voci effettate, ritmi lievemente rallentati e riverberi caldi. Una scena musicale molto variegata, sia per numero di produzioni sia per qualità, divisa fra hit discutibili e brani di qualità rimasti, almeno inizialmente, nell’ombra di qualche canzone di successo. Un fenomeno che è diventato ben presto molto noto e apprezzato all’estero, considerato persino influente da alcuni artisti contemporanei (nomi come Sven Vath, Washed Out e persino Oneohtrix Point Never), ma rimasto totalmente nell’ombra nel suo Paese natale. Ma questa è un’altra storia.
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