‘’The law of accellerating returns’’[1] è un concetto sviluppato da Raymond Kurzweil, informatico e saggista statunitense. Egli afferma, dopo un’analisi della storia della tecnologia, che l’avanzamento tecnologico non ha uno sviluppo lineare, bensì esponenziale. Se questa ‘’legge’’ si dimostrasse veritiera, significherebbe che durante il 21° secolo la tecnologia avanzerebbe di ventimila anni. Nonostante questo veloce e sempre più ripido cambiamento nei nostri strumenti, costumi e abitudini, la nostra natura umana e biologica resta invariata. Un esempio lampante del limite umano è il dormire: se non si dormono 8 ore al giorno circa si va incontro a prima lievi e poi gravi disturbi motori, cognitivi, ormonali e psicologici fino a raggiungere, in caso di due settimane di completa deprivazione del sonno, la morte[2].
Nonostante dormire sembri essere fondamentale come bere e mangiare, i meccanismi intrinsechi del sonno sono ancora misteriosi e oggetto di studio. Durante la crescità stessa di ognuno si mostrano diversi tipi di regimi di riposo. Durante il primo anno di vita, ad esempio, i neonati non seguono un regime di sonno detto ‘’monofasico’’ (cioè una singola sessione ininterrotta di riposo) ma piuttosto un sonno ‘’polifasico’’ nel quale il bimbo alterna periodi di veglia a brevi periodi di sonno.
In una società sempre di corsa, in cui perfino i più giovani di noi hanno responsabilità, appuntamenti, date di consegna, interrogazioni ed esami e dovendo allo stesso modo trovare il tempo di creare rapporti umani e vite sociali, quelle ore di sonno che passiamo sdraiati a non fare nulla ad alcuni di noi sembrano quasi uno spreco. È forse possibile però adottare lo stesso sonno dei neonati, dividere quelle ore di sonno notturne durante la giornata o addirittura ridurle, fino ad ottimizzare le nostre vite come meglio crediamo. Questa idea è stata profondamente studiata e adottata da molti, fra i quali il dottor Claudio Stampi, fondatore del Chronobiology Research Institute e massimo studioso di sonno polifasico[3].
A livello medico-biologico, l’idea di ridurre le ore di sonno giornaliere da 8 a 6, 4 o addirittura 2 è a tutti gli effetti tecnicamente fattibile. Infatti le ore che passiamo nel letto non sono tutte funzionali al riposo: da quando ci si corica a quando ci si sveglia si passa attraverso varie fasi del sonno in cui solo durante la fase REM, cioè la fase di sonno più profonda ed intensa, ci si riposa. Imponendoci perciò di insegnare al nostro corpo ad entrare a comando nella fase REM, possiamo limitarci a dormire perfino 2 ore complessive al giorno, divise in 4 pause da 30 minuti ciascuna. Questo metodo in particolare, definito metodo Uberman[5], è l’estremizzazione assoluta dell’idea dietro al sonno polifasico e permetterebbe di vivere 22 ore di veglia al giorno.
Nonostante l’apparente fascino di guadagnare 6 ore al giorno di veglia i problemi a cui si va incontro non sono pochi: molte persone che tentano questo radicale cambio di abitudini non resistono per più di una settimana, schiacciate dal peso di un orologio biologico che non vuol sentire storie. L’orologio biologico è infatti il più grande ostacolo: essendo creature estremamente abitudinarie (carattere che condividiamo con il resto del mondo animale), cambiare ritmi di sonno in modo così radicale può richiedere mesi di problemi dovuti alla deprivazione del sonno: comportamenti antisociali, difficoltà motorie, scompensi ormonali e addirittura buchi di memoria di alcune ore.
Ammesso e non concesso, perciò, di riuscire ad adottare il sonno polifasico in modo funzionale nelle proprie vite, Sorge un altro problema: la noia. Molte sono le testimonianze[4] di persone che, pur avendo adottato il sonno polifasico non necessariamente col metodo Uberman anche per anni, si sono trovate a fare i conti con una società sotto l’egida del sonno monofasico: orari di lavoro ed attività sociali seguono il ciclo notte-giorno, perciò è chiaro che la vita polifasica non è adatta a tutti. Sembrerebbe infatti più adatta ad artisti e scrittori, anche se gli studi dello stesso Dottor Scampi hanno mostrato che, nonostante a lungo termine non si presenti nessun tipo di danno al cervello, è stato comunque riscontrato un generico calo di attenzione e creatività.
Perciò, se nella propria vita si hanno problemi di tempo, si può ricorrere ad un cambio radicale di stile di vita a seguito di circa un mese di sofferenza e buchi di memoria, oppure si può imparare a fare qualche compromesso. La scelta è vostra.
Per approfondire: Why we nap, di Claudio Scampi.
Fonti:
[1] http://www.kurzweilai.net/the-law-of-accelerating-returns
[2] https://science.education.nih.gov/supplements/nih3/sleep/guide/info-sleep.html
[3]http://www.sonno-polifasico.it
[4]https://www.supermemo.com/en/articles/polyphasic2010
[5]https://www.polyphasicsociety.com/polyphasic-sleep/overviews/uberman-2/
8 Gennaio 2017
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