Anche se Andy Warhol mi sta simpatico come una merda sotto le scarpe con le righine, bisogna ammettere che ci ha preso quando ha detto che in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti. Se dobbiamo ringraziare internet per averci dato l’accesso immediato a una quantità spropositata di pornografia e di foto di gattini, dall’altra siamo costretti a odiarlo per aver peggiorato la qualità della nostra vita con gli spam a cazzo di cane di sedicenti “blogger” o “social media manager” (o, peggio, “startupper”) e con adolescenti che, invece di drogarsi o infettarsi malattie veneree tra loro come si faceva un tempo, oggi inquinano i nostri momenti di cazzeggio online con i loro errori grammaticali e la finta arroganza di chi pretende di essere qualcuno.
In realtà, la fame di celebrità non è nata con internet, basti pensare al cugino diventato famoso nel paesotto per aver partecipato alla Ruota della Fortuna “con Maik Buongiorno”. La TV ha fatto per la prima volta sognare a milioni di stronzi di diventare famosi; si trattava però di un sogno perlopiù utopistico, come quello delle 13enni di sposare Justin Bieber o di Emilio Fede di venire sepolto di fianco a Berlusconi. Se non eri una figona di 16anni disposta a darla via a mezzo mondo oppure uno spacciatore con le mani molto in pasta, sapevi che il massimo di notorietà a cui potevi plausibilmente aspirare era quella di fare una telefonata in diretta a RDS o finire tra il pubblico di Forum.
Su internet, di contro, vedi dei disagiati sociali mascherati da rapper che superano le 3,5 milioni di visualizzazioni su Youtube o un ragazzetto che copia le battute del cucciolone che fa più di 20mila fan su Facebook, così la prima cosa che pensi è: “mbeh, e che ci vuole? Posso farlo anch’io! Posso diventare anch’io FAMOSO SU INTERNET!” Il risultato? Beh, lo conoscete già: qualche goccia di contenuti interessanti in un mare di cagate e mediocrità.
Certo, sono problemi che si possono parzialmente risolvere con un po’ di cura per i filtri (ne scrivo in questo articolo), ma resta che per un Nocoldiz ci sono migliaia di pseudo-youtuber oltre il limite del patetico (e tagliatevi quelle cazzo di frange, per dio) e per un Bagni Proeliator c’è una profusione di blogdimerda.blogspot finto esistenzialisti che nessuno si caga nonostante gli spam. Non parlo delle pagine Facebook perché se lo faccio poi mi date del fazioso, e a ragione.
Certo, se vedete che qualcuno ha successo e si fa un nome o due lire grazie a delle cagate su internet, è naturale provare a imitarlo. Il fatto è che per sperare di ottenere un minimo di notorietà online i propri contenuti devono essere o veramente eccellenti o di infima qualità (l’eccezione è chi diventa famoso “per caso” con la viralità di un video o di un immagine spesso caricata online da qualcun altro, e poi cerca forzatamente di sfruttare questa popolarità: quasi sempre farà pena). Io non dico che sia meglio accettare uno stage non pagato che mettere su un blog/una pagina facebook/un canale youtube, se non avete un cazzo da fare, ma almeno metteteci un tantino d’impegno; se poi l’idea migliore che vi è venuta e lo sbattimento per portarla avanti vi fruttano una dozzina di mi piace dopo un anno, vabbè, accettate il fatto che non ci siete portati. Si può vivere decentemente anche senza essere famosi sul web, o almeno così dicono.
Pensate un attimo anche a qualche esempio di soggetti “famosi su internet” in Italia, e siate sinceri: prima di un Willwoosh vi viene in mente un Trucebaldazzi. Banale da dire, ma su internet ci sono due cose che tirano: il sesso/porno e le cazzate. Se quindi volete la strada facile per diventare una “web celebrity”, o come la volete chiamare, se siete una ragazzina con le tette enormi e la predisposizione all’attention whoring potete sperare di diventare la nuova Marina Portolano (contente voi…), altrimenti, beh, potete rovesciarvi dell’acqua addosso mentre cantate in modo orrendo e diventare la nuova Gemma del Sud. Sì, non richiede grande talento. No, non credo che ne valga poi così tanto la pena.
Un discorso a parte lo meritano i cosiddetti “influencer” (lemma già di per sé orribile) del social web, quelli che si presentano come “social media qualcosa”. Non voglio per forza generalizzare, ci sono fuffologi (sono un fuffologo anch’io, l’importante è non negarlo) veramente bravi in quello che fanno e che si meritano di lucrare con le consulenze e i gettoni dei convegni. Il problema è che per un “guru” del web italiano ci sono 10 blogger pieni di boria che sembra non abbiano niente da fare tutto il giorno che tirarsi (metaforicamente) pompini tra loro su twitter , 100 speranzosi che spammano ovunque articoli del tipo “10 modi per valorizzare il tuo brand sui social network” e 1000 laureati che si presentano come “Social Media Specialist” su Linkedin che fissano con occhi vitrei la casella di spam dell’email sperando di trovarvi lì una risposta alle 800 candidature su Infojobs.
Per chiudere: dire che le “celebrità di internet” siano solo dei venduti o dei poveretti sarebbe ipocrita, visto che qualcuno sostiene che sia pure io una web celebrity (nel caso, tra le due preferisco essere annoverato tra i “poveretti”). Penso del resto che tra le due strade, tra quella di chi vuole capitalizzare trucchetti di SEO per lucrare come relatore ai convegni o come consulente di fuffologia a libro paga di enti parastatali o manager sprovveduti, e tra chi cerca di fingersi divertente per elemosinare attenzione (di cui evidentemente non abbonda nella famigerata “vita reale) su internet, la meno deplorevole sia la seconda.
Se poi volete proprio diventare “famosi su internet” e siete convinti che la gente debba sprecare il proprio tempo libero con i vostri contenuti, beh, allora non vi costa molto provarci.Se siete disposti a subire minacce di morte o, peggio, di fantomatici cugini avvocati, se non vi turba l’idea che degli onanisti 16enni diffondano immagini photoshoppate per screditarvi o che delle femministe americane cerchino di far finire come primo risultato di Google per il vostro nome un articolo in cui venite presentato come stupratore con tanto di foto (tutte cose realmente accadute), beh, fatevi sotto. Nel mio caso di relativa notorietà, dovuto in gran parte al “by Frullo” egoticamente appiccicato a una pagina Facebook diventata virale per le immagine sceme, a volte si sente il peso di non riuscire veramente a staccare da internet. Immagino quindi che una celebrità del web “vera” avrà sicuramente più possibilità di bullarsi e di fare soldi di me, ma la invidio relativamente, perché il rischio di ossessionarsi e finire con un “burnout” come hanno fatto molti che sono spariti da un giorno all’altro c’è, eccome. Alla fine di tutte queste belle parole, quale doveva essere il mio consiglio? Toh: “fate un po’ il cazzo che vi pare, basta che vi divertiate a farlo”. Il punto alla fine dovrebbe essere quello, credo.
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