Ciauz IMDIani, oggi vorrei affrontare un argomento molto delicato quanto attuale: il caso Monte dei Paschi di Siena (d’ora in avanti MPS).
Ci sono varie considerazioni da fare, sia dal punto di vista economico che da quello politico. Prima di parlare del caso MPS in particolare, vorrei fornire un quadro della situazione internazionale e nazionale per quanto riguarda la governance delle istituzioni finanziarie. Questo sarà utile a capire la situazione per bene, a fondo, e non cadere in qualunquismi come “paghiamo l’IMU per MPS” o “Monti fa i favori alle banche”.
Dal punto di vista internazionale, una delle più grandi sfide odierne, sia dal punto di vista del legislatore/regolatore sia da quello dello sviluppo di best practice in campo economico (lo annovererei tra la ricerca nel campo delle scienze sociali), è quella del miglioramento della Corporate Governance delle istituzioni finanziarie. Serve, infatti, uno sviluppo per cercare di ridurre il problema del moral hazard. Vi ho linkato sia la definizione di corporate governance sia quella di moral hazard, ne avrete sentito sicuramente parlare dopo il 2008, ma capirete ancora meglio con il seguente esempio.
Nel 2008 la crisi finanziaria ha messo in evidenza l’inadeguatezza dei sistemi di corporate governance delle istituzioni finanziarie. In genere sono dei sistemi in cui il management guadagna uno stipendio fisso, al quale si aggiungono dei bonus in caso di raggiungimento di certi obiettivi. Questo serve ad allineare l’interesse del management a quello degli azionisti. L’utilizzo di obiettivi inadeguati potrebbe portare a conseguenze negative ed ulteriori distorsioni e disallineamenti degli interessi del management. Ma c’è un altro problema da temere: il circuito finanziario è per l’economia quello che l’autostrada è per i trasporti, se il sistema è in crisi tutto si blocca e le risorse non si trasferiscono in modo adeguato. Se si aggiunge che le istituzioni finanziarie sono diventate sempre più grandi, interconnesse e attive in più business (specialmente dopo l’abolizione del Glass-Steagall Act), è chiaro ed evidente che nessuno fallimento bancario è auspicabile. Questo si traduce in: le autorità competenti potrebbero avere grossi disincentivi a lasciare che il mercato decida le sorti di una banca, trovandosi costrette ad intervenire con diversi metodi, ma sempre a spese del contribuente.
Facciamo il punto della situazione, mettendoci nei panni di un manager di una banca con una Corporate Governance inadeguata. Io, manager, guadagno 500k all’anno, ma mi danno un bonus di 300k se tiro su i profitti del 50%. Una delle leggi della finanza ricorda che grossi rendimenti si ottengono solo con grossi rischi, quindi se voglio tirare su i profitti devo rischiare di più. Ma aspetta un attimo, rischiare significa far crescere i rischi di fallimento della banca, ma tanto il mio contratto scade fra 2 anni, e mal che vada ci aiuta il Tesoro, non possono lasciar fallire una banca come questa. Questo è il moral hazard, “una forma di opportunismo post-contrattuale”, come se io contraessi l’assicurazione sulla vita e poi iniziassi a praticare sport estremi, mangiare come una belva e drogarmi come un pazzo.
Adesso, vorrei evitare i vari “ladri, massoni, ebrei, rettiliani” e stronzate varie, così come “è tutta una truffa, a spese del popolo”; il mio esempio è una grossa semplificazione della realtà, gli attori e gli incentivi in gioco sono di più e rendono la situazione molto più complessa.
Non vorrei tediarvi con l’esempio di Lehman Brothers, ne approfondirlo, perché ne avrete le palle piene di questa storia. Lo cito solo come esempio di banca “troppo grande per fallire”, consigliandovi anche di guardare il film-documentario “Too Big To Fail”.
Per chi fosse interessato, alla fine dell’articolo, approfondisco un minimo la storia del Glass-Steagall Act, perché spesso molti dicono “è colpa del fatto che le banche di investimento possono fare le banche commerciali”, senza capire bene cosa significa. Per non tediarvi troppo, lo metto in parte solo per gli interessati.
Dal punto di vista nazionale, uno dei problemi più gravi è la commistione tra banca e politica. Sarò molto breve e celere, in pratica le banche italiane sono state tutte privatizzate, ma sono nelle mani delle fondazioni bancarie, gestite da dinosauri della politica. Questo fattore porta a grosse inefficienze nel circuito finanziario italiano, poiché ci vanno di mezzo clientelismi, consulenze ad amici e parenti, e così via. In pratica, nonostante le banche italiane siano in mano ai privati, continuiamo ad avere delle complicazioni che spesso appartengono a banche nazionalizzate. Consiglio di leggere, su questo link, l’abstract di questa ricerca sui “contro” delle banche nazionalizzate, così potrete capire quali sono i problemi derivanti dalla commistione tra politica e finanza. La differenza è che la banca pubblica almeno gode di rating migliori e si indebita a costi minori. Credo che sia uno dei maggiori problemi italiani, decisamente da risolvere. Draghi, da presidente di Bankitalia, ha fatto diversi solleciti, incitando le banche a ricapitalizzare, ma a quanto pare le fondazioni non hanno più denaro per acquistare le nuove quote (evitando di essere diluite), quindi si sono arroccati e stanno cercando di evitare a tutti i costi le ricapitalizzazioni. Quindi ben venga una vigilanza unica europea con potere di ricapitalizzare le banche, potrebbe essere la volta buona che ci liberiamo di questi parassiti.
Ma veniamo a noi, o meglio a MPS. Cosa succede? Succede che il management fa degli investimenti rischiosi e cerca di coprire alcune perdite con degli strumenti derivati. Come spiegato in un altro articolo, uno strumento derivato è uno strumento finanziario il cui valore deriva dal prezzo/valore di un’attività sottostante. In questo caso, il signor Mussari, ha sottoscritto un contratto derivato parecchio rischioso (così sembra) con Nomura, nelle vesti di controparte. Questo ve lo dico solo per soddisfare eventuali curiosità: Nomura è una banca di investimento Giapponese nata dalle ceneri di Lehman Brothers. Naturalmente se MPS perde, Nomura guadagna. Qualcuno direbbe: ma scusa, questo qui fa dei contratti rischiosi e nessuno dice nulla fin quando non perde dei soldi? Risposta: nessuno ha detto nulla perché il contratto è stato tenuto nascosto, gli strumenti derivati in genere sono attività “fuori bilancio”, si iscrivono a bilancio eventuali flussi in uscita e in entrata (in pratica i vari pagamenti/incassi), ma non i contratti in se. Molto probabilmente, però, un contratto del genere andrebbe scritto in Nota Integrativa, una parte fondamentale di un bilancio. Dalle intercettazioni, infatti, si evince che Mussari ha confermato a Nomura di aver avvisato i revisori contabili del contratto (in questo caso la società KPMG), ma mentendo spudoratamente, dato che KPMG dice di non saperne proprio nulla (e sembra che i fatti non smentiscano la società).
Quindi oggi MPS si trova delle perdite perché deve onorare gli impegni presi tramite uno strumento molto rischioso, senza aver comunicato nulla al mercato. Il signor Mussari, nel frattempo, non è più CEO di MPS, ed è già andato a casa con la sua remunerazione. Qui però la situazione si fa pericolosa, non si tratta solo di rischi ma anche di illeciti (come nascondere contratti al revisore contabile), e Mussari potrebbe rischiare anche qualche condanna penale. Staremo a vedere. Nel frattempo oggi il Ministro Grilli ha annunciato, in Parlamento, multe per il management e la banca. Qualcuno dice anche: e dov’era chi doveva vigilare? Vorrei davvero poter spendere due parole in più su questo, ma purtroppo oggi ho avuto poco tempo, non abbastanza per leggere il rapporto di Bankitalia sul loro lavoro di vigilanza nei confronti di MPS. Vi mollo il link, se ne avete voglia provate a leggerlo, se qualcuno ha dubbi chieda pure e lo commentiamo assieme quando riesco a leggerlo. Comunque vedrete che Bankitalia aveva già sanzionato qualcuno e continuerà a farlo.
Rapporto Bankitalia su vigilanza nei confronti di MPS.
Specialmente dopo quello che ho scritto prima, capirete bene che in questo momento tutto servirebbe all’Italia tranne che un fallimento bancario o dubbi sulla tenuta del nostro sistema finanziario. La scelta del governo Monti è stata obbligata, non credo ci abbiano pensato due volte, non è proponibile un fallimento bancario in questo momento. Ma facciamo attenzione alla tipologia di intervento. Prima di tutto non è un aiuto di stato, è un prestito oneroso con un tasso variabile che va dal 9% al 15%. Nonostante Tremonti provi a gettare merda sugli altri, i suoi bond non avevano scadenza mentre questi hanno dei limiti temporali. Inoltre sono dei bond ibridi, significa che lo Stato può convertirli in azioni e, quindi, diventare azionista. C’è anche una ulteriore clausola: nel caso MPS non pagasse gli interessi, verrebbero emessi automaticamente altri Monti bond. Questo a cosa serve? Beh, serve a nazionalizzare la banca. A quel punto lo Stato diluirebbe ancor di più, e in modo automatico, gli attuali azionisti e scambierebbe i bond con azioni di nuova emissione. La banca sarebbe nazionalizzata, lo Stato potrebbe cercare di rimetterla in sesto e rivenderla sul mercato, probabilmente liberandosi da quei parassiti nella proprietà. Ah, quei parassiti, quasi dimenticavo. È ovvio che “il PD c’entra”. Nessuno punta il dito su Bersani, non significa che Bersani “c’entri”. Ma il PD sì, vi ho spiegato prima come funziona in Italia, e questa è una banca che il PD si è preso tutta per se, cercando di sbatter fuori altri schieramenti politici. Gli altri fan puzza di merda lo stesso, ma gestiscono altre banche.
Nei commenti su IMDI ho letto anche qualcosa sul fatto che i depositi siano assicurati fino a 103.000€. Vero, ma i danni causati da un fallimento bancario non si limitano soltanto ai depositi, invito ancora a guardare “Too Big To Fail” per avere qualche buon esempio preso dalla storia recente.
Ricapitolando, quello di MPS è un problema di:
In questo articolo sul sole 24 ore c’è un quadro della situazione, per chi fosse particolarmente interessato e non soddisfatto da quello fatto da me (dato che non sono entrato nel merito di questioni come l’acquisizione di Banca Antonveneta, che hanno contribuito al disastro nei conti del gruppo).
Spero di esser stato chiaro, come al solito cercherò di rispondere ai commenti, se c’è qualche argomento in particolare che vi piacerebbe io approfondissi scrivetelo pure, se non crollano altre banche magari lo affronto. Non so se il prossimo articolo sarà prima o dopo le elezioni, ma per ora vi ricordo che “nel segreto della cabina elettorale, Dio vi vede, Stalin no!” (just kidding, non c’è nessun riferimento ad un candidato che fa molta simpatia agli IMDIani, anzi l’UDC è la cosa che mi da più fastidio in quella coalizione).
Sotto un riquadrino di approfondimento sul Glass-Steagall Act e la deregulation del settore finanziario.
EDIT doveroso al 31/01: per la questione dell’acquisizione di Banca Antonveneta, che ha contribuito all’erosione dei conti (depauperazione del capitale, come direbbe il mio ex prof di bilancio) poiché è stata strapagata senza motivazioni razionali, la procura ha aperto un fascicolo e sta indagando per i reati di truffa, aggiotaggio, turbativa e ostacolo ai controlli, e (forse) associazione a delinquere.
Per quanto riguarda il Glass-Steagall Act, è una legge del 1933, in cui si istituiva la FDIC, assicurazione sui depositi, e si introducevano una serie di riforme sul settore bancario, tra le quali il divieto per le banche commerciali di occuparsi del business dell’investiment banking. In poche parole, una banca avrebbe dovuto scegliere se essere una banca commerciale o una banca di investimento. La legge fu abolita nel 1999. Molti dicono che questa fu una delle cause maggiori della crisi del 2008. Questo è vero. Dicono anche che si tratta del fatto che i depositi altrimenti non sono più al sicuro ecc… Qui si inizia a fare un po’ di confusione. È in parte vero, se ne può parlare, ma non è la motivazione principale. Partiamo dallo scoppio della bolla immobiliare: come ormai saprete, i prezzi delle case in USA sono cresciuti in modo allucinante per poi crollare, quello che spesso chiamiamo “scoppio della bolla”. I prezzi sono saliti perché le banche americane concedevano prestiti a basso costo e, allo stesso tempo, i criteri per poter ottenere del credito diventavano sempre più flessibili. In pratica, nel 2006 in USA quasi tutti potevano comprare una casa, a debito. Questo è stato possibile grazie ad uno strumento finanziario, la Securitization (nota in Italia come cartolarizzazione del credito). In pratica una banca concede del credito, poi impacchetta vari tipi di credito con vari rischi, e li vende ad una società veicolo. Come fa questa società veicolo a pagarli? Emette delle obbligazioni, e in cambio pagherà degli interessi. Riuscirà a pagare questi interessi grazie a quelli derivanti dal credito acquistato dalla banca. In pratica la banca vi fornisce credito, ma poi passa tutto nelle mani di un’altra società. In un certo senso, si è assistito ad una specializzazione delle banche su alcune parti della catena del valore dell’emissione di credito. Mentre prima lavoravano su tutto il business, dall’emissione, alla riscossione, all’assunzione del rischio, ora le banche possono lavorare solo sull’emissione e la selezione dei debitori. Sembra una bella cosa, ma il mercato è diventato molto appetibile e liquido e le banche hanno avuto incentivi a fornire sempre più credito, in modo più flessibile e a condizioni migliori (tanto non assumevano il rischio). Non è una discussione sulle cartolarizzazioni, quindi vi spiego subito come tutto è collegato e perché questo mercato ha avuto così tanto successo.
Come detto prima, nel 1999 viene abolito il Glass-Steagall Act. Ora una banca commerciale può fare la banca di investimento e viceversa. Ma succede qualcosa di inaspettato (forse). Le banche commerciali riescono ad attaccare il mercato dell’investment banking, perché hanno buone risorse umane e competenze o, comunque, riescono ad ottenerle. D’altra parte, le banche di investimento non riescono ad attaccare il mercato delle banche commerciali, perché ci vuole una rete molto stratificata e delle competenze totalmente diverse da quelle che loro hanno sviluppato. Quindi le investment bank si sono trovate a perdere quota di mercato a causa delle banche commerciali, senza poter diversificare ne aggredirle sul loro mercato. Però abbiamo appena detto due cose: le Investment Bank non sono capaci di selezionare debitori ed emettere credito; la cartolarizzazione permette di specializzarsi in poche fasi della catena del valore dell’emissione del credito. La soluzione è a portata di mano: le investment bank possono comprare questi strumenti finanziari, diversificando il portafoglio, entrando sul mercato delle banche commerciali, ma senza selezionare i debitori (perché lo fa la banca commerciale, che poi si libera del credito vendendolo, e tra gli acquirenti c’è la banca di investimento). In pratica la banca commerciale fa quel che sa fare meglio, selezionare i debitori ed emettere credito, la banca di investimento fa quel che sa fare meglio, selezionare degli investimenti (si assume solo il rischio del credito, quindi non gli servono altre competenze).
Per concludere, l’abolizione del Glass-Steagall Act è stato, indirettamente, un fattore di propulsione per il mercato delle cartolarizzazioni e, di conseguenza, per l’emissione di credito e il prezzo degli immobili. Nonostante quelli di Goldman Sachs siano dei cattivoni, in un certo senso si sono dovuti difendere dall’erosione del loro mercato a causa dell’abolizione del Glass-Steagall Act. Spero l’approfondimento sia stato di vostro interesse, se qualcuno non ha capito come funziona la cartolarizzazione, scriva nei commenti o provi a leggere qui.
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