Su una cosa possiamo di certo concordare tutti: è stata la campagna elettoral-referendaria più brutta di sempre. Forse, e lascio valida l’ipotesi del dubbio, se la gioca in bruttezza con le elezioni del 1953, quelle della cosiddetta “legge truffa“, che dava un premio di maggioranza del 65% – relativo ai seggi della Camera dei deputati – alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse superato la metà dei voti validi: un qualcosa di simile all’Italicum per certi versi, che va, secondo molti, a forzare la mano della rappresentanza democratica in nome della governabilità. Sarà un caso, dicevamo, ma episodi tanto simili hanno portato ad un clima politico totalmente diviso, fluido e non omogeneo: fluido e non omogeneo come i sostenitori di entrambe le fazioni. Il capo del Governo Matteo Renzi ha definito la sua controparte una “accozzaglia“, e forse – guardando nel merito e considerando il termine nella sua accezione non dispregiativa – non ha tutti i torti: a noti membri della vita politica (soprattutto dell’opposizione) come Salvini, Berlusconi, D’Alema e Meloni si sono aggiunti eminenti costituzionalisti e professionisti del diritto quali, ad esempio, Valerio Onida, Vittorio Angiolini, Gianmaria Flick e Gustavo Zagrebelsky.
Sono stati proprio questi ultimi e i loro pareri a farmi porre una domanda fondamentale: per la progettazione delle fondamenta della mia casa mi fiderei più del parere di un gruppo di bravissimi muratori e carpentieri o ad un team di ingegneri e architetti? Può ovviamente sembrare una domanda capziosa, ma è utile a ricordarci che in Italia tutti diventano CT ogni due anni, tutti diventano atleti olimpici ogni quattro e tutti diventano costituzionalisti ogni dieci anni, più o meno. Ed è utile a ricordarci, soprattutto, che l’unico modo per farci una nostra idea di una cosa è capirla e non affidarci al santone di turno. L’ho letta, quindi, la riforma costituzionale proposta dal Governo, e semplicemente non mi è piaciuta. Pur avendo votato per Renzi alle elezioni europee, pur ritenendolo l’unico vero politico in un panorama desolante, pur dovendo far parte di un’accozzaglia composta da frange di tutti i tipi. Mi sono sentito un po’ come il dottor Bebo, in Selvaggi, quando sa di dover stare in aereo in compagnia di un poco elegante signore che il viaggio l’aveva vinto col gratta e vinci. Ecco.
Ma si può votare una riforma costituzionale per ragion di Stato? Si può ritenere la stabilità del Governo più importante della Legge Fondamentale (o Grundnorm, per far felice Kelsen), il perno del patto sociale che regola la nostra società? Secondo me no, ed ecco perché, pur votando e forse (probabilmente) rivotando Renzi in futuro, voterò No in questo gelido referendum dicembrino.
Andiamo con ordine.
Direte voi: “ma cosa non ti piace, in sostanza, di questa riforma?”
Ecco quindi una pratica summa, con tanto di punti ed elenchi come piacciono ai ggiovani d’oggi.
In breve: ci sono sicuramente tante buone cose in questa riforma, a partire dall’abolizione dello CNEL (saltato a piè pari in ogni manuale di costituzionale da ogni studente di giurisprudenza), per proseguire con l’idea del superamento del bicameralismo perfetto e col riordino degli enti locali: se il ricorso per lo “spacchettamento” del quesito referendario del presidente Valerio Onida fosse stato accolto, a questi punti avrei votato un secco Sì. Ma ci sono troppi punti, preponderanti nel complesso della riforma, che ritengo negativi per l’intero impianto costituzionale.
Il minare alla base la struttura regionalistica per un nuovo centralismo del potere va contro tutto ciò che sta avvenendo in tutte le democrazie occidentali e contro ogni principio di sussidiarietà; questa sorta di neo-premierato non risolve il problema istituzionale, ma crea solo una specie di mostro di Frankenstein senza né capo né coda, il combinato disposto con la legge elettorale o con le eventuali, anche molto successive, modifiche possibili creano un pericoloso accentramento di poteri nella maggioranza.
Per questi e per altri motivi che di sicuro ho dimenticato di segnalare, caro Matteo, il 4 Dicembre dovrò votare No.
19 Aprile 2017
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12 Dicembre 2016
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