Tutti hanno sentito prima o poi qualcosa di Philip Glass: consapevolmente o inconsapevolmente, è uno degli artisti classici viventi più famosi, tanto da essere citato nei Simpson e in South Park, e aver influenzato gruppi come i Muse, oltre che aver avuto importanti collaborazioni con David Bowie e Ravi Shankar.
La sua produzione è sterminata: dalle canzoni alle sinfonie, passando per l’opera lirica e le colonne sonore.
Glass si appassiona da subito alla musica classica contemporanea, grazie al negozio di dischi del padre, per poi studiare tra l’America e la Francia negli anni 60. Qui conosce Ravi Shankar, collaborando con lui alla sua prima colonna sonora, Chappaqua, come supervisore. La collaborazione con il celebre musicista indiano lo porta come tanti negli anni 70 a fare il classico viaggio in India, a diventare vegetariano e ad incontrare il Dalai Lama.
Rifiuta in toto la musica supercomplessa e ragionatissima di Boulez, preferendo un suono più diretto, fatto di ritmi compulsivi e una ricerca della semplicità sonora: abbraccia così quello che poi verrà definito “minimalismo”, definizione dalla quale si “emanciperà” in seguito.
La risposta, dal mondo della classica, è negativa: non se lo fila nessuno. Era il periodo dell’avanguardia sfrenata, di autori come Stockhausen, Ligeti e Xenakis, e una ricerca della semplicità sembrava qualcosa di inconcepibile.
La soluzione? Diventare un tassista e aprire una ditta di traslochi con Steve Reich, altro compositore minimalista, a cui dedica il pezzo “Two Pages”. Nel frattempo si esibisce in “Music in the shape of a square for two flutes” per un pubblico di appassionati di arti visive: gli spartiti, sparsi per le pareti, richiedono agli esecutori di muoversi lungo la stanza. Le reazioni sono entusiastiche.
Una delle caratteristiche della prima musica di Philip Glass è la lunghezza estrema dei pezzi: questo è derivato dall’influenza di Morton Feldman, compositore americano celebre per le sue ripetizioni ossessive. In Glass, questo elemento pure è presente, ma tali ripetizioni sono sempre variate: spesso cambia una sola nota, oppure cambia leggermente la pulsazione ritmica. Un esempio di questa tecnica è “Music in Twelve Parts”, brano che può superare le tre ore: lungo tutto il pezzo, solo l’organo è onnipresente, mentre tutti gli altri strumenti non si sentono mai assieme.
Alcuni grandi lavori di Glass sono per il teatro: infatti, oltre che scrivere musiche di scena, è anche un prolifico autore di opere liriche, dai temi sempre particolari o con elementi molto inusuali. Si è già parlato, per esempio, di “Einstein on the Beach” in un altro articolo, ricordandola come una delle opere più lunghe esistenti, che in origine non doveva essere sul celebre fisico, ma su… Adolf Hitler. In realtà quest’opera è solo la prima di un ciclo di opere biografiche, insieme a “Satyagraha” (su Gandhi, cantata in sanscrito) e “Akhnanten” (sull’omonimo faraone, con testi in egiziano antico ed ebraico). Al di fuori del ciclo, ci sono altre opere a carattere biografico: “Galileo Galilei”, “The Perfect American” (su Walt Disney, dalla quale ne esce un ritratto impietoso) e “Kepler” (su Keplero). Da questo punto di vista, Glass è estremamente prolifico, trattando soprattutto tematiche storiche (scriverà il frammento dell’opera collettiva “The Civil WarS” su Garibaldi), e fantascientifiche (scrivendo due opere basate sul ciclo “Canopus in Argo” di Doris Lessing, “The Marriages Between Zones Three, For and Five” e “The Making of the Representative for Planet 8”).
Ma accanto alla produzione teatrale, scrive anche molte colonne sonore, tanto per film superimpegnati (come la Trilogia Qatsi, serie di documentari la cui parte audio è interamente affidata alle musiche di Glass) quanto per film popolarissimi, come “The Truman Show” e “The Illusionist“, oltre che ad uno dei film horror degli anni 90 per eccellenza, “Candyman“.
La sua produzione più leggera non si ferma qui, ma si occupa di trarre delle sinfonie dai CD di David Bowie, come la sua sinfonia N°1, soprannominata “Low Simphony” proprio perché basata sull’album “Low” di Bowie, ma anche comporre canzoni originali, basate tra gli altri su testi di David Byrne e Paul Simon, presenti nell’album “Songs from Liquid Days”.
Glass è un artista che è riuscito così ad influenzare non solo tantissimi compositori delle nuove generazioni, ma anche tantissimi artisti di musica leggera: i Muse, per esempio, lo considerano una loro influenza, soprattutto nel brano “Take a bow“, ma anche dj BC, che ha realizzato “Glassbreaks” un album rielaborando brani di Glass e mescolandole con parti vocali di Lil Jon e Kanye West.
E oggi? Philip Glass ancora oggi è molto attivo, anche nel campo delle colonne sonore: ha scritto, con Marco Beltrami, la colonna sonora di quella catastrofe cinematografica che è stata “Fantastic Four“, film distrutto sia dalla critica che dal pubblico, ma fortunatamente la qualità della musica di questi due autori non è stata intaccata. Ma oltre a questo, Glass, a 79 anni, fa ancora tournée mondiali, con tappa in Italia il 14 Novembre a Parma al Teatro Regio, dopo essere stato il 4 Novembre a Bordeaux, in Francia.
Sono nato nel 1990, divido la mia vita tra il comporre musica e il giocare ai giochi da tavolo. La mia missione è far conoscere la musica colta contemporanea alla mia generazione, che nell'ultimo secolo non c'è stato solo il rock.
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