Forti del nuovo acquisto (già collaboratore in passato) Leland Whitty ai fiati, i BadBadNotGood arrivano al Quirinetta di Roma per la loro prima ed unica data italiana (5/11/2016).
Ad attenderli un sold out importante, considerato il genere: i BadBadNotGood (BBNG per gli amici) sono infatti un caso strano per la critica musicale internazionale. Giunti alla fama grazie alla viralità online delle loro reinterpretazioni in chiave jazz di pezzi hip-hop (e grazie all’interesse di Mr. Tyler, The Creator), dopo il successo dell’album III (2014), il crossover col membro del Wu-Tang Clan Ghostface Killah (Soul Sour, 2015) e la definitiva consacrazione con IV (2016), nonostante il generale consenso la band canadese viene infatti alternatamente accusata di essere troppo poco hip-hop o ancora fin troppo di maniera e composta per essere un combo nu-jazz.
L’alone di weirdness caratteristico delle loro composizioni e personalità accompagna la band anche sul palco: i quattro, poco più che ragazzini sbarbati e puliti, si presentano al pubblico brandendo stecche d’incenso incastrate in bicchieri di carta marchiati Red Bull e, dopo averli piazzati sul palco, iniziano a darci dentro con gli strumenti, in una situazione che ha quasi dell’esilarante.
Mattatore assoluto della serata è il batterista Alexander Sowinski: sessionman sopraffino, instancabile ed energico (tanto da far volare via le bacchette durante un assolo e continuare a suonare a mano), e frontman improvvisato, persino logorroico nel suo guidare a voce la folla mentre snocciola ritmiche intricatissime, o esaltante e divertente mentre nuota sul palco brandendo incenso fumante laddove la batteria non è richiesta, o ancora mentre fa dabbing per salutare il pubblico ed ingraziarsi i mememaster in sala. La partecipazione della platea è a sua volta notevole, intensa, ed i musicisti si rivelano estremamente divertiti dalla situazione.
Tra le risate ed il divertimento, e sopra di essi, la musica: quasi due ore piene e carichissime di concerto, con brani selezionati principalmente dagli ultimi due lavori, più alcune reinterpretazioni. Il livello tecnico è notevole, ma senza rendere ostico il prodotto, così il pubblico è liberissimo di perdersi in stacchi e ripartenze, ritmiche ed incastri gustosamente jazz su cui svettano il suadente sassofono di Leland Whitty in Confessions ed il basso quasi impossibile da seguire di Chester Hansen in una lunghissima versione di Kaleidoscope, o di lasciarsi trascinare dal beat, dai drop, e dalle tastiere di Matthew Tavares (purtroppo leggermente indietro nel mix del Quirinetta, unica grossa pecca della serata a rovinare un po’ l’atmosfera e la struttura dei pezzi più elettronici) in And That Too, Speaking Gently, Lavender.
AYE ❤️❤️❤️ TO ROME!!!! TONIGHT WAS A BLAST WOOW FIRST TIME IN ITALY… LIT ?????⭐️???☄????
Una foto pubblicata da @badbadnotgood in data: 5 Nov 2016 alle ore 18:42 PDT
Chiusura col botto con CS360, in cui i BadBadNotGood prestano la propria tecnica ad un pezzo dall’atmosfera trip-hop, con le linee di basso che ti colpiscono allo stomaco ed i synth suadenti e notturni, che fa ballare e saltare il pubblico, ancora una volta guidato da Sowinski, fino all’ultimo respiro, prima del bis finale, anch’esso tiratissimo.
Non è facile classificare i BadBadNotGood neanche assistendo ad un loro live. Quel che è certo, però, è che si tratti di musicisti di razza, accademici eppure irriverenti, capaci di sfoggiare capacità notevoli mettendole al servizio dell’occasione e del pubblico, dimostrandoci ampiamente come in fondo le classificazioni di genere servano solo ad avere un aiuto nella critica, come la tecnica sia uno strumento che ti permette di esporre quel che senti al meglio e come l’importante nella musica resti trasmettere qualcosa, ed i BadBadNotGood riescono benissimo a trasmettere il loro divertirsi sul palco, il loro necessario nutrirsi dell’energia del pubblico.
Chitarrista per passione, studente di Medicina nelle restanti 23 ore della giornata. Se non esistesse la musica, probabilmente non avrei validi motivi per alzarmi dal letto al mattino; sfrutto questi spazi per dirvi la mia.
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