Quando il 5 dicembre dell’anno scorso il Leicester si trovò in testa alla classifica insieme al Manchester City, pochi credevano che una tra le più incredibili imprese della storia del calcio si sarebbe realizzata davvero. Già allora, però, in tutto il mondo si iniziava a sperare in quel piccolo Davide, che aveva l’appeal di una ventata d’aria fresca in un campionato dominato dai soliti Golia. Oggi invece, dopo la sconfitta contro il Sunderland (al momento terzultimo), il Leicester si trova sedicesimo in classifica con tredici punti ed appena due di distacco dalla zona retrocessione. Un tracollo di questo genere si può spiegare? Ebbene sì.
Oltre all’impegno in Champions League, che si aggiunge al frenetico calendario del campionato inglese, la ragione più evidente è la partenza di Kanté. Benché in parte eclissato dalle prestazioni di Vardy e Mahrez, Kanté era il vero uomo in più del Leicester; straordinariamente infaticabile, i suoi interventi difensivi erano fondamentali per lanciare le ripartenze del trio Okazaki-Vardy-Mahrez. Non è quindi paradossale dire che ad influire sulla crisi offensiva del Leicester siano anche i problemi difensivi.
Amartey, classe ’94 importato dall’FC Copenhagen come suo sostituto, paga in maniera evidente l’inesperienza in un campionato tanto più intenso di quelli nordeuropei da cui proviene. Obbligato ad arginare tali crepe difensive, anche Drinkwater appare fuori ruolo e poco incisivo. In questo, imputabile a Ranieri è l’incapacità di cambiare modulo nel momento in cui i nuovi innesti faticano ad inserirvisi e le altre squadre hanno imparato a gestirlo.
Un altro problema, infatti, è proprio questo: come spiegato da Troy Deeney, capitano del Watford, gli avversari si sono abituati al loro sistema di gioco. Tenendo più bassa la linea di difesa si concede alle Foxes gran parte del possesso, ma li si obbliga al contempo a giocare con passaggi corti e bassi, neutralizzando così anche la rapidità di Vardy in occasione delle azioni di contropiede.
Individuato in Mahrez il playmaker dal quale nasce la gran parte del prodotto offensivo del Leicester, persino alle squadre meno competitive è bastato raddoppiarlo per ridurre le potenziali minacce. Notevole in questo senso è il dato delle reti segnate da Vardy, secondo solo a Kane nella classifica cannonieri ’15-’16, che in questa stagione conta appena due segnature in Premier League contro le quattordici in altrettante giornate dell’anno scorso.
Come si spiega allora tanto successo in Champions League? Applicando lo stesso ragionamento. Club Brugge, Copenhagen e Porto (le altre squadre del girone G) non hanno saputo sfruttare i punti deboli del Leicester, ormai ben noti alle squadre di Premier League. La linea difensiva di tende ad alzarsi durante le incursioni nella metà campo avversaria e a non rientrare in tempo a palla persa. In questo modo si perde il raddoppio su Mahrez e si lascia spazio d’azione alla rapidità di Vardy e di Okazaki. Per fermare il contropiede i difensori sono costretti al fallo, e in quest’ottica consideriamo che 4/7 gol in Champions del Leicester arrivano da calcio piazzato.
Nel frattempo, nel resto d’Europa il leggendario Leicester di Ranieri ha già smesso di fare notizia. Le partite delle Foxes compaiono raramente nei palinsesti delle trasmittenti sportive. L’ondata di nuovi tifosi pronti a celebrarne lo storico trionfo è misteriosamente scomparsa. Forse per coincidenza, forse per distrazione. Forse per seguire la nuova Favola Calcistica™ di questa stagione. Chissà.
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