Nella giornata di venerdì 2 dicembre, durante la cerimonia di premiazione del suo tanto agognato titolo mondiale, Nico Rosberg ha espresso al mondo la sua volontà di ritirarsi. Lo ha fatto sia con un post sulla sua pagina personale di Facebook che durante una conferenza stampa tenutasi durante il galà della Federazione Internazionale dell’Automobile a Vienna.
Il trentunenne tedesco figlio d’arte non difenderà il titolo mondiale da lui conquistato quest’anno. Sarà il sesto pilota di Formula 1 a farlo, dopo – nell’ordine – Hawthorn, Rindt (l’unico pilota ad aver conquistato il titolo mondiale postumo), Stewart, Mansell e Prost. Un altro piccolo record consiste nell’aver vinto il mondiale con lo stesso numero – il 6 – del padre Keke, e averlo vinto con un passaporto differente dal suo, contrariamente all’altra coppia padre-figlio Graham-Damon Hill, con il secondo che è stato l’unico pilota a correre due mondiali e a vincerne uno con il numero 0 sulla macchina.
La vittoria del mondiale da parte di Rosberg è il giusto coronamento di una carriera costellata di sacrifici, oltre che di una buona dose di talento. Se nelle due scorse stagioni – nonostante avesse il miglior mezzo meccanico tra le mani – non era riuscito ad agguantare il titolo mondiale, soffiatogli dal più talentuoso compagno di squadra, quest’anno – vuoi perché il 2016 è l’anno delle sorprese, vuoi perché il suo omologo cinematografico ha vinto il tanto agognato Oscar – Nico ha decisamente invertito (e fatto invertire a Hamilton) la rotta sul piano della guerra mentale.
Un cambiamento psicologico importante si è potuto ravvisare in entrambi i piloti: Nico è diventato più freddo e calcolatore, lasciandosi prendere meno dall’emozione, amministrando bene il vantaggio e difendendosi oculatamente (anche dai giovani arrembanti del calibro di Verstappen) in moltissime occasioni. Le sbavature tipiche del Di Caprio dei motori non si sono viste, mentre si sono sentite di più le notti brave del rapper-pilota Hamilton. Il membro dell’ordine dell’impero britannico sembrava occuparsi maggiormente dell’aspetto social di se stesso (o dei suoi cani), soprattutto nella prima parte di stagione, che del titolo mondiale. Un peccato di hybris pagato a caro prezzo, unito a una voglia di strafare che spesso lo ha portato all’errore.
Lewis Hamilton non ha perso il mondiale per la rottura del motore in Malesia, l’ha perso quando ha passato le sue notti in discoteca invece che sul simulatore. Quando ha reputato importante far salire sul podio monegasco, invece che un ingegnere di pista o anche un meccanico qualsiasi, nientepopodimeno che Justin Bieber. Quando è andato lungo in qualifica, a Baku, tentando di recuperare un eccesso in frenata e schiantandosi contro le barriere. O, ancora, per le innumerevoli partenze in pole gettate al vento quest’anno.
La differenza tra i due piloti è palese. Nico non ha la velocità né la versatilità tipica di Lewis, e forse neanche la sua consapevolezza di sé (al limite dell’arroganza) che spesso lo porta ad essere spericolato. Al contrario non sente la macchina, la comprende, e in caso di emergenza riesce ad intuire quali parametri variare sul volante senza pasticciare a caso, come a Baku, dove – in un test fatto all’ingresso in Williams – aveva dimostrato una spiccatissima attitudine per l’ingegneria.
I contrasti tra i due si notano anche nel modo di gestire la vita privata e pubblica. Hamilton è più solitario con i suoi colleghi piloti, con quell’aria da self-made man che ostenta ricchezza, mentre Nico è più compagnone. Se il bad-boy Lewis si è lasciato lo scorso anno con la sua fidanzata storica Nicole Scherzinger, e gli sono stati attribuiti addirittura flirt con Rihanna, al contrario Rosberg rappresenta il cliché del bravo ragazzo con la faccia pulita, che si è sposato e che ora sta mettendo la testa a partito per fare il padre.
Probabilmente il suo ritiro è determinato proprio da una volontà di dedicare più tempo alla famiglia. Difatti, nel comunicato stampa, si può leggere in più punti un ringraziamento alla moglie Vivian. Fa sorridere, e scalda anche un po’ il cuore, pensare che probabilmente i motivi del suo ritiro sono simili a quelli di suo papà Keke, ritiratosi dal Circus l’anno dopo la sua nascita, complice anche una stagione sottotono.
Il biondo tedesco ha la consapevolezza di potersi soltanto ripetere (con molte difficoltà) e di aver avuto l’annata quasi perfetta, con un Lewis Hamilton in larga parte sottotono ed una concorrenza esterna praticamente assente: tutti fattori che l’anno prossimo molto probabilmente mancheranno, complice anche la nuova rivoluzione regolamentare dei telai.
Mollare all’apice, per di più dedicandosi alla famiglia, sembra una scelta perfettamente in linea con il suo stile di pensiero. Ciò non gli precluderà di dedicarsi a categorie meno impegnative della Formula 1, e neppure di pensare a un possibile ritorno futuro, ma in questo momento probabilmente nessuna delle due opzioni è nei suoi piani.
Rimangono aperti gli scenari per la successione. Un pilota giovane e di belle speranze sembra essere l’ideale da affiancare a Lewis Hamilton, che non sopporterebbe un altro anno con un compagno di scuderia ingombrante come Rosberg, e anzi potrebbe prendere sotto la sua ala protettrice un talento cristallino quasi quanto il suo.
La scelta naturale della Mercedes sembra essere Pascal Wehrlein, vincitore del DTM nel 2015 e parcheggiato nella scorsa stagione alla Manor. Il rischio è che lui e Lewis finiscano per occuparsi maggiormente di duetti fuori dalla pista che dentro, vista anche l’altalenanza delle prestazioni del tedeschino quest’anno, nel finale di stagione adombrato dal compagno di squadra Ocon.
Ocon, che dopo tante voci che lo legavano a Renault ha esordito in Manor, ma andrà a coprire lo spazio lasciato libero alla Force India da Hulkenberg, accasatosi proprio in Renault ed automaticamente escluso. Sembrerebbe strana una forzatura in questo senso da parte di Mercedes, sia per Ocon che per Hulkenberg.
Se poi si guarda fuori dal vivaio Mercedes, vi sono in giro almeno un paio di prime guide assetate di vittorie e già in là con gli anni. La prima è Alonso, voglioso di vincere per un’ultima volta il mondiale e dubbioso di riuscire a farlo sul progetto anglo-nipponico propostogli da McLaren-Honda. Il pilota di Oviedo, tuttavia, si è dimostrato incompatibile con Hamilton in più occasioni (la rivalità Rosberg-Hamilton degli ultimi anni è stata acqua zuccherata in confronto alla guerra scatenatasi a Woking nel 2007), e la Mercedes non avrebbe tanto interesse a investire su uno dei due decani della Formula 1, avendo già un ottimo pilota in scuderia.
Discorso simile vale per Vettel, leggermente più giovane di Hamilton, ma in ogni caso ingombrante come personalità. Parrebbe strano, però, che sia bastata una stagione avara di risultati per far perdere al tedesco la fiducia nel progetto Ferrari. Sarebbe uno scoop clamoroso, e tutto sommato non così impossibile, data la volontà di Vettel di emulare le gesta di Schumacher e magari anche superarle, andando a vincere un mondiale in Mercedes e rafforzando anche il filone campanilista di un tedesco vittorioso su un’auto tedesca.
Rimangono i quattro portacolori della Red Bull, con l’olandesino volante che nello scorso anno si è fatto vedere spesso negli specchietti della Mercedes, e che su Twitter ha già scatenato un flirt ironico con la scuderia tedesca. Ma Verstappen al momento è blindatissimo da contratti milionari, e di fatto è la promessa della scuderia di Dietrich Mateschitz, tanto che ha fatto mettere in secondo piano talenti del calibro di Kvyat, Sainz e parzialmente Ricciardo. Proprio Ricciardo è abbastanza scontento della situazione attuale, dato che la Red Bull gli ha in più occasioni preferito Verstappen a livello di strategia, ma i contratti scritti da Helmut Marko sono a prova di bomba. Anche Sainz, forse il meno blindato, rientra nella rosa dei papabili.
Difficilmente Bottas lascerà il ruolo appena ottenuto di prima guida alla Williams per andare a fare lo scudiero di Hamilton, come del resto anche Perez, mentre gli altri piloti paiono decisamente poco all’altezza di servire la scuderia guidata da Toto Wolff, o in ogni caso risultano blindati da contratti appena firmati.
Di sicuro l’annuncio di Nico Rosberg ha creato un terremoto all’interno del Circus, sia a livello di mercato piloti che di scelte di vita. Un nibelungo della velocità che arriva finalmente a raggiungere l’agognato Valhalla come il padre e decide deliberatamente di non prendervi parte, ergendosi a novello Cincinnato che molla le armi e si dedica a curare il proprio orticello (in questo caso la famiglia): è un segnale forte all’intero mondo della Formula 1. Simile a quello espresso qualche mese fa da James Allison, che ha abbandonato la rossa di Maranello ai suoi problemi di sospensione e cambio per dedicarsi alla famiglia, appena scossa dal lutto della giovane moglie.
Nel frattempo, mentre aspettiamo nuovi sviluppi della faccenda, che solletica già gli appetiti di quel vecchio volpone austriaco rispondente al nome di Toto Wolff, non possiamo che fare i migliori auguri di buona paternità a Nico Rosberg, e augurargli anche di non finire a riempire i social di metastasi come Massa.
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