L’animazione, in maniera molto stereotipata, è sempre stata collegata al mondo dell’infanzia, a un intrattenimento per bambini. Ci sono stati casi, tuttavia, in cui questa arte si è prestata a contenuti più adulti: si pensi a Fritz the Cat o – per citare casi più recenti e popolari – a The Simpsons e South Park. Ultimamente l’animazione si è creata uno status di prodotto per adulti, grazie sia alle produzioni Disney e Pixar, che hanno cominciato a creare pellicole con grandi messaggi apprezzati sia dai bambini che dagli adulti, sia alla miriade di ottime serie animate con un umorismo quasi solo per adulti, come Rick and Morty, Archer e BoJack Horseman. Per non parlare poi dell’animazione giapponese, che ha influenzato in maniera massiccia la cultura pop odierna.
E proprio in un tale contesto doveva arrivare un film animato principalmente per adulti, anche se nessuno si sarebbe mai aspettato un prodotto folle e anarchico come questo Sausage Party. Per parlare di Sausage Party, però, prima bisogna sapere cosa sia la cosiddetta “Apatow Mafia”.
L’Apatow Mafia è un insieme di attori e sceneggiatori che girano intorno a Judd Apatow, regista, produttore e sceneggiatore di film e serie televisive come 40 anni vergine, Love, Freaks and Geeks e Superbad, solo per citarne alcuni. In questo gruppo, i personaggi più importanti sono Seth Rogen, James Franco e Evan Goldberg, che insieme hanno scritto e recitato molte commedie di successo, oltre a questo Sausage Party. Sopratutto, questo trio ha cambiato le regole della commedia moderna, creando un umorismo al limite e distruggendo molti taboo come la droga (Strafumati), la dittatura in Corea del Nord (il tanto discusso The Interview) e addirittura loro stessi in Facciamola Finita.
Ma senza dubbio in Sausage Party si sono ampiamente superati. Il film parte da uno dei maggiori tòpoi dell’animazione moderna, cioè chiedersi cosa facciano gli alimenti in un supermercato quando non c’è nessun cliente: un’idea simile a quella di un classico del genere quale Toy Story. All’inizio, in effetti, sembra proprio un film della Disney Pixar, con la sua ottima animazione, una canzone orecchiabile, la storia d’amore tra i due protagonisti e la felicità di vivere nel supermercato Shopwell. Ma il film, ben presto, imboccherà ben altre vie, che porteranno al delirio fatto di battute fuoriluogo, violenza, droga e sesso.
Questi cibi vivono felicemente nella speranza di essere scelti dai clienti del supermarket, da loro considerati come delle supreme divinità che li porteranno nel Grande Oltre, un luogo dove ogni sogno diventa realtà. Il problema sorge quando alcuni dei cibi scoprono l’orrore, ossia che i loro “Supremi Dei” li prendono solo per ucciderli e mangiarli. Ed è così che i nostri protagonisti cominciano un viaggio, da vero e proprio road movie, alla ricerca della verità.
Il film si serve perfettamente dell’umorismo che ha reso famose le altre commedie del genere, non salvando niente e nessuno, dagli orientamenti sessuali fino alla religione, passando per la crisi medio-orientale. Forse questo genere di humour molto volgare può non far ridere – e addirittura disgustare – i meno avezzi al genere, ma è un rischio che Seth Rogen & Co. scelgono di correre. Il film riesce a stupire anche lo spettatore abituale di commedie del genere, sopratutto nel finale, che lascia a metà fra il confuso, sorpreso e divertito: specialmente per le reazione del pubblico in sala, se avete la fortuna di vederlo al cinema.
I personaggi sono costruiti in maniera perfetta, sopratutto i due protagonisti Frank e Brenda, interpretati rispettivamente da Seth Rogen e Kristen Wiig: un wurstel e un panino che non vedono l’ora di essere nel Grande Oltre per poter stare insieme e fare finalmente sesso. A parte i protagonisti, anche tutti gli altri personaggi sono ben scritti e vi regaleranno più di una risata. Memorabili poi sono Sammy, interpretato da un Edward Norton che imita Woody Allen, e Kareem, interpretato da David Krumholtz: un bagel e una piadina da kebab che fanno da parodia alla scottante situazione tra Israele e Palestina. Per non parlare poi di Teresa, un taco – con la voce di Salma Hayek – con tendenze bisessuali.
Accompagnano la storia un’enorme quantità di gag e personaggi secondari che sarebbe un crimine anticipare, perché toglierebbe gran parte del divertimento e della sorpresa. L’aspetto migliore della pellicola, oltre all’umorismo, è infatti proprio la sorpresa. Lo spettatore non si aspetterebbe mai che un film del genere faccia quella battuta o arrivi a quella precisa situazione, ma Sausage Party ci riesce, facendo stupire e ridere a crepapelle.
Notevole, infine, l’utilizzo di citazioni a film e a personaggi reali, tra cui la scena che parodizza Salvate il soldato Ryan, veramente ben costruita e dal grande effetto comico. Molto interessante il sottotesto sotto le varie risate, che mostra una metafora su tematiche importanti come Dio o la libertà, per citarne alcune. Ottima la regia da parte dell’esordiente alla regia Conrad Vernon IV – già sceneggiatore di Shrek e doppiatore dell’omino di zenzero nei film dell’orco verde. L’animazione è ottima, ed è stata una buona scelta animare in maniera molto cartoonesca, cosa che va contro l’atmosfera adulta della pellicola, rendendo ancora meglio l’effetto comico.
Sausage Party è un film da vedere, di sicuro non adatto a tutti, sopratutto ai minori, cui questo film è vietato. Visto il successo in patria e anche in Italia, sembra auspicabile che faccia partire un filone di film animati dedicati a un pubblico adulto, come ha detto lo stesso regista in un’intervista a Splash Page, in cui dice che tra i suoi progetti futuri ci sia Amberville, un film descritto dal regista come The Sopranos ma con gli orsi di peluche.
Ha cominciato a scrivere a 12 anni per il giornale della parrocchia. Poi per qualche strano motivo, è finito a scrivere su Imdi dopo la classica adolescenza complicata. Studente universitario, admin a tempo perso di Matthew Mr. Renzie e appassionato di cinema, musica, serie tv, fumetti, cultura pop e tante altre cose che non stiamo a dire che senno non è più una descrizione dell'autore ma diventa una biografia.
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