Esistono tante, tantissime cose che mal sopporto della tv italiana: sempre le stesse persone on screen, programmi che definire trash è ampiamente riduttivo, cultura relegata ad orari compromettenti ed informazione pilotata DALLA KA$TA!11one.
Non tutti i programmi televisivi e le personalità del piccolo schermo sono da annoverare come schiavi di Satana. Qualcosa di buono ovviamente c’è. Ma quando parliamo di Fabio Volo non parliamo di questo. Oggi si discute del Maligno in persona, un uomo che ha fatto la sua fortuna grazie ad un branco di ragazzine in calore e lesionati mentali.
Un personaggio che è stato prima simpatico (perché lo si vedeva poco), poi inutile e fastidioso, infine La Merda. E sappiate che, se ce l’ha fatta lui, ce la possiamo fare veramente tutti. TUTTI.
Signori e signore, Sua Mediocrità Fabio Volo.
Sia chiaro: io non odio le persone per partito preso o per moda. Per guadagnare un immenso disprezzo bisogna davvero avere molta fantasia ed impegnarsi nel proferire, scrivere o produrre qualsiasi tipo di cagata ed avere anche il coraggio d’infliggerla come una purga ad un bambino. Ebbene, Fabio Volo è riuscito in questa mirabolante impresa, provando (con successo) a farsi odiare da milioni di italiani. Specialmente da me.
Viaggiamo dunque insieme attraverso la complicata psicologia di questo…coso, “rileggendone” insieme la biografia.
Fabio Bonetti nasce a Bergamo, nel 1972. Dopo le medie, abbandona la scuola perché “odiavo lo studio” (vantatene, mi raccomando) per dedicarsi al lavoro che tutti avremmo sperato facesse per l’intera vita, ovvero il panettiere. Ovviamente con ogni rispetto per la categoria, che ancora festeggia per aver evitato un simile disonore.
Purtroppo per noi, Fabio vuole strafare e s’inventa batterista e addirittura cantante, riuscendo persino a pubblicare qualche singolo (poi dicono che i produttori di musica non si strafanno di droga…) e prendendo il suo cognome d’arte, Volo, da uno degli stessi. È solo l’inizio di una folgorante carriera. Carriera che, purtroppo, continua in essere.
Nel 1996 inizia a lavorare in radio, precisamente a Radio Capital, mentre nel 1998 diventa addirittura conduttore, insieme ad Andrea Pellizzari e alla sempre poco raccomandata Simona Ventura, de Le Iene.
A quel tempo, onestamente, Fabio Volo non era neanche così antipatico. Il programma era gradevole, lui faceva il compitino, da inviato spesso faceva addirittura sorridere.
Sfortunatamente Volo non si accontenta e, dopo essere passato a Radio Deejay, compie la mossa che cambia la sua carriera e le nostre visite al cesso: scrive un romanzo.
Già il fatto che si scriva un romanzo senza possedere un diploma superiore farebbe storcere il naso un po’ a tutti. Ma, ovviamente, questo non conta poi molto: ci sono tante persone che, pur non avendo un titolo di studio adeguato, compensano la mancanza del “foglio di carta” con una qualità di conoscenze imperiale. Inutile dire che non è questo il caso.
L’opera prima di Volo s’intitola Esco a fare due passi e vende, in totale, più di 300.000 copie.
È un boom. Grande quanto incomprensibile, almeno all’apparenza. Come può un uomo comune arrivare a scrivere un romanzo, per lo più di grande successo? Semplice: parlando di PIPPE MENTALI.
Urge spiegazione, e arriverà adesso perché altrimenti dovrei fermarmi ogni volta. Sostanzialmente ogni libro di Fabio Volo ha lo stesso filo conduttore. Il protagonista è uno sfigato totale (ed ora capisco perché il ragazzo si sia ispirato alla sua persona per scrivere queste grandi opere) che, in una maniera o nell’altra, cerca riscatto con L’AMMMOOOORE e con un’introspezione personale degna dei fumetti di Topolino (che al confronto son capolavori). Insomma, spara due o tre cazzate adolescenziali, ci butta in mezzo la fregna e il lieto fine ed il gioco è fatto.
Ovviamente, il “personaggio” Fabio Volo beneficia di tutto ciò ed inizia ad avere sempre più risalto on screen. Dopo aver lavorato per 3 anni tra Mtv e La7, nel 2002 accade l’irreparabile: il regista e sceneggiatore Alessandro D’Alatri, in preda ad un abuso grave di alcool puro (non trovo altra spiegazione, uno che ha recitato con Vittorio De Sica ed ha diretto Sergio Rubini e Kim Rossi Stuart non può avere un tracollo così importante senza un “aiutino”), lo sceglie come protagonista del film per il cinema Casomai. E Volo riceve persino una nomination a Miglior ATTORE (sottolineo, ATTORE) Protagonista ai David Di Donatello. Questo dovrebbe riuscire a farvi comprendere quanto il nostro cinema sia sull’orlo del baratro.
Dopo questo scempio, il buon Fabio decide di riprendere la penna che aveva riposto nel cassetto per scrivere e pubblicare È una vita che ti aspetto, altro magico best seller qui nel Bel Paese.
Riesce a debuttare persino a teatro (se lo sapesse Eduardo De Filippo si rivolterebbe nella tomba): Inoltre, Italia 1 gli affida il timone del programma Smetto quando voglio (e magari l’avessi fatto, Fabio!) e nel 2005 ancora D’Alatri, ormai ricoverato in gravissime condizioni all’Ospedale Psichiatrico di Siracusa, lo rivuole per il film La febbre.
Questo vi sembra già troppo? Sappiate che i danni continuano. Riposate, prendetevi un caffè, vomitate, sparatevi qualcosa in vena e poi riprendete a leggere, se proprio non ce la fate adesso.
Nel 2006 continua a lavorare con Mtv per un paio di programmi all’estero che, per fortuna, ci consentono di togliercelo un po’ dalle palle almeno sul suolo italico. L’anno dopo è ancora al cinema con una parte in Manuale d’amore 2-Capitoli successivi di Giovanni Veronesi ed Uno su due del famigerato Eugenio Cappuccio. Nel mezzo, trova il tempo di pubblicare pure un altro ammasso di carta igienica denominato Il giorno in più.
Il 2008 lo vede impegnato in un’iniziativa ancor più disastrosa: riuscire a rovinare il doppiaggio del bellissimo film d’animazione Kung Fu Panda. Jack Black, voce protagonista dell’originale, è costretto a mesi di ricovero dopo un tentativo di suicidio tramite impiccagione delle palle dopo aver ascoltato la performance del nostro eroe. Per la gioia di tutti, verrà confermato anche nei sequel.
Il bisogno di carta da utilizzare per falò o per far cagare i cani in giardino lo spinge a pubblicare Il tempo che vorrei, che gli vale addirittura un premio letterario conferito a mostri sacri come Stella, Camilleri e Faletti. Tutt’ora i tre ordiscono complotti tra esistenza terrena e Aldilà nel tentativo di assassinarlo brutalmente.
Le prime luci del mattino, La strada verso casa e È tutta la vita sono le sue ultime “fatiche” letterarie. Negli scorsi anni ha rotto i coglioni al cinema con ben due film ed in tv con Volo In Diretta, contenitore dove il ragazzo intervistava ospiti di portata internazionale (tipo Noam Chomsky, non proprio l’ultimo stronzo del Mondo) chiedendo, come domanda più intelligente, quale fosse la posizione preferita nel sesso.
Ultimamente invece siamo stati costretti nuovamente a guardarlo come co-conduttore de Le Iene, il programma che sfortunatamente lo ha imposto al grande pubblico. Persino al cinema Volo continua a recitare, in film che ringraziando Dio avranno visto tre gatti.
Dunque, che cosa abbiamo imparato leggendo tutto ciò?
– In primis, che non bisogna essere bravi per esordire in tv o al cinema (ma questa, ahimè, è la scoperta dell’acqua calda)
– Che Fabio Volo, in effetti, non è null’altro che un mediocre personaggetto furbo e scaltro nello sfruttare la mancanza d’intelligenza della massa e dei vertici televisivi per imporsi come Supermegaiperscrittore e, addirittura, FILOSOFO CONTEMPORANEO.
– Ancora, che purtroppo ci saranno moltissimi altri Fabio Volo in Italia, così come potrebbero esserci nuovi Berlusconi, nuovi Moccia, nuove Barbara D’Urso. Onestamente, il solo pensiero mi fa rabbrividire.
– Last but not least, che si possono sempre fare tanti soldi raccontando le favolette incentrate sulla bontà, l’affetto infinito, l’amore quasi impossibile e tormentato ma sempre imperituro ed eterno e il mondo pulito, perfetto e piccinopicciò.
Per chiudere in bellezza, vi lascio con aforismi di tale potenza e maestosità che, se li avessero letti ai loro tempi, Tolstoj, Platone e Svevo sarebbero diventati serial killer di grande fama per sfogare tutta la frustrazione nel leggere tali ciofeche.
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