Che piaccia o meno, l’evoluzione tecnologica ha un’influenza sempre più vasta sulla vita. Lo strumento tecnologico è ormai diventato un’estensione del corpo umano, quindi, parte integrante del quotidiano. Conseguenza di questo è che la personalità del singolo non si esaurisce nel corpo, si estende in un dimensione parallela e virtuale.
In quest’ottica alla quotidiana azione di scattare una foto segue l’altrettanto quotidiana azione di condividerla in qualche social-network ed attendere la consueta pioggia di likes. Tuttavia la gratificazione virtuale non è tutto, specie per i professionisti del settore. Il gesto di condividere una foto equivale, come si pensa, a renderla pubblica? La condivisione ha mero scopo pubblicitario in quanto coincide con la perdita di proprietà della foto in se?
Questa serie di incertezze deriva, come è immaginabile, dall’assenza di una specifica disciplina in materia, anzi per meglio dire, di un’apposita previsione sulla legge del diritto d’autore. Come poco fa accennato, l’idea comune è quella che impostando come “pubblico” il profilo, si autorizza implicitamente la pubblicità di ogni cosa postata in esso. Tuttavia questo non corrisponde alla realtà. L’utente effettivamente concede un’autorizzazione a facebook ma questa riguarda l’utilizzo di informazioni e contenuti.Quella che riguarda le immagini, invece, è una semplice concessione che non coincide con una rinuncia implicita. Foto ed immagini rimangono, quindi, di proprietà di chi le pubblica, grava sull’utilizzatore l’onere di provare l’senza di proprietà.
Su questo punto sono fondamentali i watermark. Per quanto inutili e fastidiosi sembrino permettono la riconducibilità diretta dell’immagine al suo proprietario. Al fine di non rovinare la foto è possibile applicare watermark invisibili o modificare la metadata della foto (per il discorso tecnico rinvio al buon Aranzulla). Altra strategia semplice ed inequivocabile è quella di accompagnare la foto con un elenco di utilizzi concessi per la stessa.
Certo non vi è la totale sicurezza che le nostre foto non vengano rubate. Scegliendo la strada del watermark visibile vi è alternativamente, la possibilità di rovinare l’immagine (se messo al centro) o di rendere facile la sua rimozione (se messo ai margini). Anche la scelta invisibile potrebbe essere aggirata, seppur con qualche difficoltà in più. Questo non deve far pensare ad una totale assenza di legge in materia. Nel caso di un eventuale processo sono svariati i metodi per dimostrare la paternità di una foto.
L’utilizzo senza autorizzazione della foto inoltre, comporta un danno. Tralasciando eventuali danni morali, la cui applicazione andrebbe ricondotta al caso specifico, vi è un danno per violazione del diritto d’autore. Lo stesso danno a cui fanno fronte i produttori di borse false, chi trafuga disegni industriali e via dicendo.
Pertanto spacciare per proprie altrui immagini, o trarne profitto, fa dell’utilizzatore nient’altro in più di un ladro digitale.
Nato in provincia di Vicenza nel 1990. Laureato in Consulenza del lavoro e laureto in giurisprudenza all'università di Padova, praticante avvocato. Scrivo per IMDI dal 2013.
1 Dicembre 2011
Nato in provincia di Vicenza nel 1990. Laureato in Consulenza del lavoro e laureto in giurisprudenza all'università di Padova, praticante avvocato. Scrivo per IMDI dal 2013.
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