Ci sono principalmente due elementi che l’uomo produce e che sopravvivono dopo la di lui generazione generatrice.
I figli, la musica schifosa…No vabbè, no. Si potrebbe dire che è l’inquinamento, ma non è un discorso così semplice.
Il primo dei due elementi è quello che generalemente chiamiamo plastica, e di cui parlerò riferendomi al Pacific Trash Vortex.
L’altro, di cui sarà oggetto il prossimo articolo, sono le scorie radioattive, e porterò un altro esempio interessante, forse ancora più di questo.
Pacific trash vortex, cosa Caspio è?
Beh, il mare centra. Però si tratta di uno più grosso, diciamo l’Oceano Pacifico?
Eh. In pratica è un grosso cumulo di rifiuti galleggiante, per la maggior parte di plastica , creatosi a causa del Vortice Subtropicale del Nord Pacifico che ha fatto convergere una quantità inimmaginabile di rifiuti, tutti lì.
Ha iniziato a crearsi dagli anni 50 e da allora è cresciuta – e continua a crescere – fino a raggiungere delle dimensioni pari al doppio della Francia. Parlando per cifre, ” le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un’area più grande della Penisola Iberica a un’area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell’Oceano Pacifico.”
Riuscite ad immaginare cotanta schifezza? Al posto di romantiche passeggiate sugli Champs-Elysèes cercando lo spacciatore che fa lo sconto, melmosi e poco agili sguazzi in quella poltiglia di yogurt, dildo, confezioni di assorbenti, accendini, copertoni, le posate e i piatti dell’ultima festa di vostro figlio Tobia, e chi più ne ha più ne metta.
Kara Lavender Law, una ricercatrice, ha riscontrato anche nell’oceano Atlantico un’elevata concentrazione di frammenti plastici, in una zona corrispondente all’incirca al Mar dei Sargassi. Delle simulazioni al computer inoltre hanno individuato due altre possibili zone di accumulo di rifiuti: una nell’oceano Pacifico a ovest delle coste del Cile e una seconda allungata tra l’Argentina e il Sud Africa attraverso l’Atlantico.
La notizia positiva dovrebbe essere che dei ricercatori dell’università Nihon, a Chiba, hanno verificato che nell’acqua marina la plastica si «scioglie» più rapidamente di quanto succede sulla terra ferma. La maggior velocità è dovuta alla temperatura dell’acqua, all’esposizione al sole, alle pioggie e ai venti. In pratica la plastica si fotodegrada, e al posto di metterci dai 400 ai 1000 anni a decomporsi ce ne mette molto meno, addirittura può bastare un anno (accade per il poliestere).
Il problema è che, degradandosi, la plastica rilascia composti tossici di vario tipo che mettono in serio pericolo l’ecosistema marino e non solo, in particolare i pesci e le Meduse, che se ne cibano in gran quantità scambiandolo per plancton, derp, inserendo così queste sostanze nella catena alimentare.
Quindi, invece di una buona notizia ne abbiamo due pessime. La plastica a terra ferma ci mette un sacco a decomporsi, e bruciarla è inquinante. Mentre in mare ce ne mette esponenzialmente di meno, ma ha effetti altamente pericolosi perchè rilascia vari tipi di stireni e il bisfenolo A (BPA) che si sospetta abbia effetti sull’uomo di tipo cancerogeno e dannosi per la fertilità.
Ma la soluzione c’è. All’inizio di agosto 2009 due navi californiane con a bordo ricercatori dell’istituto di oceanografia dell’università di San Diego hanno fatto prelievi in vari punti “dell’isola”, per cercare una buona idea su come ripulire l’oceano da quella zuppa. “Il primo problema è come separare i frammenti di plastica dall’acqua del mare. Risolto quello, dovranno studiare come trasformare la plastica in carburante sciogliendone i polimeri.” In sostanza, si tratterebbe di un ritorno alle origini, al petrolio usato per produrre la plastica, il che non è affatto male, anche se servirà solo ad allungare l’agonia da astinenza da petrolio, visto che le risorse del carburante dovrebbero esaurirsi più o meno tra una trentina d’anni.
Il lieto fine? E’ che più la plastica si scioglierà nei prossimi anni e più diminuirà la popolazione mondiale, risolvendo il problema del sovraffollamento, trattato precedentemente. E i nostri paesaggi saranno arricchiti da nuovi eleganti e colorati elementi architettonici (vedere foto sotto).
L’uomo è geniale, è come un gatto che gioca con la sua coda, crea e distrugge perfettamente da solo la sua esistenza, altro che bisogno di Dio.
À la prochaine fois,
Derpina
(*citazioni da Il Manifesto, 20/08/09)
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