L’assoluzione di Stacchio, il simpatico benzinaio veronese, ha lasciato un’importante scia dietro di sè. Il caso non ha solo dato l’occasione a Salvini di farsi un nuovo guardaroba e portato alla luce l’esistenza di un sindaco chiamato Joe Formaggio, ma ha trasportato, anche se momentaneamente, l’attenzione pubblica sulla questione della legittima difesa. Di questa causa di giustificazione in realtà si parla spesso, il più delle volte a seguito di rapine, incentrando quasi sempre il discorso sui due estremi: che sia necessaria una sua applicazione in ogni caso o che addirittura non esista. L’immagine che ci appare, o almeno quella che appare nella mente della maggior parte delle persone è questa: Clint Eastwood, una sedia a dondolo, sigaretta e fucile a canne mozze in grembo. Il perché di un’immagine così distorta? Semplice, volendo utilizzare un luogo comune, quello che molti acclamano o sperano è una specie di far west, una difesa estrema e massima della proprietà privata e della propria incolumità.
Non che la proprietà privata sia cosa di poco conto. Anzi, alla faccia di Marx, una sua difesa è fondamentale. In Italia però esiste un’apposita normativa sulla legittima difesa e lo stereotipo, tanto caro al populista d’avanguardia, “se li tocchi ti arrestano” non è sempre adatto.
In pratica la difesa legittima si applica quando essa è proporzionale all’offesa. Questo significa, in parole povere, che se un ladro vi minaccia con un cucchiaio di legno non potete sparargli in faccia. Questa proporzione è un elemento necessario, quando non c’è si applica il diverso istituto dell’eccesso colposo di legittima difesa o di omicidio colposo.
Da un primo punto di vista potrebbe sembrare che di giusto qui non ci sia nulla, tuttavia a ben guardare sparare ad un ladro, reale o presunto alla schiena, magari già a terra e ferito, non sembra avere molto di difensivo.
Il senso della legittima difesa, di questo istituto di antica data e su cui è confluita una disciplina tanto complessa quanto contraddittoria, è quello di consentire l’autotutela del privato cittadino qualora l’intervento delle forze dell’ordine non sia sufficiente o non sia possibile, data l’attualità del pericolo. Ma è anche quello di difesa del diritto da parte dei consociati, ossia tutela dell’ordinamento giuridico, dei valori che vi sottendono e delle sue norme, non potendo, esso, soccombere innanzi ad una offesa ingiusta. A garanzia di tutti, di chi offende e di chi si difende, affinchè si possa parlare di una difesa legittima, requisiti sono, oltre alla tanto contestata proporzione, attualità del pericolo, ingiustizia dell’offesa, costrizione e necessità dell’azione ( non deve essere possibile un’alternativa meno gravosa, come la fuga, commodus discessus), e la natura del bene tutelabile. Si può agire solo a tutela di un interesse o un diritto individuale. Non conta di chi sia la titolarità, a quale soggetto fa capo il diritto o il bene, ma che la titolarità sia individuale e non collettiva (come ambiente,ordine pubblico, sicurezza e incolumità pubblica, per tutelare i quali non si potrebbe mai agire legittimamente).
Il confine fra omicidio ed eccesso colposo di difesa è troppo sottile. Forse dovremmo prendere spunto da altre Nazioni, ad esempio la Germania. Qui, quando un soggetto è psicologicamente turbato dalla situazione, (magari perchè si ritrova Ezio Auditore da Firenze in casa la notte) viene sempre applicato l’eccesso colposo e mai l’omicidio. Infine essendo la maggior parte dei furti compiuti da bande organizzate e non da singoli, magari sembrerebbe il caso di pensare ad una scriminante apposita, ad hoc e a favore del rapinato. Magari.
Nato in provincia di Vicenza nel 1990. Laureato in Consulenza del lavoro e laureto in giurisprudenza all'università di Padova, praticante avvocato. Scrivo per IMDI dal 2013.
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Nato in provincia di Vicenza nel 1990. Laureato in Consulenza del lavoro e laureto in giurisprudenza all'università di Padova, praticante avvocato. Scrivo per IMDI dal 2013.
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