Ok, l’anime più influente degli anni ’90 è Evangelion, piaccia oppure no. Il secondo posto spetta invece a un’altra serie sci-fi da 26 puntate che all’epoca non era stata accolta così positivamente, ma a differenza di tante altre è rimasta nell’immaginario popolare fino ad oggi, rispettando, contro i pronostici, la sboronissima autoprofezia di “a work which becomes a new genre itself”: stiamo parlando di Cowboy Bebop.
L’anime, trasmesso in Giappone tra il ’98 e il ’99, arrivò nelle TV italiane con un tempismo raro, solo un anno di ritardo, grazie alla mitica Anime Night di MTV. Dalle prime quattro puntate, il giudizio del pubblico era unanime: fighissima la colona sonora, figo ma un po’ prevedibile il character design, fighe ma poco originali le ambientazioni, sboroni ma stereotipati i personaggi, banalissima la trama. La prima impressione lasciata dall’opera di Shinishiro Watanabe era in effetti quella: la struttura episodica delle puntate, la sovrabbondanza di citazioni brillanti e l’enfasi sull’azione piuttosto che sull’evoluzione di una trama vera e propria lasciavano pensare a un giocattolone pretenzioso, fatto su misura per vendere i modellini dell’astronave (da cui infatti prende nome il titolo). Che poi, cacciatori di taglie in giro per un sistema solare corrottisimo e vagamente post-apocalittico? Dai, che menata!
Poi arrivò la quinta puntata, che per il me stesso tredicenne all’epoca ebbe l’impatto di un calcio nei reni, se non nelle palle: non pensavo si potesse arrivare a certi livelli di epicità in un cartone giapponese. Dalle puntate successive, che mano a mano svelano il passato, quasi sempre drammatico, dei personaggi, ricollegandosi occasionalmente alla trama principale, Cowboy Bebop si svela: sì, è una sboronata, ma una sboronata di altissima classe, che diluisce con la giusta dose di ironia un’atmosfera cupissima e un impianto ideologico quasi nichilista. I personaggi rivelano così gradualmente la loro natura: Spike non è solo un mix tra Lupin e Bruce Lee, ma un uomo distrutto dal suo passato che sembra cercare volutamente la morte, perché si sente morto dentro; Jet non è solo la spalla bonacciona, ma uno che ha visto tutti i suoi ideali frantumarsi e si aggrappa al cinismo come scudo dall’amarezza della vita; Faye Valentine non è solo la bonazza necessaria per un minimo di fan service, ma una donna che usa la freddezza come autodifesa e piena di paure inconfessabili; Ed non funge solo da comic relief, ma la sua avventata ingenuità fa in qualche modo da collante verso il resto della ciurma; anche perché, senza i suoi dialoghi ridanciani e le scenette comiche col cane Ein, madonna che depressione.
E quindi sì, se 18 anni dopo l’uscita Cowboy Bebop fa ancora parlare di sé, con il live action movie di cui si chiacchiera ormai da anni (e che per un pelo non ha visto Keanu Reeves nel ruolo di Spike… e azzarderei un “ma per fortuna”) e una discreta quantità di citazioni e tributi, è perché oltre alla spettacolare colonna sonora di Yoko Kanno, alle scene d’azione spaccaculo e alle tette di Faye (che, anzi, mi pare quasi dimenticata: evidentemente i tredicenni di oggi preferiscono le tipine tutte moe e kawaii. Mah, ai miei tempi…), l’anime di Watanabe dimostra uno spessore ancora oggi godibilissimo e una qualità complessiva non comune, non del tutto compromessa dai riempitivi più o meno evitabili e dalle citazioni più o meno esagerate (giusto per fare un esempio di entrambi i asi: la puntata tributo-parodia di Alien è imho il punto più basso). E poi il finale è genuinamente melodrammatico e cazzuto: tranquilli, è roba troppo vecchia per poterla spoilerare con gusto.
SEE YOU SPACE COWBOY…
(sì, lo sapevate già che avrei chiuso l’articolo così, ma fottesega)
Anzi, già che ci siamo, chiudiamolo così: se vuoi più articoli sulle cultura nerd-pop degli anni ’90,
c’è il mio ebook al prezzo di 10 Goleador meno un cent.
30 Maggio 2017
16 Aprile 2017
6 Aprile 2017
3 Aprile 2017
21 Marzo 2017
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.