Durante la puntata di Ballarò dell’8 aprile Lucia Annunziata (ex Presidente RAI, conduttrice da quasi 10 anni della trasmissione In mezz’ora e dal 2012 direttrice della sezione italiana dell’Huffington Post ) ha sentenziato, riguardo alle manovre economiche del Governo:
Questi 80€ servono a far partire l’economia? Questi 80€ faranno ripartire una situazione economica per cui i giovani troveranno un posto di lavoro? Noi sappiamo da retroscena mai negati che una delle prime domande che la Mekel ha fatto a Renzi è stata “Come fai a far ripartire con 80€ per 10 milioni di famiglie un’economia con 12 miliardi di euro di PIL?”
Avete letto bene: dodici – miliardi – di euro – di PIL. Per farvi capire le dimensioni dell’errore, si sappia che la cifra della giornalista è :
E mentre io, a casa, scaraventavo tavoli come Gesù al mercato, il Ministro allo Sviluppo Economico Federica Guidi è rimasta impassibile e anzi ha replicato pacatamente dicendo: “Eh, ma la manovra di qui…la manovra di là…”. Io intanto mi inginocchiavo alla tele, la scrollavo e urlavo alla Guidi: “Uccidila! Saltale al collo e sbranala per Dio! Stai trattando con una che non sa nemmeno che il primo Stato con meno di 12 miliardi di PIL sono le Isole Mauritius! E invece no, non replichi…Floris, Speranza…Almeno tu Belpietro! Dì qualcosa, dai che stavolta sto con te! DI’ QUALCOSA CAZZO!”
Invece niente. Il dibattito è proseguito e l’Annunziata è andata avanti a parlare senza che nessuno la mettesse in imbarazzo di fronte alla sua ignoranza. Eppure non dobbiamo arrenderci: un giorno ci saranno abbastanza fact-checker da contrastare a suon di schiaffi le bestialità di certi giornalisti. Nel frattempo, vi offro gli anatemi ai due trucchi esemplari di mistificazione matematica spesso utilizzati da sedicenti esperti e affascinanti ciarlatani. Entrambi rientrano sotto il concetto di confrontare le mele con le pere (o con le banane, le patate, gli opossum…), ovvero quella tecnica sopraffina di comparare due valori appartenenti a contesti o unità di misura completamente diversi al fine di giungere ad una comoda descrizione di un fatto o ad una conveniente relazione di causa-effetto.
Caso 1. I flussi e gli stock
Cito un articolo – guarda un po’ – dell’Huffington Post Italia: Il mercato si domanda se Facebook abbia strapagato Whatsapp […] Il prezzo pagato, 19 miliardi di dollari, viene criticato dal blog Mashable: “Tutti si chiedono perchè Zuckerberg abbia deciso di spendere questa enorme quantità di denaro, più del Pil dell’Islanda, della Giamaica, Bermuda, Fiji e di Monaco messi insieme”.
Peccato che il prezzo pagato da FB non può essere confrontato con il PIL di un Paese, per lo stesso motivo per cui non si può confrontare lo stipendio annuo di una persona con il saldo del conto corrente di un’altra. Il punto è capire cosa sono i flussi economici e cosa sono gli stock. La questione è puramente temporale: i primi indicano valori generati nell’arco di un periodo temporale (un anno, un giorno, un decennio), mentre il secondo indica il valore puntuale in un istante. Il numero di capelli che avete in testa, per esempio, è lo stock, mentre il saldo netto tra quanti ve ne sono cresciuti nell’anno e quanti ne avete persi è un flusso.
E’ quindi una stupidaggine dire che Zuckerberg con 19 miliardi si poteva comprare la Giamaica: il PIL è solo il reddito generato dal/nel Paese in un anno. Il valore della Giamaica è enormemente molto, molto più alto. Se queste frasi non vi risultano ancora chiare o convincenti, immaginate che una persona decida di comprare casa vostra non per il valore dell’immobile (lo stock) ma per la sua rendita catastale (il flusso ipotetico): per un immobile classe A da 100 mila euro, ve ne verrebbero offerti meno di mille.
Caso 2. Le correlazioni e le cause-effetto
Se una rondine non fa primavera, non fa certamente nemmeno matrimonio. Tuttavia è dimostrato che esiste una forte correlazione tra il numero di rondini in un determinato luogo, e il numero di matrimoni contratti, in quel periodo, in quello stesso luogo. In statistica si intende correlazione il fenomeno tra due variabili per cui quando una assume un determinato valore x, con sensibile regolarità l’altra assume un valore y. Graficamente, vediamo le variabili tracciare linee piuttosto chiare, tanto da suggerire percorsi logici. Tuttavia la correlazione non significa un rapporto di causa-effetto. La correlazione potrebbe infatti essere determinata dal fatto che le due variabili sono collegate da una terza, causa di entrambe. Oppure è un puro caso, il che è pure peggio, perché cela la stupidità o l’infamia di chi pubbilcizza certe “scoperte”. Di esempi ce ne sono un’infinità, soprattutto in campo pseudo-medico; sui giornali cominciano tutti con: Una ricerca dell Università ABC ha scoperto che facendo X è facile ottenere Y.
Personalmente ricordo il Corriere, secondo il quale eiaculare fa passare il raffreddore, ma anche quella secondo il quale nei paesi dove si mangia più cioccolato c’è più probabilità di avere Premi Nobel non è male in quanto a puttanata.
Poi per l’amor di Dio, c’è anche chi fa delle correlazioni spurie (così si chiamano le correlazioni prive di rapporto di causa-effetto) una battaglia culturale: è il caso del pastafarianesimo, religione che svela il misuse delle correlazioni “dimostrando” come la temperatura globale sia aumentata a causa del decremento del numero di pirati nel mondo (tant’è che la Somalia, ricca di banditi del mare, è il Paese con minor emissione di anidride carbonica).
Questi sono i due trabocchetti che i giornalisti, consapevoli o meno, cavalcano per insultare l’intelligenza dell’opinione pubblica. Ora avete un paio di strumenti base per annusare l’odore fetido di argomentazioni nulle. E se vedete la Annunziata chiedetele di darvi lo 0,0001% del PIL italiano: lei crederà di darvi 12€, voi vi ripagherete le ferie.
nb: per la storia della correlazione, i grafici sono ultra noti sull’internet, ma sono ben riepilogati qua
Per quelli che la partita doppia è andare allo stadio ubriachi. Prendo un libro o un giornale di economia, lo apro a caso, leggo e – qualche volta – capisco l'argomento, infine lo derido. Prima era il mio metodo di studio, adesso ci scrivo articoli. Sono Dan Marinos, e per paura che mi ritirino la laurea mantengo l’anonimato.
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