Uno dei marcatori generazionali più efficaci per scremare i veri “figli dei ’90” dagli impostori sono i librogame: con ogni probabilità chi non ha veramente vissuto i ’90 (o almeno, non li ha vissuti da giovane nerd) penserà che Lupo Solitario sia un wrestler canadese.
Eppure mi ricordo l’estate del 1997, in vacanza in quel di San Vincenzo: non avendo mai amato la vita da spiaggia e l’attività all’aria aperta neanche da bambino, la cosa più figa per me era la libreria all’aperto che vendeva scontati decine di volumetti tra Lupo Solitario e altre amenità pseudo-fantasy. I librogame, per chi non lo sapesse, sono libri la cui trama è frammentata in centinaia di unità di qualche riga o al massimo una o due pagine, e il cui intreccio è ricostruito dalle scelte del giocatore. I più popolari erano quello di ispirazione fantasy che tentavano di ricreare e/o semplificare la struttura dei gdr trazionali, con punti vita, skill, inventario e combattimenti. Proprio questa connessione con il mondo dei gdr, che rese i librogame popolari dagli ultimi anni ’80 agli ultimi ’90, decretò poi la loro crisi: la diffusione di massa di videogiochi di ruolo immersivi, complessi e dalla grafica affascinante come, tra gli altri, Baldur’s Gate e Final Fantasy VII, rese questi “enhanced books” improvvisamente obsoleti.
Librogame, dicevamo. La loro natura ludica, a metà strada tra un libro fantasy e un gioco di ruolo facilitato, li ha resi un prodotto di ampio consumo della gioventù più o meno nerd dei tardi anni ’80 e degli anni ’90. Ti prendevi il tuo bel libretto, seguivi il solito abbozzo di trama (quasi sempre un adepto di una nicchia di maghi/guerrieri che si trovava da solo a vendicare la morte dei compari e a crescere come individuo…tutta robba nuova), prendevi decisioni, tiravi dadi (o usavi la mitica pagina dei risultati, che alla fine risultava un colabrodo di buchi), combattevi gente, gestivi un minimo di skill e di inventario allo scopo di evitare la morte e arrivare alla fine del libro; con qualche variazione sul tema, di solito poco significativa, lo schema era sempre quello. I librogame vendevano tanto anche perché giocarsi una serie in ordine sequenziale ti rendeva molto potente (basti pensare alla Sommerswerd di Lupo Solitario, che oltre a darti un +5/+10 così tanto per gradire serviva per attivare sezioni particolari e spesso risparmiarti la vita in tutti i 20 e rotti libri successivi), e spesso era necessario “farmare”, nel senso di leggere/giocare i libri precedenti per evitare di dover morire 80 volte od essere costretti a barare per finire un libro.
E oggi? Beh, come ho scritto, se per 15 anni i librogame non se li è più cagati nessuno ci sarà anche un motivo: il “gioco di ruolo” come format funziona generalmente meglio su carta con altri compari o come videogioco, la struttura “a libro”, pur riuscendo ad innescare fenomeni di acquisto compulsivo, difficilmente è in grado di restituire esperienze memorabili. E difatti se su internet nel 2013 si parla spesso e volentieri di gdr propriamente detti (anche qui su imdi.it nella rubrica del buon Jorial) o di controparti videoludiche, i librogame non se li caga più nessuno, e restano sempre meno di frequente a popolare qualche libreria polverosa o qualche banchetto di libri di seconda mano malcagati dal mondo.
Come per le avventure grafiche (lo spiego nel mio articolo), rimane però una luce in fondo al tunnel anche per i librogame: quella dei tablet e degli ebook reader. Per quanto ancora non massicciamente diffusi, tali dispositivi sono perfetti per passare da una pagina all’altra con un tocco della mano e per gestire automaticamente tutti i pallosissimi dati dell’inventario che prima dovevi segnarti su un foglio. E infatti iniziano timidamente ad affiorare dall’oblio alcuni vecchi librogame, tra cui ovviamente la serie più famosa, Lupo Solitario di Joe Dever (che poi, che cazzo di nome da americano medio è per un autore fantasy?), che gli utenti Android si possono scaricare a macca qui. In memoria dei vecchi tempi, con questa app ho potuto rigiocarmi sul tablet i primi 5 episodi (quelli che sono a disposizione finora), rivivendo i felici ricordi d’infanzia blahblahblah. Ma, valore nostalgico a parte, i librogame possono godere di una seconda giovinezza grazie alla tecnologia touchscreen? Beh, per me no, sarò anche un tradizionalista, ma affrontare i combattimenti smanacciando sul tasto “fight” invece di di “tirare i dadi” non è proprio la stessa cosa, e poi del resto qual è il senso di giocare a un surrogato di videogioco di ruolo quando sulla stessa piattaforma posso giocare a quelli “veri”? Il valore nostalgico, comunque, c’è e innegabile. Almeno per i veri ’90s kids.
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