Nella giornata di ieri è stata rotta la tregua fra PKK e Turchia che durava dal 2013. Quest’ultima ha bombardato, assieme alle posizioni dello Stato Islamico, anche quelle dei curdi che lo stavano combattendo. La reazione, nel pieno stile del partito dei lavoratori curdo, è stata di un’autobomba che ha ucciso due militari turchi e ne ha feriti altri quattro, a cui con ogni probabilità seguiranno altre rappresaglie.
I curdi combattono chiaramente con tecniche di terrorismo. Ma i terroristi del PKK sono fra le poche forze di terra che fermano l’avanzata del Daesh e rischiano la vita per salvaguardare il mondo civile (compresa la Turchia che li bombarda), e combattono per vedersi riconosciuta la dignità che il governo turco gli nega. Il terrorismo è una forma di guerriglia che non dice nulla su ciò per cui si combatte. Non è necessariamente l’arma dei criminali; può anche essere l’ultima spiaggia dei disperati. Lo è stato per i partigiani, lo è per i curdi e probabilmente lo sarà per molti altri in futuro; le problematiche geopolitiche sono, per loro stessa natura, passibili di molteplici interpretazioni, e gli individui che un lato del conflitto chiama terroristi possono benissimo essere, dall’altro lato della barricata, considerati eroi.
A. & R.
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