Il 27 Ottobre è uscito Emergency 2017 (acquistabile su Steam), ormai il decimo capitolo della serie creata da Sixteen Tons Entertainment per conto di Deepsilver. La serie ha avuto un discreto successo per gli amanti del genere e ha raccolto critiche altalenanti durante il lungo tragitto, iniziato con il primo capitolo nel 1998 (Emergency: Fighters for Life).
Emergency è un simulatore: bisogna organizzare e comandare le forze dell’ordine (paramedici, polizia, vigili del fuoco, nella maggior parte dei casi) in situazioni di emergenza; le più disparate. Siccome Emergency si definisce come un gioco di simulazione, che prende l’impegno, inoltre, di presentare al giocatore veri mezzi o reparti di forze dell’ordine da tutto il mondo, vien da sé pensare che le situazioni, per quanto possibile, siano aderenti alla realtà; per esempio il primo capitolo era composto da 30 missioni, alcune delle quali prese da fatti realmente accaduti.
Queste situazioni di emergenza hanno in sé una violenza intrinseca che non ha nulla da invidiare a ben altri momenti, molto più distanti, che altri giochi presentano (guerre, disastri, invasioni demoniache). Ma questi scenari sono effettivamente così vicini a noi? Ci influenzano e basta o ci influenzano solo nella misura in cui sono veritieri?
L’abbiamo chiesto a due “addetti ai lavori” facendoli giocare al capitolo che più di tutti ho apprezzato: Emergency 2012.
Nuccio Bonanno è un Vigile del Fuoco Coordinatore operante nella provincia di Bergamo, il 27 Gennaio compirà 20 anni di servizio. Ci appostiamo davanti al computer e avvio Emergency. Prende in mano il joypad ma gli dico che bisogna usare mouse e tastiera, il suo “Ah! Ma è gestionale allora!” mi scalda il cuore.
Parte il tutorial e lui fa mente locale, già si vede l’approccio di chi è abituato a gestire certe situazioni. Dopo una decina di minuti per prendere la mano con i comandi finisce il tutorial e gli chiedo la sua primissima impressione:
“Inizialmente, da esterno alle emergenze potrebbe essere buono, da interno no” ridacchia. “Spero che nella nuova versione abbiano migliorato la gestione”.
Crolla una parte della cattedrale di Colonia. “Oh signore! L’ho appena vista ed è già crollata?”
Una vittima vicino alle macerie, un’auto in fiamme, una squadra di vigili del fuoco, un’auto medica e un’ambulanza, alcuni curiosi si ammassano ad osservare.
Tra qualche difficoltà con i comandi la prima parte della missione va abbastanza veloce: spegne la macchina, sposta il ferito, lo medica e lo carica sull’ambulanza. Parte la cutscene: un giornalista fa per spostare il suo furgoncino da sotto la cattedrale in rovina.
“Qui? Sono i soliti rompicoglioni!” Si riferisce alla gente che si accalca vicino alla zona dell’incidente. “Queste devo levarsi!” aggiunge guardando il giornalista.
Nella cutscene, con buona ironia degli sviluppatori o con messaggi che non ci è dato decifrare, la croce della cattedrale cade direttamente sul furgone, intrappolando il guidatore che lo stava spostando. I “rompicoglioni” scappano.
Di nuovo la cosa passa veloce, libera il guidatore, lo sposta in una zona sicura, lo cura e lo trasporta all’ospedale.
“Comunque c’è da dire che se la zona non è proprio pericolosa noi VV.FF. non prendiamo mai il ferito, va maneggiato con cura e va fatto fare ai soccorritori”. Ecco che esce il vigile del fuoco.
Delle stalattiti di ghiaccio cadono dalla torre di un ponte di Londra proprio sulla cabina di un’autocisterna piena di generico liquido infiammabile.
“Mamma mia no! Liquido infiammabile!”
Lo scenario in sé è di nuovo molto semplice: qualche macchina in fiamme, tre feriti a terra e il ponte in fiamme, gli vengono dati molti mezzi dei vigili del fuoco, qualche poliziotto e il solito comparto auto medica più ambulanza.
“Ma! Arrivano sul ghiaccio questi?” mi chiede incredulo quando vede due autopompe e una autoscala arrivare sulla scena guidando su quello che dovrebbe essere il Tamigi congelato.
Da buon vigile del fuoco pensa subito a posizionare ogni mezzo affinché il pericolo del fuoco venga azzerato.
“Devo spostare questi…” si vede proprio la stizza mentre si riferisce di nuovo ai soliti civili che affollano la scena. Esegue tutto molto bene e da manuale ma non si accorge che una parte del ponte sta bruciando e nessun mezzo o operatore se ne sta occupando. Stava curando l’ultimo ferito quando tutto crolla sotto i suoi piedi.
“Ma c’era l’autopompa lì a spegnere! Che imbecilli. Allora, devo un attimo focalizzare i mezzi”. Memore del precedente fallimento ora posiziona di nuovo tutti i mezzi di spegnimento, capendo anche dove e come il gioco ti dice della presenza di incendi, unico fraintendimento nel precedente tentativo. Missione compiuta.
“È venuto l’ISIS?!” dice guardando la cutscene del terzo capitolo “È venuta giù la Tour Eiffel?! Mamma mia a questi chi mando adesso?”
“La città è stata distrutta, ma da quei ragazzi là? Non ci sono più i ragazzi di una volta!”
Prende subito in mano la situazione e non ha alcuna difficoltà a gestire anche la polizia, manda subito la squadra speciale verso i terroristi che incitano la folla. Granate stordenti e getti d’acqua anti-sommossa non mancano per nessuno, posiziona anche i vigili del fuoco in maniera strategica quando altri tre individui appaiono sulla mappa lanciando molotov. Ancora macchinoso nei comandi, però, lascia scappare gli sciacalli che, in un altro punto nella mappa, facevano incetta di prodotti di elettronica sfruttando la situazione. Con la loro fuga la missione fallisce.
“Fatemi fare 20 interventi tutti in una volta ma non così!”. La frustrazione sale più che altro per i comandi di gioco e decidiamo di lasciar perdere e fare quattro chiacchiere.
Quindi, questo gioco di simulazione di emergenze come è, quanto è realistico?
“Può funzionare per iniziare, per dare un’idea di quello che potrebbe essere lo scenario, che sia un incidente o altro; tutto sommato è abbastanza realistico. Essendo un gestionale ti dà, appunto, l’idea di come si gestisce e non come si opera: come dicevo il pompiere non prende il ferito come un sacco di patate e lo porta vicino al medico – a meno che non sia in una zona di massimo pericolo. Può essere utile per far capire ad un esterno questo tipo di operazioni e come si gestiscono, ma non ad uno di noi”.
Esiste un mantra che spesso i media ripetono, secondo il quale i videogiochi portano ad essere violenti o a desensibilizzare, cosa ne pensi?
“Questo gioco dà di sicuro un’esperienza costruttiva. Per gli altri io penso che sia una cosa soggettiva. Per quanto riguarda il fattore “desensibilizzazione” può essere, ma è solo perché sei di fronte ad una situazione virtuale ed illusiva, la realtà cambierebbe la tua idea in merito”.
Hai vent’anni di servizio e come vigile del fuoco avrai visto molte cose: incidenti, incendi, morti e feriti. Pensi che il tuo lavoro ti abbia desensibilizzato?
“No, mai. Anzi. Facendo questo lavoro al massimo ti viene naturale “staccare” nel momento in cui stai operando. Sei più freddo o magari ci ridi anche sopra, ma in certe situazioni sei così solo perché devi continuare a lavorare e devi farlo al meglio. Non solo, è anche un’autoprotezione, diventare emotivo non aiuta in quelle situazioni. Come ho detto è soggettivo: ultimamente abbiamo un gruppo operativo atto alla ricerca e al salvataggio di persone intrappolate sotto le macerie, già da prima dell’ultimo evento sismico. Si considerano una sorta di élite, ed è brutto perché ho visto alcuni di loro esultare quando è arrivata la notizia del terremoto, perché così possono non solo lavorare ma mettersi in mostra. Dipende dall’individuo, ma soprattutto dipende dalla situazione, il reale ha comunque più effetto del virtuale, ovviamente”.
Nicola Villa è tecnico alla centrale operativa nella zona di Bergamo, è entrato a 18 anni facendo il corso in Croce Rossa, a 23 concorso per entrare come dipendente a tempo determinato, 4 anni fa si è rivoluzionato il modo in cui venivano gestite le cose, con l’avvento dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza, e ha fatto il concorso pubblico per entrare come tecnico in centrale (Gestione chiamate e disposizione dei mezzi d’emergenza). Gli racconto in cosa consiste il videogioco, mi dice di aver visto altri colleghi giocarci. Mi dice di non aver molta esperienza nei videogiochi mentre salta il tutorial a piè pari, già mi piace.
“È crollata la chiesa? Meglio” e iniziamo.
Dato che ha saltato il tutorial gli spiego velocemente come funziona il tutto. Rapida occhiata alla situazione e si parte. Estintore alla mano, manda il primo vigile del fuoco a spegnere i vari focolai e gestisce velocemente gli incidentati: subito il medico è all’opera. Nel frattempo anche lui cerca di mandare via i curiosi, protocolli comuni tra forze dell’ordine a quanto pare.
“Vedi che dovevo allontanare quelli? La polizia dove cazzo è?” sbotta quando la croce appiattisce il furgone del giornalista. Altra gestione facile e passiamo velocemente al prossimo scenario.
Oltre alle solite perplessità per mezzi sul ghiaccio e “rompicoglioni vari” si parte subito in quarta. Prende di petto la situazione mandando la polizia a far allontanare i vari civili, stizzendosi. Utilizza i pompieri per spegnere le fiamme e portare i feriti nella zona sicura “Sicurezza della scena! SICUREZZA”.
Solo dopo manda i mezzi sul ghiaccio a spegnere i vari fuochi che avviluppano il ponte, ma è troppo tardi, nonostante i feriti siano al sicuro il ponte crolla e la missione è fallita. Come normale la gestione del tentativo successivo è più consapevole e lo scenario scorre senza grossi intoppi.
Prende subito la squadra speciale e da bravo soccorritore… Li arma e fa fuoco sui tre terroristi che incitavano la rivolta, stesso trattamento per i rivoltosi che appaiono molotov alla mano. Dispone il personale sanitario ma, dall’altra parte, pare che gli sciacalli sia un problema per tutti: i quattro individui che, appena fuori dalla zona della rivolta, sfruttano l’emergenza per rubare, riescono a salire in macchina e fuggire. La frustrazione è ancora alta, nel gioco non si possono fermare le vetture con altre vetture. Dopo due minuti di tentativi, blocchi stradali dove si sfrutta qualsiasi mezzo a disposizione, la partita finisce perché gli sciacalli scappano. “Basta… Basta”.
Quindi, questo gioco di simulazione di emergenze come è, quanto è realistico?
“È troppo macchinoso. Rispetto alla realtà è totalmente differente. Ovviamente essendo un videogioco ti esaspera: cataclismi ecc.
Non rispetta la gestione sanitaria dell’evento, per esempio troppi pochi mezzi per l’entità dei sinistri, in un evento come quello della Tour Eiffel ci sarebbe una zona rossa, di pericolo, dove vanno solo i poliziotti, quella dove vanno solo i vigili del fuoco e i sanitari rimangono all’esterno dove si allestisce il triage, ovviamente il videogioco è riassuntivo.
Non è per nulla educativo, nemmeno per un esterno. Se non altro fa vedere le forze in gioco, ma sull’operatività è scarso. Inoltre su molti interventi si fanno più cose contemporaneamente, è quello il punto focale del soccorso: la sinergia degli enti, in questo gioco, essendo tu a dover gestire tutto, viene a mancare.
Sarebbe stato meglio se non fosse stato così catastrofico ma più rapportabile alla quotidianità e a casi specifici: come comportarsi in caso di infarto, come le forze dell’ordine gestiscono le chiamate”.
Esiste un mantra che spesso i media ripetono, secondo il quale i videogiochi portano ad essere violenti o a desensibilizzare, cosa ne pensi?
“Penso che un adulto formato non sia attaccabile dai videogiochi in questo senso, magari un bambino si.
Per quanto riguarda la desensibilizzazione, è soggettivo, è comunque una situazione virtuale, totalmente differente dalla realtà”.
Il tuo lavoro ti ha reso meno sensibile a certe cose?
“Sì, assolutamente. È normale, è anche uno scudo. Facciamo corsi personali o di gruppo per affrontare questo tipo di interventi e scindere il lavoro dalla vita; nonostante questo, comunque, in generale quello che faccio mi ha reso un po’ cinico. Lo vedo anche sugli interventi: ti fanno sempre meno effetto, vedere la morte di un bambino e il dolore della famiglia con il passare degli anni non ti toccano più. Non che io sia totalmente insensibile, dopotutto il lavoro che faccio è aiutare gli altri.
Per esempio, la mia compagna lavora ai servizi sociali, anche lei avrebbe tanto da raccontare ma a casa non parliamo mai di lavoro, non ce lo portiamo dietro e smettiamo di pensarci in fretta, non ci tocca più”.
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