I libri, roba da vecchio millennio, se vogliamo, toccata solo marginalmente da IMDI fino ad ora. Ma sono sicuro che di “bookfag” da queste parti non ne girino poi così pochi. Diciamo allora che faccio una recensione, giocando su un terreno a me familiare: i libri di Irvine Welsh. Non è difficile recensirli, tanto sono tutti uguali.
Welsh, eh. Quasi come Bukowski, è autore amatissimo da hipster, poser e quant’altro. Per tutti gli altri stronzi, è quello che ha scritto Trainspotting. Sì, il libro da cui è tratto il film. Tra l’altro mi ricordo di un mio conoscente che a 16anni leggeva Trainspotting in piscina. E’ diventato un tossico. Siete avvisati.
Comunque, Welsh scrive sempre di pere, trip, sbronze, scopate e degradazione varia. Li declina saggiamente secondo le strategie editoriali in libri crudi e autodistruttivi, libri ironici, libri di contestazione della società anglosassone degli ’80-’90. Skagboys, mica tanto a sorpresa, è un miscuglio dei tre filoni. Informazioni didascaliche che sono costretto a darvi: prequel di Trainspotting, ambientato nei grigi anni ’80 Thatcheriani, un fottio di pagine, in uscita in Italia a novembre, io lo sto leggendo su kindle in originale, il che fa molto figo, visto e considerato che è scritto più in “scozzese” che in inglese, e quindi non alla portata di qualunque stronzo che abbia passato l’idoneità all’uni.
Parliamo di contenuti: Skagboys è pieno di parolacce, sesso, sanguemmerda, alcool e ovviamente ogni tipo di droga conosciuta, come tutti gli altri libri di Welsh. Non mancano le implicazioni politiche e sociali, le recriminazioni rese credibili (ma non troppo) dalla biografia dell’autore, che è uno che quell’atmosfera l’ha vissuta nella sua carne e anima e le sue brave droghe se l’è sparate. Sa di quello che parla, concediamolo. E sa scrivere, le 600 pagine circa scorrono via che è un piacere, pure le “parentesi” impegnate sono incastrate abbastanza bene da non fiaccare il ritmo.
E qui aprirei una parentesi: Skagboys ha due tesi principali: una è che l’edonismo e la tendenza all’autodistruzione e al fallimento dei rapporti sociali fanno parte della natura umana; non dice niente di nuovo ma neanche niente di falso, credo. L’altra è che la spiegazione al boom di tossicodipendenti (e quindi di sieropositivi) nei sobborghi del Regno Unito sta nella crisi (un po’ imposta dalla Thatcher) dell’industria britannica che ha lasciato a spasso una generazione di proletari, i quali hanno dovuto cercare un altro tipo di occupazione: l’eroina. Campanello d’allarme: il Regno Unito si è deindustrializzato negli anni ’80, pagando i suoi bei pegni. L’Italia è ancora un paese prevalentemente industriale (secondi in europa dopo la Germania, hurr durr). A giudicare dalle statistiche sull’occupazione, la produttività e gli export, noi quel passaggio lo stiamo compiendo in questo cazzo di momento, per giunta in congiuntura di crisi economica. Quindi una buona fetta della popolazione inizierà a farsi le pere? Nah, noi italiani abbiamo altri modi di occupare il tempo, tipo criticando il governo o la nazionale di calcio. E poi abbiamo un clima e un cibo migliore. E non dimentichiamo che oggi possiamo sputtanare il nostro tempo con internet, invece di drogarci. Non sono ironico in questo passaggio.
Dicevamo di Skagboys: si narra, in soldoni, di una compagnia di amici (Rents l’intellettuale segretamente disperato, Sick Boy il donnaiolo un po’ stronzo, Spud lo sfigato amichevole, Begbie il violento psicopatico, Second Prize l’alcolizzato perso, Alison la ragazza indipendente e tutta una serie di altri comprimari e compagni di viaggio) che per una serie di motivi fotte tutte le proprie prospettive (scarse) e cade nel baratro dell’autodistruzione. I personaggi sono quelli che abbiamo conosciuto in Trainspotting e visto crescere in Porno: qui sono ritratti ventenni nel 1984, ma potrebbero avere qualunque età e vivere in qualunque epoca, perché fanno sempre le solite stronzate in una pioggia di sangue, vomito, sperma, violenza e degradazione che farebbe sembrare Tarantino un’educanda. Come in tutti i libri di Welsh, e in particolare come in tutti i libri di Welsh che parlano di eroina, non c’è davvero moralismo nel giudicare il danno che i protagonisti arrecano a sé stessi e a tutto quello che li circonda. Welsh si limita a descrivere i fatti, nel bene e nel male, e anzi sembra suggerire che tutta l’umanità che popola i suoi libri sembra comunque destinata a fottersi, eroina o non eroina. Che allegria!
Quindi, giudizio su Skagboys: racconta qualcosa di veramente nuovo? Naah. E’ una minestra riscaldata? Assolutamente. E’ uno di quei libri che vanno letti per forza? Cazzo, no, io mi sono letto praticamente tutto Welsh, l’unico libro che veramente consiglierei di leggere è Colla, che è quello più “sentito”, visto che la trama è più o meno sempre quella.
E’ per questi motivi un brutto libro? No no, io me lo sto divorando. Welsh non sfornerà capolavori, ma è uno di quelli che sa come tenerti incollato al libro (o al tablet, nel mio caso), con un trucchetto o l’altro. L’atmosfera di Leith, quartieraccio popolare di Edinburgo intorno al quale i nostri eroi si iniettano sostanze e diffondono i propri liquidi corporei, è assolutamente tangibile e affascinante. Il gusto del morboso entra poi sicuramente in gioco, perché una volta che il libro si accende (la prima pera di Renton e Sick Boy) e che inizia a infiammarsi (la scena in cui Rents, preso dalla scimmia, si ritrova in una “shooting gallery” di tossici e ne testimonia il fascino perverso) non te ne stacchi più e ti divori pure i riempitivi. E così gli excursus storici e le parentesi moralistiche che condiscono Skagboys non alterano il vero sapore del piatto, che è alla fine quello del romanzo di formazione (o, meglio, de-formazione).
Concludere chiosando che i libri di Welsh danno dipendenza è un’uscita tanto di cattivo gusto che me la posso risparmiare persino io. Quindi chiudo citando la sarcastica e crudele “morale” alla fine di Trainspotting (film), applicabile tranquillamente anche a Skagboys.
Cleaning gutters, getting by, looking ahead the day you’ll die.
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