Vi sarete imbattuti anche voi in questa generale sensazione, questa voglia a prima vista difficilmente spiegabile e razionale di rivivere il passato, di tornare agli Anni ’80 o ’90 e cancellare un (quasi) ventennio orribile sotto ogni punto di vista. Le promesse di macchine volanti, palazzi-città e miracolosi progressi della medicina per ora sono state disattese ed anzi, sono risorte paure che credevamo sepolte: guerre, migrazioni bibliche, terrorismo dovevano rimanere, secondo l’immaginario comune, nel Secolo Breve a fare da monito per la progenie del domani.
Quest’aura di delusione e di volontà di non vedere la realtà che regna nel mondo genera come auto-antidoto la voglia di tornare al passato.
Voglia che si riflette in vari ambiti e senza dubbio il primo a venire in mente è il settore musicale.
Lasciando da parte l’ambito pop, si è assistito alla nascita di un genere completamente nuovo che, in realtà, nuovo non è affatto. Il vaporwave è nato riprendendo (e rallentando) la musica “da ascensore” degli Anni 80 mescolando il tutto col turbocapitalismo e l’atmosfera da “il futuro è oggi” che ha caratterizzato l’ultimo ventennio del Novecento. Rimanendo in un ambito meramente nazionale, invece, è impossibile non notare come questa nostalgia abbia preso la forma della riscoperta dell’italo-dance, tanto da aver tolto dalla naftalina gente di cui si erano totalmente perse le tracce come Gigi D’Agostino o Gabry Ponte.
Ma questo ritorno al passato ha contaminato anche il mercato alimentare, con la totale riscoperta di marchi che erano morti e sepolti quali Winner Taco e Tassoni, il primo tornato dalle tenebre del dimenticatoio grazie ad una sommossa popolare, il secondo come effetto della contaminazione del vaporwave in salsa italica.
E, infine, la nostalgia non ha tralasciato la sfera politica.
Il primo a cogliere questa tendenza è stato Silvio Berlusconi, quando nel 2013 ha scaricato il mai amato PdL per tornare alla sua vecchia fiamma, quel Forza Italia “ispirato” niente meno che da uno slogan democristiano degli Anni 80 che tanta popolarità e consensi gli aveva fruttato nei Nineties, al crepuscolo della Prima Repubblica.
Rimanendo nel Vecchio Continente non possiamo non parlare della cortina di ferro che di fatto è tornata a dividere l’Europa: a ovest abbiamo un Occidente progressista più impegnato ad ammirarsi allo specchio che a risolvere i suoi problemi, a est invece abbiamo dei paesi usciti da poco da un’orribile situazione socioeconomica che sentono minacciato il loro fragile equilibrio interno dalla mai troppo tranquilla Russia e dall’immigrazione massiccia proveniente dalla rotta balcanica. Questa divisione è lampante in Germania, dove ad un (sud) ovest liberale e traino dell’economia si contrappone il vecchio blocco socialista che, anche dopo trent’anni, fatica a riprendersi, soprattutto se raffrontato ai suoi connazionali sull’altro fronte.
Dicevamo della Russia.
Una Russia per cui il ritorno al passato non è una scelta, quanto più un imperativo per tornare a poter sedersi al tavolo dei grandi. E quale modo migliore per farlo che non sia un ritorno al recente passato geopolitico mondiale, cioè la Guerra Fredda?
Cold War che però, a differenza dell’ultima, è più che altro un bluff: in mancanza del soft-power e delle risorse economiche sovietiche, l’unica leva per spingere verso uno scontro con gli USA è il deterrente nucleare che, nonostante la dissoluzione dell’URSS, rimane il più grande al mondo con 7.500 testate e che Putin non ha mancato di ricordare appena possibile, come fece per la questione ucraina o per l’affaire-Siria.
Nemmeno gli Stati Uniti del resto sono immuni da questa tendenza che, anzi, spiega in parte l’exploit politico di Trump alle presidenziali.
Il tycoon ha fatto da comparsa in show popolari come i Jefferson, il Principe di Bel Air, in una puntata de La Tata, in una di Spin City, nel film Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York, Piccole canaglie, in Sex and the City, in Zoolander e persino nel video musicale della canzone On Our Own, soundtrack di Ghostbuster 2.
Il miliardario è quindi a tutti gli effetti una figura cardine della cultura pop americana della fine dell’ultimo secolo, grazie alla sua allure di self-made-man di reaganiana memoria e alla sua presenza in praticamente qualsiasi prodotto d’intrattenimento di fine millennio.
Millennio che politicamente oltreoceano si è concluso con un Clinton alla Casa Bianca.
Casualità? Improbabile.
È molto più probabile che Trump e la Clinton (che invero con le presidenziali ci aveva provato già quattro anni fa, quando però all’ideale reazionario si contrapponeva ancora forte l’onda lunga di quello rivoluzionario di Obama) hanno analizzato ciò che voleva il popolo.
E il popolo, più di ogni altra cosa, vuole un ritorno al passato.
30 Maggio 2017
16 Aprile 2017
12 Aprile 2017
6 Aprile 2017
3 Aprile 2017
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.